Su Libero del 13 ottobre 2005 era stato pubblicato un articolo dal titolo: “Il ponte di Silvio sulla gobba del Nord”. L’occhiello aggiungeva: “8.000 miliardi (di lire) per unire Reggio a Messina. E mezza Italia aspetta strade decenti”.
Poco tempo prima il ministro Lunardi aveva difeso la costruzione del ponte dagli attacchi di Giuseppe Turani su la Repubblica, rimarcando le ragioni della validità dell’opera, e aveva corretto il valore dell’importo, che non sarebbe di 9 miliardi, ma di 4,6 miliardi di euro (pari a 8.916 miliardi di lire).
Inoltre aveva informato che il progetto era uscito dal novero delle opere di interesse nazionale per assurgere alla dignità di progetto di interesse europeo in quanto impresa voluta e difesa dall’Unione Europea.
Il pregiudizio “nordista” – In altre occasioni abbiamo avuto modo di manifestare il nostro dissenso sull’utilità di tale manufatto, portando a sostegno argomentazioni che continuiamo a ritenere valide, ma a quanto pare non sono fra quelle considerate nella valutazione globale. Intanto il giornale milanese citato in apertura di questo nostro intervento usa espressioni come “sulla gobba del Nord”, alimentando la leggenda che le tasse si paghino solo al Nord, ed assumendo con arroganza la prerogativa di considerare i suoi abitanti i destinatari privilegiati di ogni innovazione in progetto o in essere. E tutto questo quando, però, gli incaricati della costruzione sono ditte settentrionali facenti capo a Romiti ed alle cooperative rosse (che meridionali non sono), anche se, bontà loro, probabilmente mettono in bilancio che una parte della spesa sarà intascata dalla più fiorente “istituzione” meridionale, la mafia.
Non bastano i traghetti? – A noi siciliani, supposti beneficiari di questa colossale opera, tutto questo non va bene. Innanzi tutto perderemmo la maggiore caratteristica della Sicilia (l’insularità), quando sarebbe sufficiente una migliore organizzazione della gestione dei traghetti – che nelle loro storia secolare hanno dimostrato di svolgere abbastanza bene il loro lavoro – finalizzata a ridurre i tempi di percorrenza soprattutto ai treni, in quanto con il trasporto gommato siamo già pervenuti a tempi di attraversamento tali che il ponte, anche per diversa ubicazione, non porterà alcun miglioramento. A fronte, poi, degli ingorghi estivi, considerando che vi saranno i varchi di ingresso a pedaggio, lascio agli autisti adusi a queste barriere la previsione dei tempi d’attesa.
Autostrade e ferrovie: il vero problema – Passi comunque per buono tutto quanto si prevede. Sarà più credibile quando, dopo ormai quasi cinquant’anni, sarà realizzato il collegamento autostradale fra Catania e Siracusa e si potrà compiere questo percorso senza il timore di affrontare un tragitto fra i più pericolosi d’Italia, o quando il collegamento fra Messina e Palermo sarà senza interruzioni e ad un livello consono all’importanza delle due città in questione. E, ancora, tutto ciò sarà più credibile quando le ferrovie saranno in condizioni tali da non lasciar prevedere due ore e mezzo o tre ore per giungere a Messina da Siracusa o Palermo con il biglietto intercity (velocità media 60 km/h), con una media di fermate che varia dalle sette alle dieci (sempre con l’intercity).
L’immagine: malinconico panorama “color seppia” dalla sponda calabrese dello Stretto di Messina.
Antonio Nicoletta
(LucidaMente, anno I, n. 1, febbraio 2006)