Sono sempre di più i dipendenti pubblici “scorretti” che vengono scoperti, ma pochi finiscono per pagarla davvero
Gli intoccabili, film culto del 1987, diretto dal maestro del cinema Brian De Palma, mette in scena le vicende di Al Capone (interpretato da un magistrale Robert De Niro) e della sua banda criminale, convinti di essere, per l’appunto, “intoccabili” perché protetti dalla connivenza delle alte sfere della magistratura e della polizia. Traslata nella realtà odierna del Belpaese, questa sembra essere la condizione di molti dipendenti pubblici italiani, colpiti da una serie innumerevole di scandali, ma raramente puniti col licenziamento.
Uno degli ultimi casi ha toccato la zona d’Imperia. Qui, lo scorso settembre, la vigilessa Adriana Fausto si è piazzata sul gradino più alto del podio a una gara di atletica (specialità lancio del peso). La stranezza? Pochi giorni prima, la vigilessa si era messa in malattia, dopo aver accusato, a suo dire, forti dolori al ginocchio. Un infortunio che non le ha però impedito di partecipare alla gara, vincendola. Ad incastrarla è stata un’incauta foto, pubblicata sul suo profilo Facebook, che la ritrae sorridente sul podio. La vigilessa, tramite il suo legale Roberto Trevia, ha provato a scagionarsi affermando di aver partecipato alla gara il giorno che precedeva il suo ritorno al lavoro, quando ormai il disturbo al ginocchio era passato, ma a nulla sono valse le sue giustificazioni. La Fausto, in servizio da 25 anni nei vigili urbani d’Imperia, nel marzo scorso è stata sospesa per sei mesi, durante i quali non percepirà lo stipendio.
Un provvedimento definito «duro» sul sito on line del quotidiano La Stampa. Ma può davvero dirsi «dura» quella sanzione che, in un momento di grave crisi economica in cui i licenziamenti in massa e le aziende costrette a chiudere sono all’ordine del giorno, si limita soltanto a strigliare un dipendente “fannullone”? Il rischio non è quello di gettare nel caos il già travagliato mondo del lavoro pubblico, dove tuttora sembra vigere un poco trasparente stato d’illicenziabilità? Se viene data la possibilità di comportarsi come la Fausto senza rischiare il proprio posto di lavoro, allora tutto diventa lecito, persino timbrare il cartellino in mutande, come accaduto poco tempo fa nel Comune di Sanremo.
È una crisi di valori che deve essere fermata, iniziando col prendere provvedimenti esemplari contro coloro i quali impediscono alla macchina statale italiana di funzionare al meglio. È un male della nostra società che, oltre all’aspetto economico, danneggia anche moralmente perché scredita la categoria dei lavoratori statali “onesti”, che sono la netta maggioranza degli impiegati in questo settore. Serve un moto d’orgoglio da parte di questi lavoratori pubblici, che porti a denunciare le inadempienze dei propri colleghi “fannulloni” e mostri il lato produttivo e professionale di questo settore. Per dimostrare che le cose, in fondo, non stanno come le descrive Checco Zalone nel suo ultimo film campione d’incassi (vedi In Quo vado? gli stereotipi della Prima Repubblica in chiave comica), dove il comico pugliese interpreta uno svogliato dipendente comunale, simbolo di uno stereotipo italiano che non vorremmo ci venisse addossato, ma che forse meritiamo.
Gabriele Bonfiglioli
(LucidaMente, anno XI, n. 124, aprile 2016)