I progetti realizzati dalla Fondazione Acra in Senegal dimostrano che esistono percorsi efficaci e adeguati ai territori, rendendo donne e giovani promotori dello sviluppo locale
È opinione diffusa che l’immigrazione rappresenti per l’Italia un danno che provoca delinquenza, sleale concorrenza salariale e degrado sociale. A prescindere dalla realtà di tali affermazioni, è indubbio che sia per i Paesi di provenienza che per quelli di arrivo, ma soprattutto per gli stessi migranti, sarebbe preferibile poter lavorare dignitosamente in patria (leggi Immigrati da sfruttare o L’immigrazione? Ne sono entusiasti gli ultraliberisti!). Del resto, gli stessi vescovi africani sono contro le migrazioni. Per non parlare della criminalità e delle associazioni e cooperative che sfruttano i fondi governativi come business (vedi A chi i profughi? A noi!).
Così, particolare rilievo assumono quelle iniziative e progetti che operano nei paesi di origine dei maggiori flussi migratori. Esempi significativi di realizzazioni coronate dal successo sono quelli della Fondazione Acra di Milano, localizzati in Senegal e conclusisi lo scorso marzo. Si è trattato del sostegno a 27 microimprese e della promozione di 1.700 percorsi formativi nell’ambito del progetto Ripartire dai giovani: pro-motori dello sviluppo locale e della migrazione consapevole, cofinanziato dall’Aics (Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo). L’obiettivo era quello di creare e migliorare le opportunità lavorative nei territori rurali della Casamance, nel Sud del Senegal, con particolare attenzione all’occupazione giovanile e al reinserimento dei migranti di ritorno. Le attività hanno permesso di formare, informare e supportare giovani e donne per dare vita a professioni concrete in loco tra competenze lavorative artigianali e tecnologiche, dall’agroalimentare all’elettrico, dall’informatica al web-journalism. Per supportare il tutto è stata fondamentale la formazione delle persone coinvolte su business plan, educazione finanziaria, pratiche di coltivazione o di gestione di impresa.
Il progetto ha avuto l’obiettivo di creare e migliorare le opportunità formative e lavorative in un territorio transnazionale importante bacino di provenienza di flussi migratori: le regioni di Sédhiou e Kolda in Senegal, con implementazione delle attività da parte di Acra, e di Gabu in Guinea Bissau, da Mani Tese; insieme a partner in loco e in Italia, come il Comune di Milano, l’Università di Milano-Bicocca, STMicroelectronics Foundation, l’Associazione Stretta di Mano e associazioni locali. In dettaglio, il progetto si è distinto in tre macroaree puntando su attività di formazione e sviluppo attività d’impresa, con particolare attenzione ai giovani (15-35 anni), alle donne e ai migranti di ritorno, ma anche di intrattenimento, sensibilizzazione e costruzione di relazioni per informare sui rischi delle migrazioni irregolari.
La formazione e il rafforzamento delle competenze professionali dei giovani in diversi ambiti occupazionali in Senegal ha previsto la creazione di 2 hub informatici e ha coinvolto 250 persone formate in diversi settori produttivi (agroalimentare e settori complementari, agroecologia, gestione d’impresa, elettricista), 80 giovani formati per tecniche di web-journalism, 1.200 in informatica di base e 200 in informatica avanzata. Sempre in Senegal, sono state accompagnate 27 imprese di giovani, donne e migranti di ritorno: 12 a Sedhiou, 15 a Kolda; poi 40 persone formate in educazione finanziaria, 30 in business plan, 21 donne in trasformazione di prodotti locali e gestione d’impresa, con 37 stage avviati. La sensibilizzazione ha dato vita a oltre 100 eventi tra tornei sportivi, spettacoli teatrali, murales, la proiezione in un Cinefestival con 20 testimonianze e attività di comunicazione radio, social e WhatsApp che hanno raggiunto oltre 500mila senegalesi. Attività destinate a proseguire nel tempo. Cissao Drame e Sekho Sakho sono migranti di ritorno; grazie alle loro attività di allevamento e agricoltura, formano e offrono opportunità di crescita ai ragazzi del luogo. «Vedere i giovani migrare fa soffrire – dice Sakho nel video realizzato dall’associazione – e si può realizzare ciò che si fa in Italia anche qui in Africa».
Coumba Aw è una studentessa della regione di Sédhiou, che ha partecipato ai corsi di web journalism organizzati da Acra: «Uso i social media anche per pubblicare informazioni e sensibilizzare sulla salute riproduttiva, sui matrimoni precoci e sulla migrazione. Penso che la tecnologia digitale sia ormai indispensabile per lo sviluppo delle nostre comunità». Le informazioni e i messaggi del progetto sono stati raccolti in numerose videotestimonianze dei partecipanti alle attività in Senegal e dei membri della diaspora in Italia. Queste testimonianze sono visibili sulle pagine Facebook del progetto e della Fondazione, nonché in un video finale che raccoglie alcuni dei racconti e risultati del progetto.
Il lavoro di Acra in Senegal, iniziato nel 1984, riguarda anche energie rinnovabili, educazione e, soprattutto, l’accesso all’acqua sicura. La Fondazione, infatti, dal 2006 ha avviato il programma Un tetto, un rubinetto per portare acqua potabile e servizi igienici di base in ogni casa, scuola e famiglia nei villaggi più remoti della Casamance. In 15 anni di lavoro sono state realizzate 12 reti idriche per un totale di circa 400 km e più di 4.500 allacciamenti famigliari; più di 51.000 persone hanno avuto accesso all’acqua potabile in 83 villaggi e circa 200.000 individui sono stati raggiunti dalle campagne di sensibilizzazione sull’uso dell’acqua. Il Programma di Acra è stato selezionato al 9° Forum mondiale dell’acqua (Dakar, 21-26 marzo 2022) tra le 126 iniziative più innovative al mondo e ad alto impatto nel settore Wash (Water, Sanitation and Hygiene).
Per saperne di più e sostenere i progetti: www.acra.it.
C. Liliana Picciotto
(LucidaMente, anno XVII, n. 196, aprile 2022)