In un’intervista il segretario del Psi, nonché viceministro dei Trasporti, smonta punto per punto il “teorema accusatorio” contro di lui
L’inchiesta della magistratura fiorentina sulla gestione delle Grandi Opere ha cominciato a produrre i suoi effetti sulla politica. Per ora si può solo intravedere, immaginare, un “sistema” di appalti pilotati, ma sulla stampa ci sono solo le intercettazioni che riguardano direttamente o indirettamente i vertici del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture, alcuni imprenditori e alcuni professionisti. Si direbbe, arrosto poco, ma molto fumo.
Intanto però sono arrivate le dimissioni del ministro, non indagato, Maurizio Lupi. Da alcune parti, soprattutto da alcuni organi di informazione, si chiedono le dimissioni di quattro sottosegretari indagati, anche per fatti minori, invocando la fine della legge dei “due pesi e due misure” che il presidente del Consiglio Matteo Renzi starebbe utilizzando. Un giornale, il Fatto Quotidiano, unico nel panorama dell’informazione, titolava oggi: «Ecco gli altri da cacciare, cominciando da Nencini». I quattro sottosegretari (De Luca, Del Basso De Caro, Barracciu, Castiglione) hanno tutti un conto “aperto” con la giustizia, Riccardo Nencini, segretario del Partito socialista italiano, no, solo delle intercettazioni che lo riguardano indirettamente. Ne parliamo con lui.
Dunque l’accusa che il Fatto ti muove, in soldoni, è quella di aver aiutato a trovare un lavoro, “possibilmente come revisore dei conti”, per un ex del Psi, Enzo Collio, cioè di aver indirettamente fatto pressione sul supermanager Giulio Burchi (indagato per corruzione nell’inchiesta), insomma di aver fatto una raccomandazione…«Il fondo del direttore dell’Avanti online, Mauro Del Bue ha già chiarito benissimo questa storia delle telefonate tra lui, Burchi e la mia segreteria. È Burchi che chiede a Mauro di incontrarmi e Burchi parla con la mia segreteria, neppure con me. Io con Burchi ci parlo molti mesi dopo, in piedi dopo una riunione. Non lo conoscevo, non ho mai sponsorizzato nessun ente né lui mi ha mai chiesto una mano per andare in qualche ente».
Eppure l’atteggiamento del giornale sembra molto aggressivo nei tuoi confronti, ma come te lo spieghi, che gli ha fatto?«Me lo posso spiegare solo se leggo i fatti sotto la luce della politica».
Cioè?«Da quel giornale di certo non solo non c’è mai stato amore per il riformismo socialista, ma neanche neutralità per i socialisti italiani. Ora si utilizza una calunnia per mettere in difficoltà un vice ministro socialista e il suo partito».
Dunque “antisocialismo” e basta?«Quando si è in assenza di fatti, si passa alla calunnia. La calunnia, come diceva Giovanni Falcone, è l’anticamera del sospetto. Non riesco a trovare un’altra spiegazione».
Cerchiamo però di essere severi. In tempi di crisi, con le difficoltà che ci sono a trovare un lavoro, una raccomandazione può essere avvertita come una colpa grave, come il vecchio modo di fare politica e di gestire il potere…«Non è però questo il caso. Innanzitutto, se segnalazione c’è stata, riguarda professionalità stimatissime. Secondo, non stiamo parlando di concorsi pubblici, di interventi per modificare una graduatoria. Quello tra Burchi e Del Bue è un colloquio tra amici che si conoscono da molti anni. Non è un colloquio “criminale”. E se io chiedo, come fa Del Bue, a un amico di aiutarlo in maniera legale ad affrontare un problema, non ci vedo né un reato e neppure un peccato».
Dal caso particolare al generale, cosa deve fare Renzi adesso? Deve far dimettere i sottosegretari che hanno un conto aperto con la giustizia?«In una democrazia liberale la stampa ha una funzione vitale di controllo critico del potere, delle istituzioni, della politica, ma la selezione della classe politica non può essere affidata alla stampa. Non si può generalizzare. Bisogna guardare i singoli casi uno a uno e il Governo deve mantenere la rotta della nave. E quanto alla stampa, aggiungo pure che, come nel caso de il Fatto, non si possono raccontare le storie rovesciandone il senso».
Però le dimissioni di Lupi hanno indebolito la coalizione.«Dobbiamo tenere a mente che il Governo e il Parlamento stanno riformando alcuni settori chiave. La Pubblica Amministrazione e la Giustizia. Fare questo, significa andare a toccare santuari formidabili…».
Per tornare all’inchiesta: ma c’è un problema intercettazioni?«»Beh, se si vuol essere sospettosi, è curioso che immediatamente dopo che il magistrato ha tenuto la conferenza stampa per illustrare l’operazione e i termini dell’inchiesta, i giornali hanno cominciato a pubblicare di tutto, come se ci fosse stata una manina a fare la regia, ad accelerare e gestire al meglio la pubblicazione delle intercettazioni«».
Nel partito ti si contesta il doppio incarico, di governo e di segretario nazionale…«Prima la direzione e poi il Consiglio nazionale di sabato scorso hanno sciolto il nodo. La domanda vera è se un socialista possa avere un incarico importante di governo».
Ma c’è davvero un “sistema” nel Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti che ha gestito i grandi appalti negli ultimi due decenni a favore di alcune aziende e di alcuni intermediari?«Io sono arrivato al ministero a marzo dello scorso anno. Le deleghe mi sono state consegnate a luglio. I fatti di cui si occupa l’inchiesta sono tutti antecedenti al 2012. Certo che, se solo la metà delle cose che leggiamo risultassero vere, non c’è dubbio che ci dovrebbe essere stata una “guida” per governare gli affari. Ma io voglio rivendicare il mio lavoro. Quando mi sono insediato, mi sono subito occupato della riscrittura del codice degli appalti, di cui ho la delega. Mi sono occupato delle opere inconcluse, per avere la certezza che una grande opera infrastrutturale non abbia solo una data di nascita, di avvio dei lavori, ma anche una fine in tempi certi; a oggi si sa quando iniziano i lavori, ma non si sa mai quando si concluderanno. Poi c’è il registro delle lobby, uno strumento essenziale di trasparenza nell’attività legittima di rapporto delle aziende con la Pubblica Amministrazione. E da gennaio sono l’unico ad avere questo registro, così come fin dall’inizio del mio insediamento ho chiesto l’applicazione della rotazione puntuale degli incarichi degli alti dirigenti. Tutti interventi che mi hanno visto lavorare in sintonia con Cantone, perché l’obiettivo è quello di ottenere la massima trasparenza».
Senza trasparenza è più facile imbrogliare…«Non c’è dubbio che il problema, e l’abbiamo visto anche con l’Expo, sia reale. Bisogna sapere bene come governare le grandi opere in Italia, come gestire nel modo migliore il rapporto tra etica pubblica e politica. Però, in tutto questo, se mi concentro sul fatto che una volta, tanti anni fa, Incalza era socialista, che De Caro lo era fino a dieci anni fa, e poi si vende il tutto come la prova dell’esistenza di un “grumo” di interessi socialisti, mentre qui, oggi, davvero l’unico socialista sono io… c’è di che inquietarsi. Comunque io difenderò fino in fondo il nostro onore, anzi, il diritto ad essere socialista».
Carlo Correr (Nencini: calunnie contro i socialisti, in Avanti online, 23 marzo 2015)
(LucidaMente, anno X, n. 111, marzo 2015)