Il mondo sportivo, e non solo, sta assistendo con ammirazione alla rinascita del nuotatore italiano. Nonostante il grave incidente, il 3 febbraio per lui rappresenta il giorno in cui si è dichiarato alla fidanzata
Manuel Bortuzzo sta vivendo il più grande miracolo che gli potesse accadere, se si esclude quello che tutti noi avremmo desiderato per lui: il recupero degli arti inferiori di cui ha perso irrimediabilmente la funzionalità. E, considerato ciò che gli è accaduto, le nostre possono sembrare parole forti. Non è così: vediamo perché.
L’evento occorsogli – che gli ha cambiato radicalmente l’esistenza – è cronaca recentissima. Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio scorso, alla periferia sud di Roma, Bortuzzo viene raggiunto da svariati colpi di arma da fuoco. A sparargli, in uno scontro tra bande rivali del narcotraffico, sono due giovani di Acilia. Ma l’aspetto ancora più sconvolgente è che, come loro confessano fin da subito, si è trattato di uno scambio di persona. Il buio li ha confusi: pensavano fosse lui il rivale da colpire; come se ammazzare un individuo – di chiunque si tratti – fosse un’azione giusta. Il verdetto dei medici è immediatamente spietato: lesione irreversibile al midollo spinale dovuto al proiettile della calibro 38 conficcato nell’undicesima vertebra. In parole più semplici, il diciannovenne rimarrà paralizzato agli arti inferiori per tutta la vita. Ora Lorenzo Marinelli e Daniel Bazzano sono rinchiusi nel carcere di Regina Coeli con l’accusa di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti. Ma il danno è fatto, per loro mano. Ed è irreversibile.
Sarà merito della rete – tanto sottile quanto fitta – di solidarietà tessuta indistintamente da amici, persone comuni ma soprattutto da esponenti dello sport italiano? Avranno avuto effetto i pensieri positivi di chi è rimasto sgomento e incredulo davanti al televisore o alla radio mentre veniva raccontato questo fatto di cronaca? Avrà contribuito la forza trasmessagli dalla sua famiglia o dal proprio carattere? Oppure la fede, capace di arrivare – come sostiene Bortuzzo – dove non riesce la scienza? Non lo sapremo mai. Fatto sta che un miracolo è pur sempre accaduto. Inaspettato, inimmaginato, soprattutto in un giovane di soli diciannove anni, con un’intera esistenza davanti a sé. L’atleta del gruppo sportivo delle Fiamme Gialle, infatti, non si è mai perso d’animo, dichiarando che l’obiettivo delle Olimpiadi, a seguito dell’incidente, non è cambiato. E non si riferisce di certo alle Paralimpiadi. Per tale motivo ha già fatto ritorno al Centro federale della Fin (Federazione italiana nuoto) di Ostia.
Manuel Bortuzzo ha già vinto la medaglia più prestigiosa di tutte. Infatti non ha mai mostrato rancore verso chi lo ha destinato a una sedia a rotelle, come lui stesso ha affermato: «Nessun odio, questa cosa doveva semplicemente succedere […] Incontrare chi mi ha sparato? Non cambierebbe nulla, ma se me lo trovassi davanti mi metterei a ridere perché non ha senso quello che hanno fatto». La sua forza d’animo gli ha permesso di tornare in vasca, presso la Fondazione Santa Lucia, per iniziare un ciclo riabilitativo in acqua, appena qualche settimana dopo il terribile incidente. E lo ha fatto con il sorriso sulle labbra ma, soprattutto, nel cuore. Tanto da aver reso noto che il 3 febbraio 2019 altro non è che la data in cui ha detto alla sua fidanzata di amarla; a quella ragazza sedicenne che ha scelto di restargli accanto e di ripartire insieme a lui. Ci colpisce questa maturità. Non possiamo quindi che condividere quanto il premier Giuseppe Conte ha dichiarato con ammirazione incontrando Bortuzzo: «Il tuo coraggio mi ha conquistato. Se tutti in Italia fossero come te saremmo un Paese migliore». E desideriamo chiudere ringraziando di cuore il coraggioso nuotatore per averci dato un’importantissima lezione di vita.
Le immagini: Manuel Bortuzzo in ospedale e il nuotatore con Giuseppe Conte.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno XIV, n. 160, aprile 2019)