A tre anni dall’omicidio Caruana Galizia, la situazione nella chiacchierata isola del Mediterraneo non sembra essere cambiata: corruzione, fiscalità irrisoria e istituzioni indebolite
Alle 14,58 del 16 ottobre 2017, la giornalista maltese Daphne Caruana Galizia viene fatta esplodere mentre si trova alla guida della sua auto. La vicenda suscita enorme clamore mediatico e il premier laburista dell’esecutivo maltese Joseph Muscat – in virtù del coinvolgimento nel caso di alcuni membri del suo stesso governo – è costretto a chiedere elezioni anticipate.
Daphne stava investigando sull’implicazione dei ministri del governo maltese Kondard Mizzi e Keith Schembri (oltre alla moglie dello stesso Muscat) nello scandalo Panama Papers, i cui documenti riservati dimostravano il possesso di società da parte di funzionari pubblici e capi di governo in paradisi fiscali posti in oltre 40 Paesi. L’omicidio della giornalista investigativa ha puntato i riflettori dell’opinione pubblica sui problemi di corruzione e libertà di stampa che coinvolgono la piccola isola del Mediterraneo, oltre a porre seri interrogativi sull’indipendenza della magistratura e sullo stato di salute della democrazia. A distanza di tre anni dalla morte di Caruana Galizia, le sue inchieste vengono portate avanti grazie al coordinamento di 18 media internazionali, riuniti nel “The Daphne Project”; tuttavia, i mali che affliggono la società maltese sembrano essere sempre gli stessi. Che Malta soffra di una «pessima reputazione» è un dato di fatto: secondo alcune inchieste de L’Espresso, è un’«isola del tesoro» per migliaia di italiani che si dedicano indisturbati a evasione fiscale e riciclaggio. Ma, secondo quanto riporta il Corriere di Malta – quotidiano della comunità italofona –, si tratta di un quadro parziale. Infatti, esistono vasti strati dell’economia perfettamente legali e certo allettanti per gli imprenditori nostrani.
Insomma, come titola l’inchiesta firmata da Giampiero Moncada, esiste un «altro tesoro di Malta», un’imprenditoria sana che non si fonda solo su «servizi» ed «economia immateriale». Storicamente attraente per gli investimenti stranieri, dalla sua entrata nell’Unione europea (2004) Malta è stata spesso accusata di «dumping», ovvero di «concorrenza sleale con tasse troppo basse».
Moncada precisa come, sebbene sia possibile «arrivare a un’imposizione fiscale del 5%», la condizione per beneficiare di un trattamento fiscale così favorevole è che «i profitti realizzati a Malta […] devono rimanere a Malta». Grazie ai «parametri di uniformità fiscale» Ue, infatti, se un cittadino europeo «paga meno del 35% [l’aliquota media europea, ndr], al momento in cui riporterà il denaro nel proprio Paese dovrà pagare l’intera differenza con quanto avrebbe pagato» laddove ha realizzato il profitto. Nonostante ciò, nel Country Report Malta 2019 redatto dalla Commissione europea la prima «priorità di riforma» a essere indicata è proprio la «tassazione»: Malta sta sì «agendo per frenare la pianificazione fiscale aggressiva» ma, «sebbene nel complesso sia forte, la trasparenza fiscale potrebbe essere ulteriormente migliorata». Ancora, nel maggio 2020, il Consiglio dell’Unione europea formulava una «raccomandazione» a «intensificare gli sforzi per […] attenuare i rischi di riciclaggio» e potenziare «gli interventi» contro «la pianificazione fiscale aggressiva da parte degli individui e delle multinazionali».
La sfera fiscale non è però la sola a evidenziare carenze. La Commissione europea, a tal proposito, ha ripetutamente chiesto «un’indagine completa e indipendente sulle circostanze dell’assassinio di Daphne Caruana Galizia», scevra da ogni «ingerenza politica». Queste richieste, sollecitate anche nel luglio 2020 dal commissario europeo alla Giustizia Didier Reynders, si inseriscono in un più generale quadro di perplessità «relative al sistema giudiziario maltese e alla corruzione». Ciò che, secondo la Commissione, ancora mina «l’indipendenza della magistratura» è soprattutto la mancanza di un «servizio separato di magistratura inquirente».
Il peso dell’omicidio Caruana Galizia non si limita solo all’ambito fiscale (per le sue inchieste sull’evasione) e a quello giudiziario, ma va a intaccare anche la tenuta democratica e la percezione della corruzione. Secondo il Democracy Index 2019 stilato dall’intelligence unit del The Economist, Malta è stata declassata da “democrazia compiuta” alla categoria “democrazia imperfetta”. Inoltre, nel Corruption perceptions index 2019 redatto dall’ong Transparency International, l’isola ha registrato «un calo significativo, scendendo di sei punti rispetto al 2015». Nonostante si trovi ancora una posizione sopra l’Italia (al 51° posto su 180 nazioni), «il Paese è impantanato nella corruzione». Vittima di queste fragilità sistemiche è la libertà di stampa e di espressione: secondo quanto riporta il Report on Human Rights Practices prodotto dal Dipartimento di Stato americano, «la commemorazione pubblica della giornalista assassinata [Daphne, ndr] è stato l’obiettivo della censura di politici del partito di governo e funzionari pubblici».
Ed è proprio il livello di indipendenza dalla politica che Louiselle Vassallo, ricercatrice dell’Università di Malta, segnala come «ad altissimo rischio (94%)»: infatti, «non c’è legge che rende gli incarichi governativi incompatibili con la proprietà dei media. Ai partiti politici, inclusi quelli di governo, è espressamente permesso possedere, controllare o essere responsabili editoriali di televisioni nazionali e servizi radiofonici».
Le immagini: l’ex premier maltese Joseph Muscat e il ministro Konrad Mizzi; la testata de Il Corriere di Malta; un memoriale spontaneo per Daphne Caruana Galizia; uno scorcio panoramico di Malta.
Edoardo Anziano
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 177, settembre 2020)