Oggi, 12 maggio, è la Giornata mondiale contro la fibromialgia: la difficile convivenza con un male doloroso, la solidarietà sulla Rete
Da modella con collaborazioni importanti, non ultima Playboy Italia, a testimonial contro la fibromialgia, patologia dalla quale è affetta da diversi anni, che decide di portare la propria condizione su Instagram. Proprio il social che, per molti, è sinonimo di irresistibile leggerezza, poco avvezzo a qualsiasi argomento serioso, può diventare l’epicentro di una battaglia volta a far conoscere una patologia per certi versi silenziosa, non ancora riconosciuta, strisciante, spesso etichettata come una malattia non reale ma che, per chi ne soffre, è reale, eccome. In questa data, 12 maggio, indicata come Giornata mondiale contro la fibromialgia, raccontiamo la storia di Ludovica Di Rito, 30 anni, modella residente a Bologna e affetta proprio da fibromialgia. Da qualche tempo Veronica ha deciso di utilizzare il proprio profilo Instagram (https://www.instagram.com/ludovica.dirito/), molto seguito, per una battaglia sociale: far parlare di fibromialgia.
Ludovica, ci parli intanto brevemente di te?
«Ho 30 anni e sono laureata in Lettere e Filosofia a Roma e in Arti Visive a Bologna, città dove vivo dal 2011. Da nove anni sono una fotomodella, pubblicata su tante riviste come Playboy Italia e altre. Ho lavorato anche con Le Iene».
Come nasce l’idea di portare la fibromialgia su Instagram?
«L’idea di portare la fibromialgia su Instagram è nata dopo un grande lavoro su me stessa perché io, per anni, ho nascosto questa malattia. Me ne vergognavo, mi faceva sentire sola e fragile e non volevo mostrarmi vulnerabile. Ad un certo punto ho iniziato a volerne parlare perché era diventata talmente grande da occupare buona parte della mia vita e delle mie giornate. Ho voluto condividere con il mio pubblico (su Instagram quasi 100mila followers, ndr) quanto mi stesse succedendo e quanto io stessi soffrendo».
Quindi, l’intento è quello di far conoscere la fibromialgia?
«Esatto, ho cercato di accompagnare il mio pubblico dentro questo mondo, facendomi vedere anche mentre soffrivo, mentre ero coricata sul letto piena di dolori e imbottita di farmaci. All’inizio per me è stato molto complicato, si trattava di una condizione molto intima. Io, che ero abituata a mostrare il mio corpo seminudo, mi sono sentita meno “coperta” che mai. Ma l’obiettivo di provare a spiegare cosa fosse questa malattia così sconosciuta ha avuto la meglio».
Il tuo pubblico era abituato a vederti in veste da fotomodella: qual è stata la reazione?
«Inizialmente avevo paura della reazione del mio pubblico, non lo nego. Invece devo dire che è stata una risposta fantastica. Tanto affetto, tanto amore e perfino tante persone che mi hanno scritto per dirmi che erano affette loro stesse da fibromialgia. In molti mi chiedono anche consigli sulle cure, che comunque non ho mai diffuso, dato che io stessa non ho una soluzione efficace per tale patologia; del resto, per la fibromialgia non ne esistono. Quello che provo a fare è dare conforto, cercare di fare gruppo per sentirci meno soli».
Sei diventata un riferimento su Instagram per la fibromialgia?
«Per certi versi sì: in molti mi stanno ringraziando e mi considerano un esempio, forse per la decisione di mettere su Instagram la mia sofferenza. Ma io non credo di poter essere considerata tale. Il fatto di ricevere tantissimi messaggi di gente che mi ringrazia è uno stimolo che mi aiuta a vivere con un po’ meno dolore la mia malattia».
Cosa vorresti ottenere con questa tua battaglia?
«Il mio obiettivo sarebbe quello di contribuire, seppur in piccolissima parte, a far sì che la fibromialgia venisse riconosciuta come malattia a tutti gli effetti. Ad oggi noi affetti da fibromialgia siamo dimenticati, quasi dei fantasmi: non esistiamo. Sarebbe giusto che le persone affette da questo disturbo avessero un minimo di sostegno, fossero supportati anche economicamente per i tanti esami, le numerosissime visite, i farmaci che vengono prescritti per tentare di attenuare i dolori. Vorrei che si tentasse di rendere la vita dei malati di fibromialgia un po’ più vivibile».
Ci racconti brevemente il tuo iter con la fibromialgia?
«Mi fu diagnosticata nove anni fa, non sapevo neanche cosa fosse. All’inizio non era così terribile, poi è peggiorata. Sono stata visitata da tantissimi medici, non tutti hanno capito realmente cosa avessi e non tutti mi sono stati di aiuto: ho speso parecchio denaro tra visite e cure, che spesso si sono rivelate anche controproducenti. Un vero e proprio tour in tutta Italia, ma nessuno riusciva a darmi una cura».
Come hanno provato a curarti?
«Ho preso di tutto, perfino la morfina (prescritta dai medici, ovviamente): ma non mi faceva effetto. Ho avuto momenti di dolore insostenibile, nei quali ho fatto anche brutti pensieri. Ma l’esperienza più brutta è quando gli altri, le persone intorno, ti dicono che, in fondo, sei affetta da una malattia che non è poi così grave e non è mortale».
Carmela Carnevale
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 185, maggio 2021)