Le pessime figure dell’“intellighenzia” nostrana intorno a un fatto, forse in sé trascurabile, che, grazie ai polveroni sollevati contro la magistratura, sta diventando gravissimo
Intorno alla famosa telefonata Mancino-Napolitano s’è sollevato un polverone incredibile, del cui ultimo (per ora) capitolo è protagonista il glorioso Panorama, ora divenuto foglio berlusconiano al suo servizio, con le proprie cosiddette “ricostruzioni”. Una sorta di crociata trasversale pretende di difendere la privacy presidenziale a tutti i costi, inventando un tentativo di rovesciamento della democrazia da parte di forze occulte capeggiate da alcuni intellettuali, come Gustavo Zagrebelsky e Marco Travaglio, peraltro molto ben documentati sui pur complessi dettati costituzionali.
La magistratura non sembra in difetto nel trattenere e nell’analizzare il contenuto della famosa telefonata fra “vecchi amici”, guarda caso pure personaggi pubblici. Cosa c’entri l’idea di un golpe in tutto questo rimane un mistero, che deprime alquanto la nostra stima nell’intellighenzia italiana. Che sia stato il berlusconismo (il secondo, più triste “ventennio”) a favorire tutto questo? Certo dispiace che menti come Eugenio Scalfari vadano a discettare violentemente su prerogative presidenziali che, nel caso, sono del tutto assenti, come gente più esperta di lui in diritto costituzionale dimostra in modo chiaro. Non si capisce perché uno che fa il giornalista debba piccarsi di saperne più, in questo campo, di un altro che di mestiere fa il giurista. Scalfari non è affatto solo, anzi vanta una pletora di giuristi improvvisati che gridano a uno scandalo che non esiste.
La trattativa Stato-mafia – ammessa dal Tribunale di Firenze nel marzo del 2012 durante il processo a Francesco Tagliavia per la strage di Via dei Georgofili del 27 maggio 1993 (5 morti e 48 feriti) – è resa opaca dalla mancanza dei “dettagli” che, grazie agli attori politici del tempo, giacciono nel «dico e non dico» di italica memoria. Intorno alla vicenda è stata montata una farsa tragica e vergognosa, che offende in modo implacabile e doloroso le figure per eccellenza della legalità, Falcone e Borsellino, senza dimenticare, ovviamente, tutte le altre vittime degli attentati mafiosi. Forse sarà utopistico crederci, ma si dovrà pur giungere acapire se e chi ha sbagliato. Le mezze misure servono a ben poco.
Non vogliamo neanche pensare a Napolitano coinvolto, in qualsivoglia modo, nella faccenda. Per questo è sacrosanto che la magistratura faccia il proprio lavoro, dividendo il grano dal loglio. Di sicuro l’entourage presidenziale ha agito sconvenientemente e ha consigliato male il nostro presidente, inducendo il Colle, spalleggiato da un’Italia pavida e conservatrice del peggio, a sollevare il conflitto di attribuzione contro i pm di Palermo. Mancino, tuttavia, tanto buono ha dimostrato di non essere, raccontando addirittura qualche bugia e dimenticandosi i fatti. Forse la sua linea di galantuomo gli impedisce di andare oltre, di esporsi, nel timore di essere preso da un meccanismo che non può controllare. Forse c’entra pochissimo o non ha proprio niente a che fare con la famosa e nebulosa trattativa, ma potrebbe aprire qualche varco nella nebbia della memoria, magari con un gesto di coraggio…
L’immagine: foto di Marco Travaglio (autore: Niccolò Caranti – Jaqen; fonte: www.flickr.com) e del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.
Dario Lodi
(LucidaMente, anno VII, n. 81, settembre 2012)