Primo album solista del bassista e compositore emiliano. Ed è “Re-Birth” (XY Label/Arvmusic)! Dieci brani tutti da ascoltare, che ci riportano a sonorità pulite e autentiche
Da quanto tempo non ascoltavate un album solo strumentale, ottimo e abbondante (dieci brani), per di più di quel sano e solido rock basso-chitarra-batteria, con l’aggiunta di un po’ di sintetizzatore elettronico?
Per tutti i nostalgici della musica anni Settanta, peraltro attualizzata e senza alcuna tentazione rievocativa, celebrativa o residuale, ecco l’esordio del bassista e compositore emiliano (nato in quel di Sant’Ilario d’Enza, Reggio Emilia) Pier Bernardi, peraltro già noto e attivo in molteplici collaborazioni. Il titolo del disco, uscito da pochi giorni per l’etichetta XY Label/Arvmusic, è Re-Birth. Quasi un’esplicita indicazione per l’ascoltatore. La rinascita della musica più classica in campo rock, ma anche dell’itinerario interiore e artistico del compositore. Come già accennato, il lavoro si compone di dieci tracce, tutte composte dal creativo e prolifico Pier Bernardi.
Il cui duttile ed eclettico basso, maneggiato con tecnica sopraffina, viene accompagnato, in questa difficile avventura artistica, dalla chitarra di Martin Kent “Ace”, dalle percussioni di Michael Urbano e dal sintetizzatore analogico di Giovanni Amighetti. In Grace, con annesso suggestivo videoclip, abbiamo addirittura la partecipazione delle chitarre di David Rhodes-Peter Gabriel (inatteso cameo) e di Roger Ludvigsen, nonché della batteria di Paolo Vinaccia. E, in effetti, Grace è uno dei più bei brani del cd. Una composizione preziosa e misticheggiante.
Tuttavia, Pier Bernardi spazia da tracce più delicate a componimenti più duri e decisi, come Bus Your Hand o I’m ready now. Da malinconie laceranti a gioie talvolta festose. In ambedue i casi, egli tende alla ripetizione talentuosa di alcuni temi musicali. Qua e là accenni al progressive o al jazz-rock. Consigliamo l’ascoltatore di lasciarsi andare al succedersi delle composizioni di Re-Birth, alla loro varietà, alle modulazioni degli strumenti e degli accordi, quasi sempre inaspettati. Per compiere un viaggio a occhi aperti (o chiusi?) tra paesaggi veri o ideali e riflessioni dell’anima, tra presenze femminile e amicizie virili, tra amori e ricordi. E inoltrarsi lungo lussureggianti panorami sonori, tappeti intessuti da limpide brillantezze ed equilibrate commistioni di forme.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 135, marzo 2017)
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