Franco Maccari, segretario del sindacato di polizia Coisp, dice la sua sull’ennesima indagine giudiziaria riguardante il “business immigrazione” e i suoi profittatori
«Il Cara di Crotone è una bomba a orologeria dove i poliziotti rischiano ogni giorno la vita e che costa di milioni di euro i quali, a leggere i titoli di tutti i media nazionali, vanno a ingrassare la criminalità organizzata. Diviene sempre più chiaramente visibile la vera fisionomia del “sistema della solidarietà” in Italia… un vero e proprio business che, lungi dal fare davvero il bene dei migranti che meritano accoglienza e tutela, è solo un “baraccone” fetido e al limite della disumanità».
«Un pozzo nero in cui svaniscono milioni di euro che comunque arricchiscono pochi e che non fanno il bene dei tanti che ne avrebbero davvero bisogno. Il tutto a spese, anche e soprattutto, dei tanti poliziotti travolti nel gorgo di servizi al limite del sopportabile, in cui si fanno in quattro, in condizioni parimenti disumane, senza che questo serva ad affrontare seriamente il problema. La vergogna dell’assurda, inadeguata, dannosa gestione del massiccio fenomeno migratorio senza precedenti trova ogni giorno conferme sempre più autorevoli; eppure noi facciamo da anni denunce gravissime, che non hanno avuto seguito». Queste le amare dichiarazioni di Franco Maccari, segretario generale del Coisp, Sindacato indipendente di polizia, dopo la maxioperazione antimafia effettuata a Crotone per l’esecuzione di 68 fermi che ha colpito la cosca Arena. Le accuse vanno dall’associazione mafiosa all’estorsione, porto e detenzione illegale di armi, malversazione ai danni dello Stato, truffa aggravata, frode in pubbliche forniture.
Secondo le imputazioni, il clan controllava anche il Cara (Centro di accoglienza per richiedenti asilo) della città pitagorica, il più grande d’Europa, e, sui 103 milioni di euro che lo Stato ha destinato dal 2006 al 2015 per la gestione del centro di Crotone, ben 36 sarebbero finiti alla cosca degli Arena. In manette sono finiti anche Leonardo Sacco, presidente della sezione calabrese e lucana della Confraternita delle Misericordie, organizzazione che da dieci anni gestisce il Cara di Isola Capo Rizzuto, e il parroco del paese, don Edoardo Scordio, entrambi accusati a vario titolo di associazione mafiosa, oltre che di vari reati finanziari e di diversi casi di malversazione, crimini aggravati dalle finalità mafiose. Secondo le indagini, Sacco avrebbe stretto accordi con don Scordio, parroco di Isola e tra i fondatori delle Misericordie, per accaparrarsi tutti i subappalti del catering e di altri servizi. Grazie a Sacco la ’ndrangheta sarebbe riuscita a mettere le mani sui fondi governativi versati non solo per la gestione del Cara calabrese e di due Spraar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) aperti nella medesima zona, ma anche per quella dei centri di Lampedusa (vedi A chi i profughi? A noi!).
«Sono anni che dalla Calabria si leva un vero e proprio grido di denuncia da parte del Coisp» prosegue Maccari. «Appena dieci mesi fa l’ultima volta che abbiamo chiesto con tutta la nostra forza che si mettesse la parola fine alla vergogna del centro più grande d’Europa dove di grande c’è soprattutto la violazione di ogni regola di umanità e di buonsenso e la fine di ogni garanzia dei diritti degli operatori della sicurezza. La denuncia di una vera e propria polveriera pronta a esplodere, all’interno della quale le condizioni igienico-sanitarie e quelle della sicurezza sono ben oltre il limite del tollerabile. Dove nulla depone nel senso di una seria, controllata ed efficace gestione del fenomeno migratorio, e dove i colleghi vivono un vero e proprio incubo di pericoli, insidie e disumanità, che oltre tutto condividono con i migranti». Insomma, una politica che non ascolta la voce dei propri tutori dell’ordine e della sicurezza. E che attende sia la magistratura ad agire per ripristinare la legalità…
(m.d.z.)
(LM MAGAZINE n. 30, 19 maggio 2017, Speciale Moda e viaggi, supplemento a LucidaMente, anno XII, n. 137, maggio 2017)