Varie associazioni animaliste, ambientaliste e di consumatori hanno lanciato una campagna contro le #BugieInEtichetta: in poche ore sono state decine di migliaia i tweet rivolti ai ministri Patuanelli e Speranza
La Conferenza Stato-Regioni sta per dare il via libera a un’etichetta di “benessere animale” che potrà essere usata anche per prodotti, come la carne, provenienti da allevamenti dove, ad esempio, le scrofe vivono in gabbia e dove viene praticato il taglio della coda ai suinetti. Con questa certificazione le aziende avranno anche priorità di accesso ai fondi Pac e Pnrr.
Per moltissime associazioni ambientaliste, animaliste e dei consumatori si tratterebbe di un autentico regalo agli allevamenti intensivi e di un vero e proprio raggiro nei confronti degli acquirenti. Pertanto, lo scorso 29 marzo Coalizione contro le #BugieInEtichetta ha lanciato una campagna di sensibilizzazione, consistente anche nell’invio di tweet con l’hashtag #BenessereAnimale al ministro della Salute, Roberto Speranza, responsabile appunto per il benessere animale, e al ministro delle Politiche agricole, Stefano Patuanelli, referente per la qualità del cibo made in Italy. La richiesta concreta è quella di modificare gli standard previsti nello schema di decreto prima dell’esame da parte della Conferenza Stato-Regioni e, quindi, fermare l’approvazione dell’attuale, fuorviante, progetto di etichettatura nazionale sul benessere animale. Nel corso di poche ore la campagna social lanciata dalla coalizione composta da 14 associazioni animaliste, ambientaliste e dei consumatori (Animalisti italiani, Animal Law Italia, Animal Equality, Ciwf Italia onlus, Confconsumatori, Enpa, Essere animali, Greenpeace, Lav, Leidaa, Legambiente, Oipa, The good lobby, Wwf Italia) ha avuto decine di migliaia di tweet e ha raggiunto fino alla sesta posizione nella classifica delle tendenze di Twitter.
La grande partecipazione social dimostra l’urgenza di intervenire su un progetto di etichettatura che i cittadini non condividono, in quanto privo dei criteri necessari a garantire un maggiore rispetto per gli animali allevati a scopo alimentare e della necessaria trasparenza e chiarezza nei confronti dei consumatori. Le associazioni chiedono ai ministri di modificare il decreto in base alle proposte della società civile, inviate più volte e sempre rigettate dagli uffici dei Ministeri senza alcun reale confronto. La proposta portata avanti dai Ministeri delle Politiche agricole e della Salute con Accredia (Ente italiano di accreditamento) prevede infatti la certificazione con il claim in etichetta “benessere animale” anche per prodotti provenienti da animali allevati secondo standard al ribasso, tipici delle forme di allevamento intensivo.
Le associazioni chiedono di rivedere un sistema di etichettatura fuorviante, incapace – vista l’assenza di livelli di qualità crescenti chiaramente indicati in etichetta – di favorire una reale transizione e di garantire informazioni veritiere trasparenti ai consumatori, che si troverebbero di fatto ingannati al momento dell’acquisto senza poter pervenire a una consapevolezza reale circa i metodi di allevamento. Le associazioni hanno chiesto più volte la revisione del decreto in alcuni, precisi, punti essenziali: l’introduzione di almeno cinque livelli diversificati per ogni specie chiaramente visibili in etichetta, la cancellazione dei riferimenti alla diminuzione delle emissioni di gas serra nella definizione di benessere animale – azione importante e necessaria ma del tutto scollegata da questa certificazione – e la considerazione dei bisogni etologici di specie, della densità di animali e delle condizioni di trasporto tra i criteri atti a determinare il benessere animale. Senza queste modifiche essenziali, etichettare con il claim “benessere animale” i prodotti sarà un mero atto di inganno nei confronti dei consumatori e di quegli allevatori che già hanno avviato una transizione per una maggiore tutela degli animali allevati.
Aggiungiamo che, comunque, la sofferenza degli animali è eticamente inaccettabile e che gli allevamenti intensivi costituiscono un grave danno per l’ambiente e per la salute degli stessi compratori che spesso si cibano, senza saperlo, di poveri animali sottoposti a crudeltà indicibili e a trattamenti sanitari [leggi, tra i numerosi articoli al riguardo pubblicati da LucidaMente, Carne e latte: consumatore informato, impatto ambientale dimezzato (forse); Come ci nutriamo importa, eccome!; La sofferenza senza perché degli animali; Contro lo sgozzamento lento degli animali da macello senza stordimento].
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente 3000, anno XVII, n. 196, aprile 2022)