Le votazioni per eleggere il presidente della Repubblica hanno rimesso in sella una classe politica disastrosa, che sembrava giunta al capolinea
La rielezione di Giorgio Napolitano a presidente della Repubblica è una chiara vittoria di Silvio Berlusconi, ovvero del sistema di potere consolidatosi attorno a lui, che per vent’anni ha “governato” l’Italia con l’aiuto diretto e indiretto della sinistra. Il Cavaliere, dopo aver riscosso l’eredità craxiana, ha perfezionato il meccanismo di sottogoverno esistente durante la fase terminale della Prima Repubblica, grazie all’assunzione, presso la sua corte, di eunuchi, lacchè e di qualche avvenente valchiria, sempre proni al suo volere.
La sinistra ha cercato di imitarne il modello, con qualche lieve ritocco. Mentre, infatti, il ritornello prevalente nella destra italiana è stato «ruba più che puoi, dove ti capita, e non pentirti affatto», quello della sinistra è stato «ruba poco e solo se puoi, farai meno fatica a pentirti». Pur avendo accantonata l’idea di “santificare” Bettino Craxi, la classe dirigente della Seconda Repubblica non ha fatto altrettanto con un certo modo di governare. Si è, pertanto, ricreato un corpus politico privilegiato, a vocazione saprofita, che ha finto di operare paternalisticamente (come una sorta di nuovo peronismo), salvo poi agire concretamente in favore dei ceti più abbienti, destinando loro ingenti risorse economiche e garantendone i lussi e i privilegi, a discapito delle sempre più bistrattate masse popolari.
Il Partito democratico, pur uscendo deluso dalle scorse elezioni vinte per poco, avrebbe potuto avviare un nuovo corso: sarebbe stato sufficiente assumere un’iniziativa coraggiosa, suggerita dal disastro dell’ultimo lustro di politica italiana e da oltre un anno di governo tecnico, ben poco lungimirante. Pierluigi Bersani è riuscito, però, a tergiversare, cercando appoggi a destra e a manca, con il cappello in mano, per la creazione di un governo dotato della solita approssimazione e cialtroneria: basta leggere gli otto punti indicati dall’ex leader democratico – utopici o realizzabili solo dopo sudate bibliche – per trasecolare! Certe proposte, per diventare credibili, devono essere avanzate da Beppe Grillo, che si presenta come elemento di rottura del vecchio sistema di potere, non certamente dal Pd, che ha una storia diversa alle spalle e si colloca su posizioni politiche molto più moderate.
Bersani è la fotografia di una classe dirigente incapace, inetta e del tutto inaffidabile. La pochezza della visione strategica dei vecchi partiti e la loro sostanziale disconoscenza della drammatica situazione in cui versa l’Italia sono ormai evidenti a tutti. Dopo la rielezione di Napolitano, si andrà a ratificare un “governo di larghe intese”, che rappresenterà il trionfo del rinato trasformismo, fra lo stupore e l’incredulità di una popolazione delusa a morte e stremata, sia materialmente che moralmente. La scrollata inferta al sistema dal Movimento 5 stelle – almeno per ora – sembra non aver prodotto gli effetti sperati. Saranno, però, in grado gli eunuchi, i lacchè e le valchirie di risolvere i gravi problemi economico-sociali che attanagliano il Paese? Ne dubitiamo fortemente.
Dario Lodi
(Lucidamente, anno VIII, n. 88, aprile 2013)