Le originali proposte di un nostro lettore, dall’economia alla società, dalla demografia alla politica estera, dalla protezione dell’ambiente alla sicurezza
Riceviamo e volentieri pubblichiamo.
Questo è un manifesto ideologico fortemente identitario, volto a suscitare interesse nei ribelli di una destra sempre più confusa, alla ricerca persistente del consenso ma che purtroppo non dimostra di promuovere alcuna aspirazione decisionale, avendo come obiettivo esclusivamente quello di detenere il potere, estromettendo con la logica del “voto utile” chi vorrebbe esserne l’alternativa.
Si ha quindi una classe dirigente inconsapevole e sostanzialmente incapace, connivente con le minacciose forze mondialiste che hanno come unico scopo l’annientamento della nostra Storia. La destra che sogno troverebbe nel gruppo europarlamentare “Identità & Democrazia” (nazionalisti, euroscettici di destra) un importante approdo per sviluppare nuove soluzioni atte a rispondere alle cruciali dinamiche continentali, iniziando dalle delicate questioni migratorie. I miei riferimenti ideologici sono perlopiù indirizzati da un sostanziale atteggiamento antisistemico, caratterizzato da un sentimento chiaramente populista di destra (da tradurre non col seguire le continue mutazioni dell’elettorato, bensì avendo il polso fermo nell’offrire risposte concrete alle difficoltà crescenti che il Palazzo, sempre più asserragliato, tende a dimenticare). Tra le riforme improrogabili pongo l’innalzamento dell’età per quanto concerne l’elettorato attivo per la Camera dei Deputati (dagli ordinari 18 a 21 anni, lasciando immutato il limite minimo per l’elettorato passivo a 25) al fine di far riacquisire maggior consapevolezza nei giovani; nonché l’attuazione della riforma – più volte auspicata ma mai attuata – sul superamento del bicameralismo perfetto, sancendo la fine dell’elettorato attivo per il Senato.
Tale nuova aula andrebbe costituita dai soli presidenti di Regione (governatori) e le loro Giunte regionali, che, con cadenza temporale, si impegnino a fornire elementi di discussione all’esecutivo e alla Camera dei Deputati, rappresentando una visione complessiva delle istanze locali. Personalmente nutro simpatie monarchiche sin dalla prima adolescenza, pur non escludendo una riforma dello Stato in senso presidenziale, sul modello francese. In merito alle questioni sociali ritengo che siano giunti tempi maturi per una forma esplicita di quello che definisco “libertarismo nazionale”, ossia dimostrare che la politica non ha lo scopo di limitare l’agire umano; tuttalpiù ha quello di stimolare ciascuno a concentrarsi sui propri bisogni, da perseguire nel rispetto altrui. Importante tassello diviene l’omonazionalismo, ossia la svolta nei termini dei diritti per gli omosessuali, riconoscendo ciò che di fatto esiste (dunque senza portare avanti alcun piano di ingegneria sociale), sostenendo attivamente l’introduzione delle unioni civili sul modello dei Pacs, con l’obiettivo di parificare le condizioni tra tutte le coppie conviventi, nei termini di fedeltà e reciproca assistenza. Tale prospettiva va inquadrata chiaramente entro una cornice di destra radicale, rivoluzionaria e decisamente alternativa ai tipici tratti clericali delle attuali forze presenti sullo scenario politico.
Va propugnato, di fatto, un fervido radicalismo laicista, che presuppone non vi sia alcuna intrusione delle gerarchie religiose nella sfera pubblica, essendo la fede una questione individuale e – per chi crede – relativa alla propria anima. Da qui nasce un’importante e attuale preoccupazione, in riferimento alle avanzate islamiche che, con le proprie cellule sparse in ogni dove, incutono timore e destabilizzano le nostre vite. L’islamizzazione dei popoli, causa di terrorismo, instabilità politica internazionale e principale attacco alla civiltà occidentale (anche attraverso l’impegno da parte dei collaborazionisti nostrani), è dunque un grave segnale di propagazione degli effetti di quel mondialismo dedito a diffondere le favole di una società multiculturale e multietnica, celando la vera natura di un contesto multiconflittuale. Sull’immigrazione è divenuta necessaria una rivisitazione delle norme in senso drasticamente restrittivo dei requisiti di cittadinanza. Ciò vale sia per la loro concessione (solo a chi accede regolarmente, senza prevedere alcuna moratoria su chi risiede sul suolo nazionale, in primo luogo per aver varcato illegalmente i nostri confini, in secundis poiché quasi certamente risulta privo dei criteri base di sussistenza). Sia per la loro perdita (nel caso di accertati crimini), attuando altresì una politica del “prima gli interessi e i bisogni dei compatrioti”, in materia di occupazione, sostegno e alloggi. Politiche volte a disincentivare le pratiche di gitanismo si inseriscono a pieno titolo in quest’ottica.
L’etnocentrismo è così un altro elemento fondamentale che si introduce, divenendo improrogabile la tutela della minoranza caucasica nel mondo, nel mentre assistiamo all’incremento demografico dei popoli islamici e africani, ben descritto da svariati studi effettuati (secondo alcune allarmanti proiezioni, nel 2050 la Nigeria diventerà il terzo Paese più popoloso al mondo, dopo l’India, in buona compagnia con la Repubblica democratica del Congo, l’Etiopia e l’Egitto, tra i primi nove). Un argomento che funge da collante è senz’altro la natalità: portare avanti una seria politica in questo senso è un imperativo categorico, da prendere seriamente in considerazione. Per semplificare potremmo dire che andrebbe applicato un concetto chiaro: “disincentiviamo la pratica abortiva, non abroghiamo la 194”, la cui legge rappresenta – per buona parte della nostra storia contemporanea – il superamento delle vergognose mammane nonché il raggiungimento di un compromesso tra le libertà individuali e la legittimità di un diritto naturale qual è la vita.
Nel post Sessantotto la nostra società è mutata profondamente, perdendo letteralmente la bussola, e ora il suo obiettivo principale sembra quello di rinunciare ai riferimenti considerati – erroneamente – il frutto di una società patriarcale; da qui deve emergere un’avversione categorica a quel fanatismo femminista in preda a manifesta androfobia. Ne consegue un netto rifiuto del modo in cui sono state implementate le cosiddette quote rosa, perché risulta necessario mandare avanti il merito, non certo l’appartenenza a categorie protette. Un’altra isteria degli ultimi tempi è il fermento ambientalista, prodotto di un ecologismo da salotto. Essenziale è contrastare le varie forme di faziosità vegano/ambientalista, secondo cui l’uomo bianco occidentale è il cancro del mondo (che poi Cina e India inquinino più di ogni altra Nazione poco importa alla loro narrazione). La destra in cui credo, inoltre, non cade nel tranello secondo cui il comportamento antropico produce effetti particolarmente e sicuramente rilevanti sul cosiddetto cambiamento climatico, anche se può tornare utile contribuire fattivamente – quindi non certo percorrendo il sentiero tracciato della signorina Greta Thunberg (o i di lei ghostwriters) – nel rispettare gli spazi comuni, includendo nell’accezione le aree forestali e la diversità biologica. È poi un altro punto cardine l’accesa difesa dell’identità nazionale, anche nella prospettiva irredentista delle terre dalmate. Da qui un fervente euroscetticismo – naturalmente al fine di intraprendere l’uscita unilaterale dalla Comunità europea nonché dall’eurozona, che è letteralmente una catastrofe per le nostre finanze pubbliche – coadiuvato da un revisionismo storiografico di tipo revanscista a proposito della funzione italiana nei rapporti geopolitici.
Sulle questioni prettamente di natura economica – disapprovando qualsivoglia tentativo di importare quell’ideale comunista attuato ancora in alcuni “angoli paradisiaci” (espressione sardonica, ovviamente) in cui sfortunatamente non è mai tramontato – ho una visione ben precisa sulla riduzione del carico fiscale generale, nell’ottica di una “terza via”: un capitalismo popolare che sviluppi le capacità di piccole e medie imprese allo scopo di rilanciare l’artigianato locale, la piccola/media produzione e il settore del commercio in genere. Per prodotti di necessità e alto consumo non presenti in loco (come il caffè) si possono attuare “contratti di cooperazione”. Il modello autarchico (che, propugnato nei tempi dell’interconnessione dei mercati, apparirebbe come un’eresia), in fin dei conti (e con buona pace degli ecologisti), risulterebbe probabilmente più vicino alle soluzioni a elevata sostenibilità ambientale e vantaggioso nei termini di un’economia circolare, che anzitutto ha come primo obiettivo l’abbattimento dei costi di trasporto e la crescita occupazionale nelle aree limitrofe.
Importante messaggio che la destra ha il dovere di trasmettere è così la vicinanza ai ceti medi e produttivi (facendo riferimento alla borghesia cittadina e delle aree rurali), impegnandosi – non solo a parole – a ridurre il carico fiscale e semplificare la burocrazia che grava su di essi, sul solco di un riscoperto poujadismo, fenomeno sociopolitico e attività sindacale promossa dal celebre Pierre Poujade in Francia. In politica estera si deve assumere una posizione categorica, in un’epoca in cui pare si stiano delineando, ancora una volta, blocchi contrapposti. È un ruolo chiave quello dell’Italia, che deve riprendere a essere una grande potenza mediterranea, un attore irrinunciabile e su cui si può e si deve tornare a scommettere. Da qui è nostro impegno consolidare l’alleanza atlantica e guardare con attenzione alle dinamiche medio-orientali siglando un importante accordo diplomatico con Israele e sancendo così, in via definitiva, una direzione esteri prevalentemente in funzione antiaraba. Inoltre, non dev’essere più un tabù vedere nella Russia e nel Giappone importanti partners strategici, la prima per quanto concerne la questione energetica, mentre il secondo per lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia.
Con la sicurezza non si scherza, pertanto propugno il ripristino della pena di morte per gli autori di crimini efferati e ritengo imprescindibile la legittimità della difesa nell’ambito domestico, a salvaguardia dell’integrità fisica come della proprietà privata, rendendo così più semplice la detenzione di armi da fuoco (chiaramente dopo aver effettuato un accurato screening dei parametri psichici, oltre ai doverosi accertamenti sui precedenti penali). Le gravi inefficienze di alcuni apparati della Pubblica amministrazione, che risultano dispendiosi e sostanzialmente inutili e causa principale dell’ingigantimento clientelare, sono evidenti. Ciò mi rende un convinto sostenitore di una sostanziale privatizzazione di molti servizi e funzioni che potrebbero essere svolti da enti di natura privata, a costi contenuti ed esiti migliori. Il settarismo politico è così servito, con la nascita di una corrente politico-culturale che si frapponga all’ipocrisia dilagante e che si caratterizza con un’energia e un entusiasmo del tutto nuovi.
Le immagini: a uso gratuito da pxfuel.com.
Ernesto Ambrogio
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 179, novembre 2020)