La scoperta di un gruppo di ricercatori italiani apre la strada alla possibilità di curare i bambini dislessici attraverso lo studio della musica, che stimola e attiva tutti e due gli emisferi cerebrali
Le terapie mediche per i bambini colpiti da dislessia potrebbero trovare un nuovo, valido alleato nella musica. Alice Mado Proverbio, Mirella Manfredi e Roberta Adorni, della Facoltà di Psicologia dell’Università Bicocca di Milano, e Alberto Zani, dell’Istituto di bioimmagini e fisiologia molecolare del Centro nazionale delle ricerche del capoluogo lombardo, sono i ricercatori che hanno condotto uno studio in materia, pubblicato sulla rivista Neuropsychologia.
Dopo aver osservato che il cervello dei musicisti lavora in maniera diversa da quello delle altre persone – nell’esecuzione di un brano, infatti, le aree cerebrali coinvolte assumono differenti dimensioni – gli scienziati hanno scoperto che questi, per leggere un testo, attivano le stesse zone solitamente impiegate di fronte a un pentagramma. Un campione di 30 individui, coetanei e di analogo livello culturale, per metà composto da musicisti professionisti, è stato sottoposto a una tomografia elettromagnetica a bassa risoluzione, che ha consentito di analizzare il segnale bioelettrico prodotto durante la rielaborazione della lettura parallela di note e testi. Il procedimento ha evidenziato che, di fronte a brani e spartiti, i musicisti adoperano regioni appartenenti a entrambi gli emisferi cerebrali, mentre i “comuni mortali” mettono in funzione solo alcune aree di quello sinistro, ovvero la corteccia occipito-temporale e il giro-occipitale inferiore.
Ma in che modo la scoperta può aiutare la cura della dislessia? Leggere partiture di diverse melodie costituisce di per sé un’operazione complessa, ma può rappresentare una risorsa tanto inedita quanto importante nel trattamento dei bambini colpiti da questo genere di disturbo. L’attivazione di entrambi gli emisferi del cervello, infatti, può compensare il deficit costituzionale dell’area deputata all’analisi e alla comprensione visiva delle parole, che non lavora in maniera sufficiente. Insomma, nell’ipotesi appena avanzata dalla ricerca degli scienziati italiani, lo studio della musica potrebbe contribuire a sviluppare un circuito cerebrale comune a parole e note, favorendo il processo di lettura nei bambini in difficoltà.
Maria Daniela Zavaroni
(LucidaMente, anno IX, n. 99, marzo 2014)