L’associazione culturale bolognese Taz (Temporary art zone) porta mostre e concerti nelle case al motto di: «non esiste un posto in cui non arrivi l’arte». Cerchiamo di scoprirne di più con un’intervista collettiva ai suoi componenti
Il grande successo riscontrato dalle iniziative della neonata associazione bolognese Taz (Temporary art zone), che porta letteralmente a domicilio l’arte, ci ha incuriositi ed ecco qui di seguito un’intervista ai suoi giovani membri: Denise Nigro, presidentessa e studentessa, Alessandra Tescione, collagista, e Giancarlo Marangoni, musicista e produttore artistico.
Quali sono i propositi della vostra associazione?
«Taz si pone l’obiettivo della diffusione della cultura in tutte le sue forme, con particolare attenzione all’ambito artistico. Il nome deriva dal concetto di Temporary autonomous zone, teorizzato dallo scrittore Hakim Bey, che, partendo dal paradigma anarchico, ha teorizzato la tattica politica della creazione di spazi autogestiti al fine di eludere strutture e istituzioni formali. L’associazione cerca di applicare questa filosofia, partendo dal presupposto che non esiste un posto in cui non arrivi l’arte; ogni luogo può essere trasformato in un sito d’interesse. Le nostre parole d’ordine sono produzione, promozione e ricerca, sviluppate, rispettivamente, da tre progetti: #Acad, Ad e CoLa. Il collettivo #Acad (a casa arte a domicilio) produce opere sperimentali e multimediali, proponendo collaborazioni che si confrontano sui temi sociali dell’attualità; Ad (arte a domicilio) si propone di ospitare eventi all’interno di luoghi non convenzionalmente associati all’arte; da ultimo, il progetto CoLa (conferenze e laboratori) è teso alla ricerca sociale e tecnica di idee e materiali da cui sviluppare progetti creativi» (vedi anche Dalle strade alle aste: il capitalismo “mangia” la street art).
Come nasce l’idea di questi progetti?
«Ad è sorto nel 2016 dall’idea di creare zone di arte temporanea che si sviluppassero in luoghi diversi da quelli tradizionalmente a essa riservati. Il primo che ci è venuto in mente è stata la casa, un po’ perché era quello più facilmente accessibile, un po’ perché credevamo che un ambiente informale avrebbe incoraggiato artisti emergenti a esporre le proprie opere. Abbiamo avuto da subito un riscontro molto positivo e ci siamo resi conto di quanto fosse sentita l’esigenza di spazi in cui condividere l’arte. Con il tempo abbiamo creato una rete sul territorio di Bologna, che si confronta e collabora con le molteplici realtà creative della città».
Quindi siete anche molto attenti al sociale?
«Cultura per noi è anche società, rete di relazioni, infatti gli artisti e Taz hanno uno scambio diretto con il pubblico che partecipa agli eventi. L’arte può essere un mezzo proprio per comunicare con gli altri. Il progetto #Acad (la cui direzione artistica è curata da Azzurra Manetti) porta gli autori a dialogare direttamente con le persone di cui si parla nel progetto stesso, che siano immigrati o senzatetto; li si va a cercare nei loro contesti per comprenderli e riportarli al pubblico. Ma anche con Ad c’è un fruttuoso scambio d’idee tra chi partecipa agli eventi e gli “esecutori”, che sono presenti fisicamente e posti sullo stesso piano degli spettatori. Si può avviare un dialogo critico e umano sull’arte, incoraggiati dallo spazio della casa, che è intimo, privato – ma è al contempo una privatizzazione diversa da quella di un museo. Secondo noi così trova anche riscontro l’idea che le opere e la cultura non siano elitarie: invece di andare a cercarle in una galleria o in una mostra, te le ritrovi comodamente in salotto» (vedi anche Storia dell’arte: dove sono le donne?).
Qual è la vostra idea di cultura?
«L’arte è cultura e la cultura viene molto sottovalutata dalla politica odierna: mancano fondi e spazi. Per un creativo, soprattutto se emergente, è difficile trovare la modalità per esprimersi. Non deve passare il concetto che essa sia elitaria, perché – come ci insegnano anche antropologia e sociologia – ogni membro di una comunità concorre a produrla. Ormai non ha più senso parlare di cultura alta o bassa: nessuno può decidere cosa vada chiamato arte o chi sia un artista. Il fatto che i moderni mezzi tecnologici di cui disponiamo consentano (quasi) a tutti di fare arte non deve essere visto con diffidenza o paura: è semplicemente un sistema per soddisfare un bisogno che gli esseri umani hanno sempre avuto, quello di esprimersi».
I prossimi eventi dell’associazione potranno essere seguiti tramite le loro pagine Facebook e Instagram oppure sul sito www.casataz.it.
Le immagini: il logo dell’associazione Taz; Denise Nigro e Alessandra Tescione. Le foto sono di Eugenia Liberato.
Sara Spimpolo
(LucidaMente, anno XIV, n. 157, gennaio 2019)