Sensazioni, riflessioni, storie, interviste, voci della gente comune, dal nostro corrispondente dalla città della Ghirlandina
Provammo la stessa sensazione di solitudine, l’essere inerme, l’inquietudine, di quando fummo fermati ai check point nell’ex Jugoslavia. O quando ci trovammo sotto le bombe a un centinaio di chilometri da Split, da Spalato, nel sopravvivere a qualche cosa di più grande di noi. Persino peggio, perché qua la minaccia è invisibile. E sono nella mia Modena! Oggi… sotto il sole primaverile, alle 8,52, all’ombra della Ghirlandina e del Duomo, vediamo in giro solo un uomo di mezza età col cane e un cittadino extracomunitario in bici. Mi sposto in via Emilia.
1° aprile 2020
Alfredo Romagnoli, titolare dell’omonimo studio commercialista, noto anche come RM DATA, ci racconta: «Nella mattinata, in quattro ore, sono riuscito a inviare sul sito Inps la documentazione per un solo cliente. Quando, generalmente, in tempi normali, impiegavo 15 secondi. La domanda è: “Siccome era previsto che tutti si sarebbero collegati al sito ed era noto già da qualche tempo, perché non potenziarlo e prevenire attacchi in anticipo”? Questa emergenza sanitaria ha cambiato immediatamente anche il nostro modo di lavorare. Ruotiamo i dipendenti, tre per volta, così da dislocarne uno solo per ufficio e rispettare al massimo le condizioni di sicurezza dei lavoratori. Nel merito dei provvedimenti del Governo, molto delicata è la situazione dei liberi professionisti. Credo che, invece di un contributo mensile una tantum, fosse più opportuno attribuire a loro una sorta di mutuo, a 20-30 anni con interessi bassissimi, tenendo conto non del reddito ma del fatturato. Agendo così anche per dare una lezione ai lavoratori in nero. Che il professionista si sarebbe impegnato a restituire, in piccole quote di capitale o pure tutto in anticipo, se avesse potuto. Stanziato dal sistema bancario e creditizio con gli interessi a carico dello Stato che, a ben vedere, alla fine, ci avrebbe persino guadagnato».
2 aprile 2020
Queste le parole di Luca Zanni, medico di medicina generale: «Sinceramente, dopo l’accertamento dei primi casi di Lodi, ho vissuto, assieme ad altri colleghi, ore sconcertanti. Come studio medico personale, ho contattato subito i tre dottori che operano insieme a me nella stessa struttura. Non ho ricevuto indicazioni da alcuno, ma noi quattro, dal lunedì successivo, abbiamo tassativamente imposto ai pazienti con febbre e con tosse di non entrare. Abbiamo poi vissuto tre settimane di caos organizzativo. Capisco i problemi dell’Azienda Usl di Modena, dell’Ufficio Igiene, ma abbiamo operato non avendo una direzione organica. E a proposito di mancanze, senza dispositivi di protezione. Dopo un mese ho visto una mascherina normale, e dopo un’altra settimana una chirurgica. Il 1° aprile mi è stata consegnata una bottiglia d’igienizzante. Certamente, da un punto di vista diagnostico, il quadro era abbastanza chiaro. Ho agito per curare il maggior numero di miei pazienti a casa; i problemi sono emersi nel passaggio successivo, con l’aspetto terapeutico. Ringrazio per il supporto fornitomi il sindacato Fimmg, la Federazione italiana medici di Medicina generale, che mi è stato davvero al fianco e di sostegno. Dopo quelle prime tre settimane la situazione è andata migliorando, ma resta fondamentale essere vicino ai pazienti che sono a casa a curarsi. Ed è sempre drammatico il reperimento di materiale di protezione».
3 aprile 2020
Mauro Zennaro, presidente dell’Ordine dei Medici chirurghi e odontoiatri di Modena, ci rivela: «Situazione complessa. I miei colleghi medici hanno compiuto un’opera straordinaria, alla luce e in base ai nuovi modelli organizzativi e operativi. Come denunciato un po’ in tutta Italia, mancano i dispositivi per fronteggiare le nuove esigenze. Sul campo abbiamo lasciato dei colleghi che sono deceduti; questo non doveva succedere. Tutta la struttura modenese ha funzionato. Ha agito in modo tempestivo in prima battuta, quando c’è stata da affrontare l’impegnativa ondata di ammalati gravi. Nella seconda, ha modificato le modalità organizzative alla luce dell’evolversi della propagazione del virus. Gli ospedalieri ci hanno messo l’anima con turni massacranti, fra diverse difficoltà tecniche, e non solo. Si pensi a quelle emotive, con il verificarsi di gravi stress dal punto di vista psicologico, che hanno animato diversi miei colleghi. In questo momento, con il calo di accessi al Pronto Soccorso e di ricoverati in terapia intensiva, resta il nodo dei 1.300 pazienti modenesi da gestire a casa. Serve molta attenzione su di loro, perché sono tanti e perché dobbiamo lavorare per evitare la seconda ondata di ricoveri in ospedale. Da un punto di vista tecnico i temi sul tavolo oggi sono tre. Il primo. I dispositivi. Ce n’è bisogno adesso e pure in futuro, anche per i liberi professionisti. Secondo, i tamponi. Sono assolutamente necessari per valutare lo stato di salute del professionista, come già attuato in altre regioni. I positivi ma asintomatici non possono essere visti come distributori di malattie. Se uno è ammalato, deve restare a casa, lontano dal luogo di lavoro. Ben venga il test sierologico ematico, poi seguito, in caso di positività, dal tampone. Terzo. Troppa pubblicità, infine è stata data a gruppi di procacciatori di affari, che stimolano, suggeriscono, delle rivalse nei confronti dei professionisti della sanità nel caso ci si trovi davanti a malati infetti. Una sorta di class action collettiva. Queste voci tolgono sicurezza al nostro lavoro di medici e fanno riflettere su come gestire tali situazioni in futuro. Manifestazioni d’interesse verso richieste di risarcimento danni, in questa fase, non aiutano di certo. I dottori hanno bisogno di tranquillità e sicurezza, la loro mente non può essere preoccupata per simili azioni. Per il futuro, anzi, c’è ben altro cui pensare. Stiamo già tutti progettando e riflettendo per capire come potrà ripartire la nostra professione. Che cosa sarò necessario. In primis garantire sicurezza e tranquillità. Perché anche di fronte ad altre patologie non si potrà certo far finta di nulla. A oggi un grande elogio nei confronti dei medici e delle professioni sanitarie. E, lo ricordo, attenzione ai problemi sorti legati all’approvvigionamento di dispositivi di protezione. Visti i casi di distribuzione e l’arrivo di prodotti giunti in numero minore rispetto a quanto richiesto, o non pervenuti proprio, o, infine scoprire di essere davanti a oggetti non certificati».
9 aprile 2020
Ecco cosa ci dice ancora il commercialista Romagnoli: «Sono soldi buttati via quelli dello Stato che stanzia cifre una tantum a chiunque, senza nessun limite, neanche di reddito. Per tutte le imprese artigiane, per i commercianti… che senso ha uno stanziamento di 600 euro a un orefice che ne fattura 200 mila? Il mio studio resta chiuso al pubblico e lo sarà ancora per un altro po’. Nel frattempo oggi ho inserito un’ulteriore pratica per un mio cliente al sito Inps: la numero 3.936.750. La burocrazia ci sta rallentando nel tentativo di lavorare le pratiche per i professionisti iscritti alle casse, date le costanti nuove riorganizzazioni, ma non è colpa loro. Sono, invece, preoccupato per il comportamento del sistema creditizio. Da ora vedremo come si comporteranno le banche».
10 aprile 2020
Oggi ci aggiorna il dottor Zanni: «Nella settimana successiva alla nostra prima intervista, sono arrivati sia i dispositivi di sicurezza sia le linee terapeutiche. Penso, però, che bisognasse chiudere la stalla prima… e non dopo! Comunque, ora, la situazione sanitaria è decisamente più sotto controllo; le decisioni prese a livello nazionale stanno dando frutti. In quest’ultima settimana c’è stato un miglioramento sia organizzativo sia nel calo del numero dei pazienti più gravi. Riconosco, invece, che in Emilia-Romagna è andata benissimo la parte concernente le ricette: il 95% on line. Evitando così processioni in ambulatorio. Se avessimo optato per l’epidemia di gregge dal primo momento, senza chiudere il Paese, come mi chiede? Lei crede che ci saremmo infettati tutti, immagino, arrivando poi con le difese immunizzate attivate. Sa, penso che il numero dei decessi sarebbe stato più alto e, quindi, non posso che essere contrario».
Sotto con gli ospedali. Non posso entrare a vedere quello che accade al Policlinico o a Baggiovara. Un ufficio stampa accampa disposizioni dategli che mi vietano l’accesso. Per ora! Che strano, però… io fuori, ma Elena… fisioterapista, entrata in contatto con un infettato, vive questo: «È folle. In casa mi obbligano in quarantena, lontano dai miei famigliari, poi mi fanno andare a lavorare in ospedale, in ufficio». Cose che succedono solo in Italia.
11 aprile 2020
Sentiamo ancora Zennaro: «Attenzione al ritorno alla vita normale. Comprendo le difficoltà ma, alla fine, la salute pubblica viene prima di tutto. Un virus nuovo… sulla carta, pareva una cosa. La realtà ha evidenziato un andamento imprevedibile, comprese le complicanze. Bisogna conoscere meglio la malattia. L’immunità di gregge? Avrebbe originato due conseguenze in contemporanea e parallele: più morti e maggiore difficoltà nel gestire la diffusione del virus». Non si lavora solo nella sanità. Da Modena a Castelfranco Emilia, siamo a un tiro di schioppo dal Bolognese.
12 aprile 2020
Già. Le banche… le faide politiche, le “guerre di religione”, l’egoismo dei popoli, il denaro, le fazioni politiche, i nazionalismi, i populismi. Ieri come oggi. La Storia che si ripete, M come Mostar, M come Modena… Brutta storia.
Roberto Giovannini
(LucidaMente, anno XV, n. 172, aprile 2020 – supplemento LM EXTRA n. 37, Speciale Coronavirus2)