Lettera di una insegnante “veterana”, che non sopporta più il disastro dell’istruzione pubblica e il degrado del nostro Paese
Gentilissimo direttore, le sembrerà strano, ma l’enormità di alcune cose che accadono in Italia a volte riesce ancora a meravigliarmi! Incredibile, vero? Sono un’insegnante di lungo corso.
Ho assistito a tutte le tappe dello sfacelo della scuola pubblica e, contemporaneamente, allo sfacelo delle coscienze. Ma, mentre fino a qualche anno… o decennio… fa, potevamo contare sulla speranza, ora ciò riesce proprio difficile. Quindi ora sono proprio stanca di scuole “maltrattate”, di derisioni e di offese alla dignità di chi vive secondo morale, di studenti che lavorano in condizioni offensive, di tagli orizzontali, verticali e obliqui, di promesse non mantenute, di incompetenti che ricoprono cariche, di una cultura vista come una spesa e non come un investimento, di chi nel pubblico coltiva interessi privati.
Sono stanca del degrado del mio paese, del crollo degli edifici di Pompei, dei trasporti inefficienti, dei suicidi per disperazione, della gente che soffre perché si vergogna a dire che non ce la fa proprio più a pagare. E sono molto stanca di vedere i nostri figli umiliati ai colloqui di lavoro. Ora la domanda è la seguente: perché non tutti i miei concittadini sono stanchi come lo sono io? Distinti saluti e grazie per l’attenzione concessa anche questa volta a me e ai miei colleghi.
Amelia Marchi – Ferrara
(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)
Anch’io sono stanco e aggiungo: di un paese che taglia i posti letto negli ospedali, di un paese che non ha più asili nido pubblici, di assegni famigliari per i figli ridicoli negli importi, che a malapena coprono il costo di due poppate (un mese di pannoloni costa 20 volte di più), di annunci di accordi con le banche svizzere divulgati un mese prima della firma, cosa che certo farà scappare i soldi da lì…ma qui veramente c’è da sbizzarrirsi…! Oscar