Il noir “L’inverno dello straniero” (Edizioni Pendragon), di Gionatan Squillace
«Freddezza, cinismo e razionalità: le qualità essenziali per compiere un buon lavoro». Sono queste le caratteristiche principali del Risorto, protagonista de L’inverno dello straniero (Pendragon, pp. 78, € 12,00), breve romanzo noir pubblicato dal giovane ma promettente scrittore Gionatan Squillace.
Gli incubi di un killer Il Risorto, killer di professione, dalla mano ferma e dal carattere glaciale, decide di rifugiarsi tra le montagne della Valle d’Aosta per trascorrere il lungo e freddo inverno in solitudine e tranquillità. Ma quello che doveva essere un rilassato e ritirato soggiorno si trasforma in un incubo della peggior specie, uno di quegli incubi che vengono da lontano, da un passato che sembrava sepolto ma che in realtà non lo è mai stato abbastanza. Un uomo posto di fronte alle sue più recondite paure, un essere umano costretto ad affrontare ciò che aveva in tutti modi cercato di dimenticare, un assassino avvezzo al sangue e alla crudeltà, eppure inorridito di fronte allo squallido marciume nascosto nell’animo di quelli che dovrebbero essere i cosiddetti cari.Personaggi caricaturali, situazioni estreme costituiscono i tratti tipici della narrazione di Squillace. E, ancora: sentimenti al limite dell’umanità, apparentemente così lontani eppure così assurdamente presenti nella vita di ognuno di noi.
I fantasmi del passato «Il killer guardò per un attimo quella lama che riluceva sotto il suo mento. Una lama sporca di sangue. Una visione familiare che tornava furente da un passato a lungo rinnegato. Pianti sinistri, misti a voci sconnesse e lontane attorno a sé presero possesso della sua mente. Si sentì scoppiare». Tale «passato a lungo rinnegato» costituisce lo snodo principale attorno al quale si sviluppa tutto il romanzo. Un passato da chiudere in un cassetto che non deve essere riaperto, un passato talmente terribile da dover essere cancellato dalla propria mente per non esserne sopraffatti, un passato così crudele da rendere il Risorto un uomo gelido, freddo come la morte. Un uomo che però ha ancora un cuore, un cuore che lo porterà a ribellarsi a un padre-bestia che esige ubbidienza assoluta e a due fratelli disumanizzati, schiavi di quest’ultimo.Il Risorto non è come loro: dentro di lui infatti riecheggia ancora la voce di una Donna, una voce che lo accompagna costantemente, passo dopo passo, una forza vitale davanti alla quale tutti, nessuno escluso, dovranno prima o poi inginocchiarsi.
Una storia senza fine Un romanzo, L’inverno dello straniero, che potremmo definire incompiuto. Certo, un punto c’è e un’ultima pagina anche, ma nulla di ciò che in esso viene raccontato finisce veramente. Perché? Perché i fantasmi non si possono uccidere. Per quanto possiamo sforzarci, impegnarci, il nostro vissuto prima o poi torna a galla ed è per questo che nella mente del Risorto quel ritornello si farà risentire: «Bastardello, bastardello resterai, di stracci e sterco vestirai, vipere e sassi mangerai, bastardello, bastardello morirai».Non a caso l’ultima parola del romanzo è shock, uno shock che rimane impresso nel nostro dna, nella natura che ci circonda, nella vita di ogni giorno. Uno shock che può essere affrontato o, come nel caso del Risorto, esorcizzato, portandolo anche nelle vite degli altri, in modo da rendere tutti un po’ vittime, esattamente come lo siamo noi.
Il tempo incalza «Poi l’oscurità che, soffocante, possedeva tutto il resto. Fu dal buio che si udì un pianto, costante ma ormai quasi scemato. Un pianto di una voce femminile. Poi il nero smorzò anche quello e con esso la cantilena terminò. Un grido lacerante irruppe all’improvviso, facendo sussultare il Risorto, riportandolo nel mondo reale». Frasi brevi ma intense, periodi semplici ma ricchi di significato, un clima quasi cinematografico, risultato di una ricerca attenta nell’uso delle parole, dei contrasti tra buio e luce, silenzio e rumore. Colpi di scena che accompagnano il lettore pagina dopo pagina senza esasperarlo bensì portandolo alla conoscenza piano piano, a piccoli passi, proprio perché non si è mai abbastanza pronti per scoprire certe verità. Pochi i dialoghi e poco sviluppati, perché a volte le parole non servono, perché di fronte a certe situazioni l’unica cosa che conta è il silenzio, un silenzio profondo e tuttavia mai interiore. Le parti riflessive, infatti, abbondano, articolate e approfondite, specchio dei meandri della mente di un killer in cui, disgraziatamente, tutti noi possiamo riconoscerci.Una storia, quella raccontata dallo scrittore, costellata da omicidi efferati, sangue e crudeltà, elementi che però non divengono mai protagonisti ma rimangono muti spettatori di fronte all’infinità complessità dell’animo umano.
L’immagine: la copertina de L’inverno dello straniero.
Viviana Viviani
(LM EXTRA n. 23, 14 febbraio 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 62, febbraio 2011)