Il 18 aprile lo scrittore barese compie 46 anni. Vogliamo cogliere questa occasione per porre l’attenzione sulla sua opera pubblicata dieci anni fa, la stessa che l’anno dopo lo ha consacrato al premio Viareggio
Nicola Lagioia, nato in Puglia 46 anni fa, è uno scrittore culturalmente molto attivo. Esordisce nel 2001 con un libro per Minimum Fax e per la medesima casa editrice cura attualmente la collana di letteratura italiana Nichel. Dirige il Salone internazionale del libro di Torino, scrive per diverse testate giornalistiche ed è voce della rassegna stampa culturale di Radio3. Un intellettuale in piena regola che, oltre a dedicarsi a tutte queste attività, quando pubblica romanzi vince svariati riconoscimenti.
È il caso del libro del 2009 Riportando tutto a casa (Einaudi, pp. 292, € 20,00) che, dopo il premio Viareggio nel 2010, si aggiudica anche il Vittorini e il Volponi. Rispetto al titolo, nel testo si trova curiosamente una frase che pare contraddirlo: «Di un’esistenza trascorsa per intero nel proprio regno d’elezione non avremo la possibilità di ricordare il minimo dettaglio – non ci sarebbe niente da riportare a casa, perché niente ne sarebbe mai uscito». In realtà dalla lettura dell’intera storia si esce paradossalmente con un gran turbinio di emozioni e persino l’io narrante rende possibile la fuoriuscita dei propri ricordi adolescenziali attraverso la scrittura. La vicenda racconta di tre ragazzi liceali nella Bari degli anni Ottanta, un decennio in cui tutto sembra possibile grazie alla veloce e facile circolazione del denaro. Denaro che genera benessere, ma che reca con sé lati oscuri, come lo smarrimento davanti a repentini cambiamenti e la conseguente ricerca delle droghe. Ecco in che cosa si imbattono i protagonisti, mentre nel loro percorso di crescita mettono in discussione le famiglie e i rispettivi credo.
Ritornando al titolo, invece, durante un’intervista del 2009 l’autore spiega: «Ha un significato duplice: da una parte si tratta di un riappropriarsi […] del passato. Per quelli della mia generazione […] raccontare la propria storia significa raccontare una specie di trauma senza evento. Noi non abbiamo avuto un 8 settembre, un 25 aprile, una data cruciale a partire dalla quale far discendere tutto quanto […]. Questo non vuol dire però che non ci sia stato […] laggiù negli anni Ottanta un evento in qualche modo catastrofico […] per il sentire comune e […] individuale. Quindi Riportando tutto a casa per me significa riappropriarsi di questa cosa qui che è emotivamente informe e […] renderla raccontabile», in più «è anche una citazione perché un album famoso di Bob Dylan si chiama Bringing it all back home».
Il richiamo a quel particolare lavoro del cantautore statunitense è dovuto al fatto che esso si colloca tra il suo periodo acustico e la svolta elettrica. Secondo Lagioia rappresenta un capovolgimento della poetica del musicista e allo stesso modo questo romanzo ha il valore di spartiacque all’interno della propria produzione scritta. Tale è la spiegazione sulla scelta del titolo e, forse, anche la parafrasi della conclusione del racconto: «Non si perde quello che non si è mai avuto, non si ha quello che non si è mai perso». È curioso notare come, oltre al concetto del dover smarrire qualcosa per poterla possedere davvero, nella chiusa si possa leggere dell’altro. Prima, però, è opportuno qualche approfondimento sulla trama. A distanza di vent’anni, il narratore vuole ricostruire il periodo della giovinezza e colmare alcuni vuoti di memoria. Ricordi potenzialmente compromessi dall’uso di sostanze stupefacenti. Così contatta e ritrova il gruppo dei vecchi amici, tranne la fidanzata di allora, Rachele, colei che lo aveva lasciato con la lapidaria domanda: «Ma non capisci?».
Le domande che ci siamo posti noi sono invece: com’è il rapporto tra tossici, se tutto (pensieri, interessi, sentimenti) è alterato dalla droga? Che tipo di relazione esiste fra persone che condividono solo l’abuso di eroina? Forse la risposta è “nulla”. Pertanto, potrebbe essere che non si perdono amicizie mai state tali perché basate appunto sul niente. Quei compagni che il personaggio principale va a trovare forse non sono mai stati veri e propri amici. Qui ritorna il quesito di Rachele: «Ma non capisci?».
Le immagini: la copertina di Riportando tutto a casa (Einaudi, 2009); Bob Dylan con Joan Baez; lo scrittore barese.
Arianna Mazzanti
(LucidaMente, anno XIV, n. 160, aprile 2019)