Nel saggio “Sovranità limitata” (Laterza) Luciano Canfora traccia il ritratto della destra radicale del Belpaese e critica l’attuale governo per aver ceduto alle pressioni politiche della Nato e dell’Unione europea. Intanto si comincia a parlare di “premierato forte”
Il 3 maggio scorso il Parlamento europeo ha votato a larga maggioranza la procedura d’urgenza per approvare l’Act in support of ammunition production (Asap). Questo provvedimento accrescerà la produzione di munizioni dell’Unione europea, consentendo così di aumentarne la fornitura all’Ucraina. Si sono espressi a favore quasi tutti gli eurodeputati di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Lega per Salvini. Il voto ha assunto un significato politico, segnando «l’allargamento della maggioranza europea […] al gruppo dei Conservatori e questo peserà sui destini futuri europei» (Salvatore Cannavò, A Strasburgo sono tutti concordi: più munizioni, anche coi fondi del Pnrr, in il Fatto Quotidiano, anno 15, n. 127, 10 maggio 2023).
Il trasformismo di Giorgia Meloni
La destra radicale italiana ha professato a lungo l’euroscettismo, flirtando con la Russia putiniana. Da qualche tempo, però, sembra essersi convertita all’atlantismo e all’europeismo. È risaputo, infatti, che nel 2021 Giorgia Meloni è diventata socia dell’Aspen Institute, il think tank che ha sede a Washington (vedi Francesco Bechis, Meloni l’americana. Se la leader di Fdi entra nell’Aspen Institute).
Del trasformismo meloniano si è occupato Luciano Canfora che, nel saggio Sovranità limitata (Laterza, p. 104, € 12,00), traccia il ritratto della destra radicale nostrana e critica l’attuale governo per aver ceduto alle pressioni politiche della Nato e della Unione europea. Lo storico pugliese – nel Prologo – asserisce che l’Italia repubblicana non è mai stata realmente sovrana e, a tal proposito, rammenta che «Mattei, Moro, Craxi tentarono, nel corso del tempo, di “ritagliare”, per il nostro paese, spazi di una nostra politica estera: […]. Ma furono in varie guise liquidati».
Una nazione a sovranità limitata
Ogni tentativo dei politici della Prima repubblica di sottrarsi al giogo statunitense fallì perché – in base agli Accordi di Yalta (1945) – il Belpaese «era e continuava ad essere un paese a sovranità limitata, e non doveva dimenticarlo». Al Partito comunista italiano (Pci) fu preclusa la possibilità di governare, facendo ricorso persino al terrorismo e alle minacce di colpo di stato (vedi L’Italia a “sovranità limitata”). La “teoria degli opposti estremismi”, tuttavia, emarginò anche il Movimento sociale italiano (Msi), che durante la Prima repubblica non entrò a far parte di alcun esecutivo.
I veti, tuttavia, sono decaduti dopo il crollo dell’Unione sovietica. Infatti, gli eredi del Pci (Partito democratico di sinistra, Partito della rifondazione comunista, ecc.) e del Msi (Alleanza nazionale e Fratelli d’Italia) hanno partecipato a vari governi della Seconda repubblica, a patto però di sottostare ai diktat dei “poteri forti” (Banca centrale europea, Banca mondiale, Fondo monetario internazionale, ecc.).
L’atlantismo neofascista e postfascista
Il Msi fu inizialmente ostile alla Nato, ma mutò posizione al III Congresso, svoltosi a L’Aquila nel luglio 1952. In quella circostanza, infatti, il segretario Arturo Michelini dichiarò la propria fedeltà atlantica, che «divenne una divisa mai più dismessa dal partito neofascista». Non fu per caso, dunque, se alle elezioni politiche del 1972 venne eletto nelle liste missine l’ammiraglio Gino Birindelli, ex comandante navale della Nato per il Sud Europa.
Anche l’attuale leader di Fdi ha cambiato nel tempo atteggiamento verso l’Alleanza atlantica. Nel 2016 aveva criticato lo schieramento delle truppe della Nato in Lettonia, asserendo che «l’Europa e l’Italia non hanno alcun interesse a creare un clima di guerra fredda con la Russia». Da alcuni anni, invece, ha aderito all’atlantismo più ortodosso, assumendo posizioni intransigenti verso i russi (vedi Il discorso di Meloni sulle armi a Kiev e contro Putin che spopola in Ucraina).
Le pulsioni presidenzialiste e autonomiste
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella – nel discorso televisivo tenuto lo scorso 31 dicembre – ha annunciato la fine dell’«arco costituzionale», ossia il superamento della preclusione politica verso gli ex missini, legittimando così la nomina a premier di Meloni. Mattarella, tuttavia, ha anche sottolineato che la Costituzione italiana «non va stravolta» da riforme che alterino l’equilibrio dei poteri dello Stato a vantaggio di quello esecutivo.
Il monito presidenziale si riferiva alle modifiche costituzionali caldeggiate dai tre principali partiti della maggioranza (Fdi auspica il “premierato forte”, Fi vuole l’elezione diretta del presidente della Repubblica, la Lega auspica l’“autonomia differenziata”). Canfora, in tal senso, è convinto che l’attuale governo cercherà di cambiare la Costituzione, non tanto perché voglia metterne in discussione l’impianto democratico, quanto per consolidare il voto dei propri sostenitori più conservatori. Una parte dell’elettorato di destra, infatti, crede ancora nella «prospettiva salvifica dell’uomo “forte” spinto in alto, magari plebiscitariamente, dal “popolo”».
Gli errori della «cosiddetta sinistra italiana»
Alle scorse elezioni la destra radicale ha riscosso ampi consensi tra gli operai, grazie ai madornali errori della «cosiddetta sinistra italiana», fautrice del neoliberismo, nonché di un «europeismo oltranzista e astratto» (vedi I sondaggi politici di Pagnoncelli: elezioni politiche 2022, chi sono oggi gli elettori italiani di ciascuna forza politica?). Fdi, in particolare, ha saputo «convogliare lo scontento popolare», presentandosi agli elettori come l’«unica opposizione ad un governo che provava fastidio anche solo ad incontrare i sindacati».
Il nuovo esecutivo, tuttavia, non si è discostato dal solco tracciato da Mario Draghi e ha abolito il “reddito di cittadinanza”, aumentato l’invio di armi all’Ucraina, premiato gli evasori fiscali e inasprito le leggi antimmigrazione. Canfora, in tal senso, fa notare come Ursula von der Leyen e i vertici della Ue siano – almeno temporaneamente – in piena sintonia col governo italiano, soprattutto su due questioni: «armi a volontà a Zelensky e bando ai migranti».
L’involuzione autoritaria delle nostre istituzioni
La coalizione di destra appare solida, ma la sua tenuta «è in realtà legata piuttosto alla prosecuzione dell’attuale guerra in Europa». Un «governo armigero» come quello presieduto da Meloni, infatti, fa molto comodo a Joe Biden, che lo sosterrà quantomeno «finché dura tale emergenza». L’opposizione di centrosinistra è debole e frammentata, mentre è in forte aumento l’astensionismo, sintomo che tra i cittadini «vi è sfiducia crescente nei meccanismi stessi della lotta politica».
Questo dato rappresenta un grave campanello d’allarme, perché sta a indicare che ormai «volge al declino l’era […] della democrazia politica». L’involuzione autoritaria delle nostre istituzioni – innescata nel 2021 dalla nomina di Draghi a Palazzo Chigi (vedi Il ticket Draghi-Mattarella ulteriore tracollo per la democrazia italiana) – sembra destinata a progredire nel corso della legislatura, soprattutto se in Parlamento si troveranno i numeri per approvare senza referendum la riforma costituzionale che amplierà i poteri del presidente del Consiglio.
Le immagini: Messa a fuoco selettiva di catene durante l’ora d’oro (autore Joey Kyber, concessa a uso gratuito per https://www.pexels.com/it-it/); Enrico Mattei, Aldo Moro e Bettino Craxi (composizione dell’autore; fonte: www.wikipedia.it); simbolo del Movimento sociale italiano (fonte: www.wikipedia.it).
Giuseppe Licandro
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 210, giugno 2023)