In esclusiva per “LucidaMente”, la cantante ricorda la poetessa scomparsa e, dal 25 novembre, ecco la nuova silloge “Come polvere o vento” (Manni)
Questi ricordi arrivano in ritardo rispetto ai riti vocianti dei mass media, rispetto a una società che cerca sempre il mostro, il miracolato o il fenomeno da mettere in prima pagina. Sono i ricordi di una persona speciale, ricordi, anche attraverso la voce di Milva, che prescindono da tutto e da tutti, scavalcano il tempo, l’occasione o i panegirici, stanno nell’ombra, in una pagina internet senza sipario, davanti al mondo della rete che forse, più di qualunque altro pubblico, ha sempre amato Alda Merini.
Considerata in tutto il mondo come l’ultima grande poetessa italiana, Alda Merini, la piccola ape furibonda, come amava definirsi, se n’è andata il primo novembre 2009 con un volo improvviso che ha tolto ai suoi amici la difficile e felice esperienza di ascoltarne la voce roca e profonda, dal retrogusto fanciullesco. Tanti gli amici conosciuti personalmente, il presidente Giorgio Napolitano ha parlato di “una ispirata e limpida voce poetica”, ma tantissimi quelli dell’anima che attraverso le sue poesie hanno aperto la gabbia della quotidianità e dello squallore quasi anestetizzante della vita moderna, poesie fatte di colori, di immagini originali, di aggettivi taglienti, pur tuttavia morbidi e mai insistenti, capaci di rendere una poesia un quadro fatto di tanti quadri, tutti sovrapposti come appunti su un muro, come la sua “agenda personale”, un muro di casa su cui annotava con divertita originalità i numeri di telefono dei suoi visitatori (e poi sogghignando irrideva coloro che le ricordavano di portarsi appresso l’agenda coi numeri di telefono).
Il suo percorso letterario inizia a 15 anni con La presenza di Orfeo, raccolta di poesie curata dall’editore milanese Schwarz, e prosegue inesorabile fra sofferenze e immensi buchi neri fatti di confusione, morte interiore e rinascita. Fu rifiutata dal Liceo Manzoni di Milano poiché carente in lingua italiana: inutile ogni commento, ma su questo non vale nemmeno la pena soffermarsi (come non vale mai la pena soffermarsi su chi ci rifiuta, mai!). Giacinto Spagnoletti, critico, poeta e romanziere, è il primo a pubblicarla nel 1950 (Il gobbo e Luce in Antologia della poesia italiana 1909-1949), mentre Montale e Maria Luisa Spaziani insistono nel 1951 perché Scheiwiller pubblichi due sue componimenti nel volume Poetesse del Novecento. Dall’amicizia con Quasimodo, passando per gli anni Cinquanta e Sessanta dello scorso secolo, con La presenza di Orfeo (1953) e Tu sei Pietro (1966), dedicato al medico curante della figlia Emanuela, Alda Merini ripiomba in un periodo mentalmente oscuro. Dagli anni Ottanta in poi, fra la serenità dei Navigli e i riconoscimenti in campo letterario (Premio Librex-Guggenheim “Eugenio Montale” per la poesia), la sua vita sembra raggiungere una certa, forse poco convincente, e povera serenità, laggiù in quella sua casa confusa e pensata insieme, capace di affastellare i ricordi con uno charme tutto originale.
Da un po’ di tempo a questa parte, vuoi per sincerità, vuoi per sincero conformismo (finta pietà per la “famosa poveraccia” da esibire e toccare), Alda Merini era diventata anche una sorta di luogo per la pubblicità e il riscatto culturale di personaggi senza senso che lei accoglieva benignamente, un po’ stordita da tanto affetto e tanta attenzione. Il ricordo di Marina Bignotti, ex braccio destro di Vanni Scheiwiller e amica intima della poetessa, ci parla di una Merini oppressa dall’attenzione degli altri, in una casa povera, affollata di persone di varia natura, prefiche, amici sinceri ma anche curiosi dell’ultim’ora, che la toccano e in qualche modo la violano, così almeno questo cordoglio “affollante” viene percepito dalla Merini che, obnubilata dai medicinali, confida all’amica come tali attenzione le ricordino gli anni bui della malattia nelle strutture sanitarie.
Ho sentito Milva e ne ho voluto raccogliere il ricordo: una cantante e donna molto vicina ad Alda Merini, una personalità eclettica della musica europea e interprete di numerose opere poetiche della poetessa, musicate dal maestro Giovanni Nuti. Ormai è riconosciuta la sublimità dei versi del componimento Sono nata il 21 a Primavera ai quali Milva ha aggiunto lo spessore della sue sonorità vocali, in uno scambio musicale e poetico che è diventato un tutt’uno fra tremore e colore, versi difficilmente dimenticabili.
La cantante racconta di aver appreso della morte di Alda Merini quando, in automobile, faceva ritorno da una serata musicale molto particolare tenutasi al Teatro Regio di Parma…
«Per il recital Milva, ieri e oggi, avevo una scaletta prestabilita, ma all’improvviso ho voluto cambiare tutto, ho cantato Merini perché sentivo che dovevo farlo». E, poi, come lei stessa ci racconta, all’improvviso la triste notizia.
Ma che ricordo ha Milva di Alda Merini?
«Prima di tutto una sorella maggiore, una donna difficile, ricca di talento e ispirazione, carica delle luci e delle ombre del suo immenso carisma che ha passato momenti molto difficili, forse le prove più orribili e logoranti per una donna…».
La vita della Merini, infatti, è costellata anche di amori felici o infelici, di abbandoni e incontri, ma soprattutto segnata da numerosi periodi di buio mentale in cui i suoi nervi e il suo fisico hanno dovuto affrontare parecchie volte la permanenza in una struttura per malattie mentali – la prima nel 1947 – seguita poi da un’altalena di morti interiori e rinascite continue fatte di ritorni a casa e caratterizzate anche dalla gioia della nascita dei figli.
Cos’è stata la poesia per Alda?
«Alda Merini ha superato tutte queste difficoltà con la poesia, ma con una forza e un candore tali da non permettermi di piangere alla notizia della sua morte, perché tanti e tali sono i ricordi, anche tangibili, della sua umanità, fatta di foto, scritti e aneddoti, da poter solo gioire per il suo continuo starmi accanto» dice Milva.
Alda, infatti, non ha sublimato la realtà, l’ha semplicemente accettata, tuttavia senza smettere di sperare, e nemmeno di fumare, come amava dire, e ne ha tratto un abito incandescente come quello dell’Araba Fenice, un po’ donna, un po’ superbo essere dalle mille facce e dalle mille misure, che con quest’abito di fuoco ha attraversato i fuochi della vita, lasciando un tesoro inestimabile all’umanità intera.
Cosa ricorderà maggiormente di lei?
«Aveva solo 78 anni ma generalmente nelle persone che hanno vissuto una vita intensa e travagliata è possibile riscontrare occhi piccoli, appesantiti dalle rughe e dalla storia dell’individuo che li ha usati per guardare il mondo, invece lei aveva occhi grandi, grandi occhi come quelli di un bambino, sempre sorpresi, aperti, lucidi, ricchi di vita».
Proprio sugli occhi, occhi di Milva per l’appunto, Merini si soffermò a scrivere: «Non occorre che io mi sieda sul letto / a rivedere i sogni perduti / basta guardare gli occhi di Milva / e vedo la mia felicità / la poesia è una donna superba e ha la chioma rossa…».
Proprio sugli occhi della poetessa, invece, mi soffermo oggi a pensare, a riflettere, e penso che finalmente Alda si è risvegliata da quel suo costante sogno di essere chiusa in un luogo di cui non aveva la chiavi, finalmente libera del tutto da ogni costrizione, oltre le parole e l’inchiostro, nelle forme e nei colori che il Dio di San Francesco le avrà concesso. Speriamo solo di trovare un tabacchino aperto per comprare le sigarette, ne fumerò una sola… per ricordarla.
A ricordarla sarà anche l’editore Manni, per i cui tipi il 25 novembre prossimo usciranno i versi inediti della Merini raccolti in Come polvere o vento (Introduzione di Giulio Ferroni, collana Pretesti, pp. 104, euro 12,00). Secondo quanto ci dice la casa editrice, «un prezioso e casuale ritrovamento: oltre 60 poesie di Alda Merini inviate alla casa editrice Manni negli anni Ottanta, su suggerimento di Maria Corti, mai pubblicate e sepolte negli archivi dei manoscritti. Si tratta di liriche straordinarie, tre le più intense e passionali della poetessa, che toccano tutti i suoi mondi interiori: l’amore, le donne e gli uomini (tra tutti, quelli della famiglia Pierri), il disagio mentale, la solitudine, il dolore con in più una vena satirica e irriverente che è assieme intento personale e poetico». Buona lettura.
L’immagine: il banner dell’editore Manni (http://www.mannieditori.it/index_x.asp) per annunciare l’uscita di Come polvere o vento.
Matteo Tuveri
(LM EXTRA n. 17, 10 novembre 2009, supplemento a LucidaMente, anno IV, n. 47, novembre 2009)