Analisi critica del “Memorandum of Understanding” tra l’Ateneo bolognese e la nota multinazionale cinese dell’elettronica sui temi dell’Intelligenza Artificiale
Il 21 gennaio 2021 l’Università di Bologna rende pubblico di aver stipulato un Memorandum of Understanding con Huawei – multinazionale cinese dell’elettronica – sui temi dell’Intelligenza Artificiale. Su UniBo Magazine e sul sito di Huawei Italia l’accordo viene pubblicizzato come una «promozione congiunta di percorsi formativi incentrati sull’Intelligenza Artificiale». In realtà, come scoperto da una recente inchiesta del mensile Scomodo tramite una richiesta di accesso civico, il Memorandum è stato siglato a fine novembre, cioè due mesi prima di essere reso noto. Inoltre, quello della formazione congiunta è solo uno dei tanti (e problematici) punti di cui si compone il testo, integralmente consultabile a questo indirizzo.
Nella sostanza il “MoU” non contiene dettagli particolarmente precisi, in quanto la definizione dei singoli progetti di ricerca sull’IA viene delegata a specifici accordi. In aggiunta non contiene cifre, poiché il punto 6 del documento presenta una clausola denominata No Payments: «Il comune interesse delle Parti è – si legge – portare avanti in modo comune la cooperazione», pertanto il gigante cinese non erogherà alcun finanziamento all’Alma Mater. Questa è solo una delle condizioni che fanno sembrare l’accordo estremamente sbilanciato a favore del partner privato, oltre che fortemente inopportuno sia valutando lo status di Huawei sia per i suoi contenuti. Che il Memorandum of Understanding non sia solo un progetto di formazione gratuita comune lo si evince dagli obiettivi che le due parti definiscono. Fra questi, l’effettuazione di «analisi, test e validazioni della preparazione delle tecnologie AI in diversi ambiti, in particolare nel settore sanitario e manifatturiero», e la partecipazione congiunta di UniBo e Huawei a vari progetti europei.
Da un lato, dunque, vengono previsti progetti che coinvolgono dati molto sensibili, come quelli sanitari. Dall’altro, Huawei sembra usare l’università bolognese come “lasciapassare” per gli ingenti finanziamenti di ricerca dell’Unione europea, da cui per ragioni geopolitiche potrebbe rimanere tagliata fuori. C’è poi l’aspetto della concorrenza che va considerato: uno dei punti dell’agreeement vincola l’Alma Mater a non poter sottoscrivere altre partnership in materia di Intelligenza Artificiale, a meno che Huawei non conceda il proprio benestare. Il tutto in aperta contraddizione con gli obiettivi sbandierati, fra cui campeggia quello di dare vita a un «ecosistema aperto» dell’IA in Italia.
Nonostante questa sproporzione di forze fra l’attore pubblico e quello privato, una clausola concede a Huawei di delegare obblighi e privilegi del Memorandum a una qualsiasi delle sue società – almeno 35 in tutto il mondo –, anche in Cina. Paese in cui è noto che le aziende sono obbligate, su richiesta, a cedere i propri dati allo Stato, cioè al Partito comunista. Nel caso in cui tali condizioni non fossero sufficienti a valutare l’esiguità di vantaggi che l’Università di Bologna ricava dall’accordo, leggere il punto 4 del MoU è illuminante: a UniBo è affidato il compito (l’obbligo?) di «promuovere Huawei AI ad altri potenziali partner». Senza che un euro (uno yuan, per meglio dire) finisca nelle casse della ricerca pubblica, l’Ateneo deve impegnarsi a reclamizzare le tecnologie dell’azienda cinese. Alle esplicite disuguaglianze che emergono dal Memorandum vanno poi sommate alcune caratteristiche di Huawei, le quali rendono la responsabilità della firma sull’accordo in tema di tecnologie intelligenti particolarmente pesante.
Diverse fonti e papers accademici hanno a più riprese sottolineato l’interdipendenza fra la società cinese e il suo governo, nonché l’impossibilità – a causa di una struttura societaria intricata – di risalire al suo proprietario. A questo si aggiungono le inchieste della Bbc e di altre autorevoli testate, che hanno recentemente denunciato la collaborazione di Huawei in sistemi di sorveglianza (basati sull’Intelligenza Artificiale, oggetto della partnership con UniBo) che consentirebbero di individuare i tratti salienti dell’etnia musulmana degli Uiguri, nei cui confronti è in corso un’operazione di genocidio (per adesso) culturale. Di tutto questo, una università pubblica dovrebbe, deve, tenere conto.
Le immagini: foto di Maria Bobrova, Doruk Bayram, Dmitry Rodionov a uso grattuito per unsplash.com.
Edoardo Anziano
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 188, agosto 2021)