L’esperienza di un comune spagnolo che ha sconfitto la disoccupazione e l’emergenza casa grazie a un modello di governo socialista
In una Spagna teatro di scontri politici, divisa e a rischio secessione catalana esiste un’isola felice nel cuore dell’Andalusia: il comune autonomo di Marinaleda. Un piccolo centro rurale di 2.700 abitanti tra Malaga e Siviglia in cui non esiste disoccupazione, la casa è un diritto, e tutti percepiscono lo stesso stipendio a prescindere dal tipo di impiego.
Ispirato ai valori socialisti di stampo marxista, Marinaleda è un modello unico in tutta Europa, esempio di solidarietà e cooperazione tra i cittadini. Un’«utopia verso la pace», come riporta lo stemma tricolore posto alle porte del paese. Dal 1979, con le prime elezioni democratiche post franchismo, la giunta comunale è guidata dallo storico alcalde Juan Manuel Sánchez Gordillo, membro del Cut, Colectivo de unidad de los trabajadores (Collettivo di unità dei lavoratori). Le decisioni vengono prese da tutti i residenti durante periodiche assemblee, un metodo che funziona grazie all’importante senso di comunità maturato in questi anni nella popolazione. Gordillo, tra gli anni Settanta e Ottanta, ha intrapreso insieme ad altri compañeros l’occupazione di terre abbandonate proprietà di ricchi latifondisti, affinché fossero distribuite ai contadini senza terra. Un movimento di “non violenza attiva”, come veniva nominato, che tuttavia ha provocato repressione e numerose ondate di arresti.
Infine, nel 1991, dopo dodici anni di resistenza, il Cut ha ottenuto ufficialmente dal governo andaluso i 1.200 ettari di terreno della tenuta El Humoso, proprietà di un nobile locale. Su queste terre è stata fondatala Cooperativa Humar, grazie alla quale lavora il 70% della popolazione. Qui si coltivano prodotti agricoli come peperoni, carciofi, legumi e olio d’oliva che vengono esportati in tutta la Spagna e nel mondo. Una percentuale minore della cittadinanza è occupata in esercizi a conduzione familiare, oppure ha un impiego presso scuole o uffici. A tutti i lavoratori, a prescindere dalla mansione, è garantito lo stesso trattamento economico: circa 1.200 euro al mese per 35 ore settimanali.
La giunta di Marinaleda ha elaborato anche un ingegnoso sistema per far fronte all’emergenza abitativa: l’autocostruzione. Mentre nel resto del Paese la speculazione edilizia ha raggiunto livelli altissimi, per comprare casa in questo comune non serve neppure accendere un mutuo. I fondi per acquistare i materiali da costruzione sono stanziati dal governo andaluso. Il futuro proprietario si impegna a costruire la casa con le proprie mani – anche grazie all’aiuto gratuito degli operai comunali – versando una quota di circa 15 euro al mese, fino a restituire al governo la somma prestata. Prima delle espropriazioni Marinaleda era un centro agricolo popolato da semianalfabeti, jornaleros (lavoratori a giornata) che vivevano in condizioni di grande povertà e sfruttamento. Oggi è una cittadina che offre numerosi servizi pubblici a basso costo: due scuole, un comprensorio sanitario, un centro sportivo, un circolo pensionati e un’associazione culturale. Non esistono forze dell’ordine, perché non c’è criminalità e della manutenzione delle strade e del verde pubblico si occupa la popolazione durante le cosiddette “domeniche rosse”.
Un modello economico anticapitalista ha permesso a Marinaleda di resistere alla crisi economica imperante in tutta Europa. Ma è quasi impossibile da esportare altrove, in quanto fortemente modellato sul contesto storico e sociale di questo piccolo comune rurale. Non sono pochi, inoltre, i cittadini che si oppongono al Colectivo, in particolare le nuove generazioni, che non hanno vissuto gli anni delle espropriazioni. L’interrogativo principale riguarda infatti la futuribilità del progetto: la nuova classe dirigente porterà avanti il sogno rivoluzionario del carismatico sindaco Gordillo e dei suoi compañeros?
Alessia Giorgi
(LucidaMente, anno XII, n. 143, novembre 2017)