Tutti devono farli. Sono necessari o, almeno, utili? Chi ci guadagna?
State tornando dalle vacanze (se avete avuto i soldini per farle)? Volete rimettervi al lavoro? Siete scampati al caro prezzi, ingigantito dalla crisi? Avete centellinato energie per il dopo ferie? Potrete sfuggire a tutto, ma non ai corsi (obbligatori) di aggiornamento.
Che siate professionisti, artigiani, insegnanti, impiegati, operai, bancari, vigili urbani, postini, sapete bene che vi toccheranno. Non si discute. La parola d’ordine è fpc, formazione professionale continua. Dovete raggiungere un tot di crediti annuali, altrimenti rischiate di essere sanzionati dal vostro ordine professionale (avvocati, medici, ingegneri, architetti, giornalisti, commercialisti, ecc., ecc.) o magari espulsi. E, anche se siete disoccupati o in pensione, riuscirete a sfuggire a qualche corso? Magari ve lo sceglierete voi: di lingua inglese, di cucina, di scrittura creativa, di bricolage… o di bondage! Una continua mobilitazione che ricorda i sabati fascisti, le adunate hitleriane o le parate staliniane. Guai a non esserci!
Talvolta i corsi sono utili, per non dire indispensabili (pensiamo a gommisti, meccanici, infermieri, medici…). A volte assumono un carattere sadomasochista: sadico per chi li impone, masochista per chi vi si sottopone. L’ultimo colpo è stato dato dall’ineffabile Governo Monti, col dpr n. 137 del 7 agosto 2012 (Regolamento recante riforma degli ordinamenti professionali). Della serie: come complicare la vita e far perdere giornate di lavoro a chi, specie nella crisi odierna, già fatica a far quadrare i conti con la propria attività lavorativa.
Oltre al tempo che si perde, bisogna considerare che spesso occorre sborsare soldi, in quanto molti corsi che dispensano i crediti (punti da assommare entro l’anno) necessari sono a pagamento. A pensar male, si potrebbe arrivare a concludere che si tratta di un business che favorisce non chi frequenta le lezioni, ma chi le tiene, che spesso viene lautamente ricompensato per impartire nozioni sovente inutili o risapute. Non solo: i relatori di tali iniziative appaiono spesso impreparati; non hanno allestito alcun materiale, alcun PowerPoint, non hanno una scaletta del loro intervento, la loro lezione è confusa. Inoltre, qualunque lavoratore serio ha tutto l’interesse ad autoaggiornarsi per la propria stessa credibilità e professionalità; al “lavativo”, invece, si possono far frequentare tutte le iniziative didattiche possibili e immaginabili… resterà sempre un pigro scansafatiche. Intanto, tocca obbligatoriamente frequentarli sia al dottor Cazzuzzini, sia agli eventuali odierni Ippocrate, Pico della Mirandola, Leonardo da Vinci, Brunelleschi, Kant, Einstein…
Come facevano in passato? D’accordo che il mondo attuale richiede un continuo aggiornamento, dato che le conoscenze vanno in “obsolescenza” abbastanza rapidamente. Però resta il dubbio che esse vadano volutamente fatte andare in obsolescenza, per costringere all’acquisto di nuovi macchinari, pc, programmi operativi, ecc. Il rischio è quello di una continua agitazione per poco o nulla. Poi, nel caso dei corsi come quelli di sicurezza o di primo soccorso, il pericolo è che ci si assumano responsabilità che esulano dalle proprie specificità, con danni per il malcapitato e rischi penali per l’“agente”. Domanda finale: tutti devono saper fare tutto?
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno IX, n. 105, settembre 2014)