Pochi l’hanno letto, molti sono favorevoli o contrari a priori, per pregiudizi ideologici. Ma cosa comporterebbe davvero la sua approvazione nella forma attuale? Fastidioso l’intervento del Vaticano, ma legittimo, secondo il Concordato. Auspicabile un testo di compromesso prima del voto al Senato del 13 luglio
Disegno di legge Zan in difesa della minoranza, molto chiassosa e potente (lobby), autodefinitasi lgbtqia. Molti ne parlano, pochi l’hanno letto, nessuno si colloca in una posizione che non sia pregiudizievolmente ideologica. Insomma, da un lato i favorevoli: i cosiddetti libertari, aperti, anzi protési al nuovo che avanza (sia quello che sia), all’utero in affitto, al massimo individualismo edonistico, allineati al nuovo verbo capitalista, massmediologico e pubblicitario; dall’altro, i contrari: gli arretrati, gli ignoranti, i reazionari, i maschilisti, i misogini, gli “omofobi”, liquidati tutti, sinteticamente, come “fascisti”. E chiusa lì.
Da una parte bandiere arcobaleno (a rappresentare tutte le identità, quindi la perdita di ogni identità) o berrettini con Che Guevara (che, come vedremo in un futuro articolo, i gay li massacrava), giovani idealisti, accoglientisti, buonisti, liberati sessualmente. Sul campo opposto gli integralisti cattolici, i bigotti, le famigliole un po’ patetiche del “Family Day”, i nostalgici del trittico Dio-Patria-Famiglia. Ma è proprio così? Oggi, nel nostro Paese, la quasi totalità delle persone è convinta che occorra rispettare ogni sesso, genere o orientamento sessuale. Ogni famiglia “normale” ha ormai almeno un parente, di primo grado o meno, gay. La tolleranza è diffusa. Resta quell’1% di rozzi beceri, e magari violenti, o veri e propri criminali, appartenenti a sacche socioculturali davvero disagiate e marginali. Alzi la mano chi crede che questa gentaglia non insulterà o aggredirà più o meno violentemente un gay per timore di nuove e più gravi sanzioni. Come dire che un mafioso o un grosso spacciatore o un membro dell’Isis si spaventerebbe per l’innalzamento della pena per il proprio reato. Chi è ignorante o delinquente o fondamentalista non sa neppure cosa sia il Ddl Zan. E non lo saprà mai.
Ma sarebbe importante, invece di polemizzare e brandire ogni legge o tematica a fini di propaganda o convenienze elettorali, leggere almeno qualcuno degli articoli del suddetto Ddl. Proviamo a farlo noi, invitando il lettore a prendere visione della versione ufficiale del testo (leggi qui). Esso (titolo: Misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità) consta di 10 articoli, alcuni divisi in più commi. Sulla maggior parte del disegno, tutte le forze politiche sono d’accordo. Similmente ai cittadini italiani, tutte ritengono che non debba esservi alcuna discriminazione o violenza su persone “diverse”.
Gli articoli che non convincono in quanto rischiano di imporre un’ideologia unica indiscutibile, di provocare una deriva liberticida e di imporre un insegnamento nelle scuole sono l’1, il 4 e il 7. L’articolo 1 impone strettamente una definizione lessicale della sessualità. Il 4 ha un titolo (Pluralismo delle idee e libertà delle scelte) che appare subito come una captatio benevolentiae e una excusatio non petita. Esso afferma che «Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee o alla libertà delle scelte, purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti». Per la prima parte, verrebbe da dire: e vorremmo vedere se non dovessero essere salvate la libertà di idee e di espressione! Allora, perché ribadirlo? Perché la seconda parte dell’articolo pone seri limiti a tali libertà! Chi decide se «la libera espressione di convincimenti od opinioni» non sia idonea «a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti»? Una mimica del divino Totò o una battutaccia becera di Alvaro Vitali sui gay vanno condannati? Il vizietto non è pieno di stereotipi sui gay? Aboliamo questi film?
Ancora più nel concreto. Se una persona comune afferma «preferisco un figlio etero che gay» o «non andrei mai a letto con un gay», può essere condannato? O ancora, se durante un comizio o in tv, un esponente di partito, associazione o quant’altro, asserisce convinto che «l’unica vera famiglia è quella tra un uomo e una donna» o si dichiara «assolutamente contrario all’adozione di bimbi a coppie gay e tantomeno a uteri in affitto», rischia la galera? Può scattare una denuncia e, allora, sarà un magistrato (leggi Un’estate di referendum da firmare), magari influenzato dalle sue simpatie ideologiche, a stabilire se le opinioni sopraddette non possano determinare «il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti» nei confronti dei gay (abbiamo usato e useremo questo termine per intendere con esso omosessuali, lesbiche, bisessuali, transessuali, ecc. ecc.: è già un errore da punire penalmente?).
Non si tratta di timori infondati. Le “-fobie” della neolingua sono diventate i cavalli di Troia per reprimere il dissenso e il pensiero non allineato. In Francia ricche e ben organizzate associazioni musulmane trascinano in tribunale chiunque si permetta di esprimere argomentate critiche all’islam. In Italia la dottoressa (nonché articolista e scrittrice) Silvana De Mari è stata condannata dal Tribunale di Torino per le sue affermazioni anche se – pare – non per aver allertato, come medico, contro i rischi fisiologici e igienici dei rapporti anali ripetuti e violenti («Nel momento in cui dico che gli uomini che fanno sesso con altri uomini hanno rischi maggiori di contrarre malattie e tumori, ciò è documentato. Se non ci fossero questi dati questo sarebbe un sacrosanto processo», la difesa spontanea della dottoressa). Poi c’è l’articolo 7 del Ddl Zan, che indice per il 17 maggio di ogni anno (anche quello scolastico, ovviamente) la «Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia», durante la quale, tra l’altro, le scuole dovranno provvedere a «promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere». Ma non lo fanno già? Pensate che ogni giorno dell’anno è una “Giornata per o contro” qualcosa. Già i docenti non riescono a insegnare le loro discipline perché continuamente molestati da tali distrazioni, con interventi di “esperti” esterni. Insomma, di vera scuola ormai se ne fa davvero poca. In questo caso occorre anche pensare alle sensibilità delle famiglie e degli stessi professori, costretti a subire o attivarsi per qualcosa della quale magari dubitano l’efficacia.
Ma tolleranza, rispetto, pluralismo, non sono già insiti nella Matematica, nella Fisica, nella Storia, in Ariosto e Tasso, in Spinoza e Kant, in Pirandello e Montale? Non si è mai introdotta sul serio l’educazione alla sessualità a scuola, e ora si vuole imporre qualcosa che tocca ancora di più le fragilità dei discenti? Insomma, buona parte del Ddl Zan sembra essere assolutamente incostituzionale in quanto lederebbe in modo grave il diritto alla libertà di espressione (art. 21 della Costituzione), alla libertà di insegnamento dei docenti (art. 33 della Costituzione), alla libertà di scelta educativa, che compete non a Chiesa o Stato, ma essenzialmente ai genitori (art. 30 della Costituzione).
Che i rischi insiti nell’approvazione del Ddl Zan esistano, lo dimostrano le contrarietà e critiche rivolte a esso anche da gruppi e intellettuali di sinistra (leggi Luca Ricolfi, No a Zan, spiegato bene, ne Il Messaggero, 22 maggio 2021); così come dalla parte più raziocinante e meno ideologizzata del mondo laico (cfr. Livio Ghersi, Disegno di legge Zan, una bandiera ideologica, in italialaica.it) e persino da moltissimi gay. Si procede a tappe forzate verso uno stato etico di tipo fascistoide. Uno stato moralista, nel quale anche il linguaggio è controllato. Una società triste e sottoposta allo sguardo occhiuto e alla vigilanza e alla censura del Grande Inquisitore. Non sarà possibile alcuna satira. Ad esempio, la serie cinematografica di Fantozzi sarà proibita perché ne sono protagonisti impiegatucci, mogli insignificanti e figlie brutte. Per secoli si è scherzato, a volte anche pesantemente, e certo non andava bene, su scemi del villaggio, balbuzienti, gobbi, sordi, strabici, grassi, fortemente miopi, vecchi; cafoni, analfabeti, meridionali; ubriaconi, rompiscatole, logorroici, vittimisti, ansiosi, malati cronici più o meno immaginari, ipocondriaci. In particolare i meridionali emigrati al Nord sono stati sottoposti per decenni non solo a satira di costume, ma a vere e proprie discriminazioni e angherie. Chi ha mai pensato negli anni del boom economico a un apposito Ddl antidiscriminatorio riguardo loro?
Permetteteci un inciso riguardo la «nota verbale» di preoccupazione sul Ddl Zan, fatta pervenire dalla segreteria di Stato vaticana al Governo italiano lo scorso 17 giugno e diffusa il 22 dall’Italia. Essa può risultare certo fastidiosa per i laici e gli atei, però non è illegittima. E poco c’entrano i mussoliniani Patti lateranensi del 1929. Ricordiamo che i padri costituenti li hanno inseriti nella Costituzione (articolo 7; votarono a favore cattolici e comunisti, contrari socialisti e partiti laici) e che sono stati rivisti nel 1984 dal nuovo accordo, presidente del Consiglio il socialista Bettino Craxi. In tale intesa, si parla esplicitamente di «libertà garantita alla Chiesa cattolica» (articolo 2, commi 1 e 3), libertà ora messa in pericolo, secondo la Chiesa cattolica, dal Ddl Zan. Pertanto, o si aboliscono i Patti – il che è quasi impossibile, rientrando tra i 12 Principi fondamentali della Costituzione, o si taccia.
L’obiettivo del ddl Zan non è quello che pare (vedi Matteo Brandi, Divide et impera arcobaleno), ma alzare ancora di più l’asticella. Quando, decenni fa, si chiedeva la tolleranza e l’uguaglianza verso le “categorie oppresse” (tranne, ovviamente, i lavoratori e i piccoli imprenditori), in effetti si mirava alla discriminazione positiva, ora si punta all’imposizione di una visione del mondo tipica delle élite, del marketing e dell’establishment, che oggi è di sinistra (a quando lo sdoganamento, anzi la protezione, di scambisti, sadomasochisti, feticisti, coprofili, ecc.?). In totale contrasto col buonsenso e il sentire della gente comune e tramite una “dolce violenza” totalitaria, con la piena occupazione di ogni spazio istituzionale e comunicativo (giustizia, cinema, tv, carta stampata, scuole, università, cultura, musica, politica). E, comunque, anche riconoscendo i buoni propositi e la buona fede dei relatori del ddl Zan, gli effetti vanno in una direzione del tutto contraria a uno spirito di rispetto e libertà. In realtà, la persecuzione degli omosessuali, fino alla pena di morte, riguarda altri paesi e civiltà, però la lobby lgbtqia evita accuratamente di parlare dello spinoso argomento. È molto più sicuro sfondare delle porte già apertissime che cozzare contro i muri. Insomma, alla fine, tra norme inique pro gay, donne, immigrati, ecc., sembra che gli unici indifesi in Occidente siano gli eterosessuali maschi. Anzi – chiediamo venia – secondo la neolingua, i cisgender…
Nelle ultime ore pare si siano aperti spiragli per pervenire all’approvazione unanime presso il Senato della Repubblica di un testo comune a tutte le forze politiche e a tutte le sensibilità, che superi i pericoli sopra esposti ed eviti una truce “conta di voti”, prevista per il 13 luglio a voto segreto, muro contro muro, dall’esito problematico (leggi Ddl Zan, spauracchio voto segreto: si rischia il “sabotaggio” della legge al Senato). Staremo a vedere, sperando che si trovi un modo per difendere al contempo la dignità dei gay e la libertà degli italiani e del sistema scolastico…
Le immagini: a uso gratuito da Pixabay.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 187, luglio 2021)
Eccellente analisi, dott. Tripodi. Questa legge, secondo me, non è altro che l’ennesima dimostrazione dei limiti umani. Si fa una legge e poi buona parte di questa necessita di emendamenti per essere “spiegata” cercando di accontentare tutti e finendo con non accontentare nessuno. C’è poi da considerare che questa, come la stragrande maggioranza delle leggi, sono soggette all’interpretazione in base ai “pregiudizi ideologici” di chi è chiamato ad applicarle.
Trovo inopportuni e sbagliati l’intervento del Vaticano e i richiami di Salvini alla Chiesa e al Papa, così come mi infastidisce certa sinistra quando applaude Bergoglio allorché parla dei migranti.
Tirare sempre in ballo il Papa o la Chiesa è un segno negativo di scarsa o inesistente laicità.
Circa il ddl Zan, avendo sempre appoggiato le battaglie di Pannella contro i reati d’opinione, mi trovo completamente d’accordo con Maurizio Turco, segretario nazionale del partito radicale: la repressione penale è sbagliata e, oltre tutto, è inutile.
Non è con le sanzioni e le manette che si combattono le battaglie liberali e libertarie.
Sostenere posizioni critiche nei confronti del ddl Zan (da destra o da sinistra, non importa) è diventato uno stigma che espone al pubblico ludibrio.
Ultime vittime, in ordine di tempo, Renzi e Scalfarotto, rei di aver chiesto modifiche al testo del noto ddl.
Gli attacchi più gravi si sono scatenati contro Arcilesbica nazionale e la sua coraggiosa presidentessa, Cristina Gramolini, che critica fortemente il concetto di identità di genere.
I nuovi inquisitori – dopo aver cacciato Arcolesbica dalla storica sede bolognese (Cassero) – sono arrivati a chiedere l’espulsione dall’ARCI dell’associazione guidata dalla Gramolini. Ora anche Ilga-Europe – di cui fanno parte oltre 600 organizzazioni Lgbti+ dell’Europa e dell’Asia Centrale e che ha un ruolo consultivo in seno al Consiglio economico e sociale delle Nazioni Unite (oltre a lavorare con le istituzioni Ue, il Consiglio d’Europa e l’Osce) – ha annunciato di aver preso atto delle ultime «dichiarazioni transfobiche» (sic!) di Arcilesbica e hanno chiesto a Ilga World (competente nel merito) di rimuovere l’associazione italiana da membro effettivo!
Mentre auspico una netta presa di posizione dei circoli ARCI contro l’intolleranza talebana di cui è vittima la Gramolini, spero che anche le forze politiche (PD in primis) e culturali si rendano conto del clima insopportabile, da nuova Inquisizione, che si è scatenato contro chi osa dissentire.
E spero che reagiscano, solidarizzando con chi viene messo alla gogna solo perché difende le proprie idee e non si piega alla dittatura del pensiero dominante.
Giuliana Bolognesi