Varie associazioni, consulte e sindacati hanno elaborato una sorta di “vademecum” per studenti e famiglie che non intendano avvalersi dell’insegnamento religioso nella didattica scolastica. Eccone il testo
Al fine di garantire una corretta informazione in merito alla scelta se avvalersi o meno dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e soprattutto di vedere concretamente garantite le quattro opzioni (compresa quella delle materie alternative) a disposizione di chi non intenda avvalersene, si pubblica questo breve Vademecum informativo complessivo su tutta la vicenda dell’insegnamento della religione cattolica (Irc) e dell’ora alternativa.
– È un insegnamento confessionale cattolico, in quanto gli insegnanti sono selezionati dalle curie, con titoli di studio conseguiti presso istituti riconosciuti dalla Santa Sede e non con concorsi pubblici. – Si tratta di una condizione di privilegio nei confronti di una confessione, sia pure la più numerosa nel paese, che spesso si traduce nella presenza di una forte simbologia cattolica in una scuola che dovrebbe essere laica e pubblica.
– È una materia pienamente facoltativa (nuovo Concordato del 1984; sentenze che la Corte costituzionale ha emesso sulla questione: n. 203/1989, n. 13/1991, n. 290/1992 e relative circolari applicative): avvalersi o non avvalersi dell’Irc (insegnamento della religione cattolica) è una libera scelta. L’art. 9 della legge n. 121 del 1985, che recepisce il neo-Concordato del 1984, dispone che il diritto di scegliere se avvalersi o non avvalersi dell’Irc è garantito a ciascuno e che tale scelta non può dare luogo ad alcuna forma di discriminazione.
– La scelta va fatta all’atto dell’iscrizione e «ha effetto per l’intero anno scolastico cui si riferisce e per i successivi anni di corso nei casi in cui è prevista l’iscrizione d’ufficio, fermo restando, anche nelle modalità di applicazione, il diritto di scegliere ogni anno se avvalersi o non avvalersi dell’Irc» (Intesa tra la Conferenza episcopale italiana e il Ministero della pubblica istruzione, punto 2.1 del Dpr 751/85; Dl 297/94 artt. 310-11, Testo unico sulla legislazione scolastica). La scuola deve ogni anno fornire un’adeguata e tempestiva informazione per garantire la possibilità di modificare o confermare la scelta: quindi i genitori o gli studenti che intendono cambiare la scelta per l’anno scolastico successivo devono notificarlo espressamente alla scuola entro gennaio-febbraio, mesi delle iscrizioni.
Se non ci si avvale dell’Irc ci sono quattro diverse possibilità, che le scuole sono tenute a garantire tutte:
1) “Attività alternative” all’Irc (indicate nei moduli delle scuole come “attività didattiche e formative”). Per la difficoltà di gestire l’orario degli insegnanti, per la carenza di fondi, per i tagli al personale, le scuole tendono a non attivarle. Ma, se sono richieste (anche da un solo studente, così come per l’Irc), la scuola è tenuta ad organizzarle. Sono deliberate dal Collegio dei docenti, sentito il parere di alunni e genitori, e prevedono un programma e un docente apposito, oltre alla valutazione del profitto sotto forma di giudizio (escluso dalla media dei voti). Occorre chiarire che l’attività alternativa è dovuta e, qualora non ci fossero i docenti, si deve procedere alla chiamata di un incaricato, come si farebbe per qualsiasi altra disciplina. Le attività sono finanziate con i fondi di appositi capitoli di spesa stabiliti ogni anno, regione per regione, con la Legge finanziaria (Spese per l’insegnamento della religione cattolica e per le attività alternative all’insegnamento della religione cattolica, con esclusione dell’Irap e degli oneri sociali a carico dell’amministrazione).
2) Studio individuale: la scuola deve individuare locali idonei e assicurare adeguata assistenza.
3) Libera attività di studio e/o ricerca senza assistenza di personale docente. La scuola è comunque tenuta a garantire la sicurezza e la vigilanza.
4) Non essere presente a scuola: chi non ha scelto l’Irc non ha alcun obbligo, e quindi non è tenuto ad essere presente a scuola durante l’ora di Irc. Naturalmente i genitori degli allievi minorenni devono dichiarare per iscritto che consentono ai figli di assentarsi dalla scuola in quelle ore. Questa possibilità è stata inizialmente definita dalla circ. min. 9/1991 applicativa delle sentenze della Corte costituzionale n. 203/1989, n.13/1991 per le quali chi non segue l’insegnamento della religione cattolica è in uno «stato di non obbligo». Non obbligo significa non essere costretti a nulla contro la propria volontà (ad esempio, non si può essere trasferiti in classi diverse dalla propria, non si può essere costretti a stare in classe durante l’Irc, non si può essere costretti a scegliere l’uscita dalla scuola se non è una libera scelta, non si può essere costretti a fare un’attività alternativa se non si è liberamente scelta quell’opzione).
Ovviamente l’insegnante di Religione non deve partecipare agli scrutini di chi non si avvale. Per chi si avvale, il Dpr 202 /1990, al punto, 2.7 recita: «nello scrutinio finale, nel caso in cui la normativa statale richieda una deliberazione da adottarsi a maggioranza, il voto espresso dall’insegnante di religione cattolica, se determinante, diviene un giudizio motivato iscritto a verbale». Ciò al fine di evitare promozioni (o bocciature) determinate soltanto dalla scelta dell’Irc. Tale norma vale anche, allo stesso modo, per i docenti di materia alternativa. Anche se questa disposizione non dovrebbe dare adito a interpretazioni controverse, vi sono sentenze discordanti emesse da Tribunali amministrativi regionali. Che il giudizio motivato, trascritto a verbale, non sia rilevante sul piano del computo effettivo dei voti è chiaramente affermato nella sentenza n. 780 del 16 ottobre 1996 emessa dalla prima sezione del Tar del Piemonte, oltre che dalla limpida interpretazione del ministro della pubblica istruzione Giancarlo Lombardi, in carica nel 1990.
Comportamenti illegittimi. Sulla base di quanto detto e in rapporto alla laicità della scuola pubblica, alcuni comportamenti tenuti dalla scuola sono illegittimi. Ad esempio:
• non organizzare le attività previste e scelte in alternativa all’Irc;
• consegnare moduli che non prevedono rigorosamente le quattro opzioni;
• convincere i genitori a cambiare la scelta espressa;
• impedire di cambiare la scelta da un anno all’altro;
• impedire all’allievo di uscire dalla scuola durante l’ora di religione e/o fissare l’Irc in un orario che impedisca l’uscita da scuola (in particolare nella scuola materna ed elementare);
• utilizzare l’ora di religione per altre attività scolastiche;
• fare propaganda religiosa all’interno della scuola (visite pastorali, pellegrinaggi, benedizioni…);
• valutazione in pagella dell’Irc e/o delle attività alternative;
• richiesta di pagamento per usufruire delle attività alternative; a tale proposito in una nota del 7 marzo 2011 del ministero dell’Economia e delle Finanze concordata con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca si evidenzia che «al riguardo, poiché a seguito della scelta effettuata dai genitori e dagli alunni, sulla base della normativa vigente, di avvalersi dell’insegnamento delle attività alternative, le stesse costituiscono un servizio strutturale obbligatorio, si ritiene che possano essere pagate a mezzo dei ruoli di spesa fissa».
Ora alternativa all’Irc: un diritto che deve essere garantito. La Circolare ministeriale n. 9 del 18 gennaio 1991, sulla base degli accordi di revisione del Concordato stipulati nel 1984 fra lo Stato italiano e la Santa Sede e in ottemperanza alla sentenza della Corte costituzionale n. 13/1991, chiarisce il carattere pienamente facoltativo della frequenza dell’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche. In particolare, stabilisce per coloro che non intendono avvalersi di tale insegnamento la possibilità di scegliere fra quattro differenti opzioni: non presenza a scuola durante le ore di Irc, studio assistito da parte di personale docente, studio non assistito nei locali dell’istituto scolastico, attività didattiche e formative (meglio note come “ora alternativa”).
Il mondo laico, com’è noto, rifiuta in linea di principio la presenza all’interno della scuola pubblica di un insegnamento di natura confessionale (non si tratta infatti di una storia delle religioni o del fatto religioso) impartito da docenti scelti dalle autorità ecclesiastiche ma pagati dallo Stato italiano con i soldi di tutti i contribuenti (si noti, fra l’altro, che i tagli previsti dai nuovi quadri orari legati alla riforma “Gelmini” risultano ancor più consistenti se si tiene conto che in essi viene conteggiata anche l’ora di religione, la quale, essendo facoltativa, non dovrebbe essere computata nell’offerta formativa). Negli ultimi anni il dibattito si è fatto particolarmente vivace e si è intrecciato con quello più ampio sull’opportunità di introdurre nella scuola pubblica un insegnamento del fatto religioso o di storia delle religioni (e non solo di quella cattolica) non confessionale e fondato su criteri di scientificità; e, in caso di risposta affermativa, sull’alternativa fra l’ipotesi che tale insegnamento venisse diluito all’interno delle discipline già esistenti e quella che esso fosse una disciplina pienamente autonoma con tanto di docenti, voto e orario specifici. In effetti, sono stati praticati alcuni esperimenti miranti a introdurre tale insegnamento proprio nell’ambito dell’ora alternativa. Si tratta di tentativi interessanti e da incentivare, ma è importante ribadire che in nessun caso essi devono portare a indebolire l’assoluta facoltatività dell’Irc, e in particolare l’effettiva possibilità di scegliere di non avvalersi di alcun insegnamento a esso alternativo.
Resta il fatto che attualmente il problema principale è quello di garantire l’effettiva agibilità di tutte le scelte previste dalla normativa. In particolare, appare preoccupante il fatto che negli ultimi anni sia diventato sempre più difficile per studenti e famiglie ottenere l’attivazione dell’ora alternativa; cosa che appare assai grave sia in linea di principio che per le sue concrete conseguenze. Innanzitutto, infatti, l’esigibilità di un diritto garantito dalla legge deve essere difesa da tutti i laici, anche da coloro che non nutrono particolari entusiasmi per l’ora alternativa. In secondo luogo, mentre nelle scuole superiori la non attivazione dell’ora alternativa si traduce perlopiù nell’uscita da scuola, la situazione è ben diversa nel caso della scuola primaria e media inferiore.
È quanto emerge un’indagine promossa dalla Consulta torinese per la laicità delle istituzioni, dal Comitato torinese per la laicità della scuola, dal Coogen, dalla Fnism Torino, dal Cidi Torino, dall’Associazione “31 ottobre”, dalla Cub Scuola e dal Gruppo di Studi ebraici Torino. Dai dati raccolti risulta che in molte scuole l’ora alternativa non viene attivata, anche a fronte di un numero di richieste non sempre irrilevante. Soprattutto nelle scuole primarie il risultato concreto è che durante le ore di Irc i bambini non avvalentisi vengono spesso parcheggiati in altre classi o invitati a essere presenti come uditori alle lezioni di religione; quando non sono gli stessi genitori, timorosi di vedere i propri figli abbandonati a se stessi, a preferire da ultimo farli frequentare l’Irc.
Il pretesto addotto dai dirigenti scolastici per non attivare l’ora alternativa è che le scuole, a maggior ragione in questo periodo di tagli dei finanziamenti, non sarebbero in grado di sostenerne i costi. In realtà i decreti del Ministero dell’Economia e delle Finanze stanziano ogni anno cifre cospicue per il pagamento sia dei docenti di Irc a tempo determinato, sia degli insegnanti di ora alternativa: in particolare, a livello piemontese sono disponibili ogni anno circa 38 milioni di euro ripartiti fra i vari ordini di scuola. Pertanto, non c’è alcun bisogno che i dirigenti scolastici raschino il fondo di bilanci di istituto sempre più dissestati; è sufficiente che, a fronte di richieste di ora alternativa, richiedano i fondi necessari disponibili a livello regionale.
Insomma, la situazione è in grande movimento e va tenuta costantemente sotto controllo, per evitare abusi e inadempienze, e l’associazionismo laico è pronto a continuare la propria battaglia anche su questo terreno, al servizio dei diritti degli studenti, delle famiglie e della laicità della scuola.
Firmatari: Consulta torinese per la laicità delle istituzioni Comitato torinese per la laicità della scuola; Associazione “31 ottobre per una scuola laica e pluralista promossa dagli evangelici italiani”; Cidi – Centro iniziativa democratica insegnanti; Cgd – Coordinamento genitori democratici Piemonte; Coogen – Coordinamento genitori nidi, materne, elementari, medie; Cub Scuola; Flc-Cgil Torino; Fnism – Federazione nazionale insegnanti; Gilda degli insegnanti; Gruppo di Studi ebraici; Mce – Movimento di cooperazione educativa; Uil Scuola.
(LM MAGAZINE n. 22, 14 febbraio 2012, supplemento a LucidaMente, anno VII, n. 74, febbraio 2012)
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