La vibrante delicatezza e al contempo l’innata violenza espressiva delle parole, scelte con grande accuratezza, e che si accumulano in un’affascinante fluidità, caratterizzano la poesia di Daniela Magni, giovane poetessa che esprime i suoi stati d’animo e le sue emozioni attraverso le parole fin dalle scuole medie. Pioggia primaverile è una pacata descrizione della silenziosa discesa della pioggia che, con qualche riecheggio dannunziano, è in grado di comunicare il suono e le emozioni di questa danza della natura. La lirica è fitta di termini, accostati in giochi fonici ed euritmici, pronti a risuonare alla lettura.
Anche nella Magni, come nella lirica dannunziana, la natura si fa creatura quasi umana, con le gocce d’acqua che divengono lacrime, e quasi ultraterrena, ricolma di virtù intelligibili. La poetessa esprime il tripudio della pioggia di primavera con l’accumulo di suoni e profumi, immagini e barlumi, frutto della misteriosa attività della natura.
Pioggia primaverile
Cheta plana la soave pioggia primaverile,
essa ammara linda, liliale,
alcunché potrebbe lederne o deturparne l’illibata sussistenza eterea;
tale eccelsa leggiadria ingenera un’edenistica eufonia
la cui idilliaca ambrosia permea qualsivoglia venustà siderea.
Apollineo riverbero traluce sublime asservendo brumose prostrazioni avverse:
ignea folgore brandisco gagliarda allorquando l’aggraziata coltre piovosa
soffonde ieratica laceranti cremisi rimpianti dei quali il vessatorio,
stentoreo gemito è tramutato in un’effimera, evanescente eco.
Madide, roride gocce nivee aspergono e irrorano l’ecumenica natura
raggiando l’olimpica cristallina beltà maliarda.
Seppur euritmici firmamenti non sfoggino cerulei barlumi
ebbene il virgineo fluido che lacrima dalle sue mere, portentose volte
trascende ardimentoso e plasma ineffabile tersezza ovunque.
Inemendabile, inintelligibile virtù cagiona suddetta divina acqua:
aitante, fulgente albore circonfonde il viscerale, linfatico nucleo
dal quale sempiterna genesi ferve indefessa.
Afrodisiaca pioggia primaverile oggi procrei preternale, rutilante, vivida luminescenza.
Daniela Magni
Il riferimento al mondo della natura pervade anche la poesia di Niccolò Bulanti, giovane poeta animato dalla passione incontrastata per la vita, le emozioni, le parole scritte sopra un foglio. Il colore dei fiori, il profumo della campagna – quella stessa campagna che ha fatto da sfondo alla giovinezza del poeta – sono i veri protagonisti delle sue liriche (come Vibra), sopra i quali è costruito un semplice ma incisivo castello poetico, segnato, qua e là, da rapide figure retoriche, sinestesie in particolare, che rendono la natura più tangibile e vicina all’uomo.
Altrove – nella lirica Rivoluzione – la poesia di Bulanti, partendo sempre dalla gioiosa presenza della natura, si fa viva, desiderosa di comunicare un messaggio, un segreto all’uomo, manifestandosi attraverso il vento di una notte autunnale, nella quale “turbini di foglie morte / si dibattono vive al mio passaggio”. Il dettato poetico si fa imponente, in un climax ascendente che svela la presenza delle “nuvole plumbee %5B…%5D che preparano tempesta” e di “un gatto bianco in fuga repentina”.
Infine tutto viene immerso nel silenzio, rendendo il poeta protagonista del mistero per eccellenza, quello della natura.
Vibra
Entro breve fioriranno i mandorli.
No, non qui figliolo.
Laggiù, lontano,
nelle campagne ambrate
di Sicilia antica.
Ma urleranno quei fiori il loro grido
di libertà:
giungerà fin quassù,
nelle valli strette
battute dal freddo vento.
Si farà robusto il sole ad est.
Si farà coraggio la magnolia di casa.
L’aria salirà azzurra
nella freschezza verde della luce.
Manca poco, sento il tutto:
vibra!
E’ solo luce,
il buio per questo è.
E solo vita,
la morte non esiste davvero.
Rivoluzione
Stanno rilasciando i loro emissari,
gli alberi:
dopo mesi di quotidiana dottrina
turbini di foglie morte
si dibattono vive al mio passaggio e,
in cumuli ribelli fino all’orizzonte di pietra,
la rivoluzione vanno preparando
in una notte ventosa,
che con le sue saette eoliche
trapassa i miei vestiti per cercare
di scrutar nel mio cuore
il consenso che troverà.
Nuvole plumbee
calano potenti ed inesorabili
circondando monti vinti oramai silenziosi.
Sono nuvole che preparano tempesta.
Un gatto bianco in fuga repentina,
è uno spirito impalpabile
ed evanescente,
pare nemmeno consistere nel suo silenzio
sotto la luce antica del vecchio lampione,
paziente e coscienzioso guardiano della via,
funzionario della sua funzione
più per inerzia d’abitudine che per passione.
Niente rumori,
solo un ronzio sensazionale, universale, vibra l’aria;
niente persone,
solo ricordi di vite altissime, parlano dall’anima;
Niente certezze,
solo l’impressione pressante di qualcosa di vasto e rinnovatore
nelle mosse di questa notte.
Niente angoscia,
solo una voce dal cuore che sussurra decisa:
eccomi!
Niccolò Bulanti
L’immagine: particolare di 17 aprile 2006/1 di Giordano Villani.
Marco Papasidero
(LM EXTRA n. 15, 15 giugno 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 42, giugno 2009)