Fino al 18 settembre, a Roma, mostra itinerante su Nerone, tra Foro, Palatino e Colosseo
Il sovrano romano più controverso, adorato dalla plebe quanto inviso alla classe senatoria, ritratto generalmente come folle, spaventoso, come «colui che ambiva all’immortalità e alla fama imperitura», è, fino a domenica 18 settembre, oggetto di una mostra a Roma.
L’esposizione su Nerone è itinerante e si svolge nell’area compresa tra il Foro romano, il Palatino e il Colosseo, dove egli operò e condusse la sua vita, intrisa d’arte, di lusso sfrenato, ma anche di atroci orrori, come l’uccisione della madre Agrippina, del fratello Britannico e la morte di molti illustri personaggi, tra i quali spicca Seneca. Si comincia dalla Curia iulia, sede del Senato romano, entro la quale risaltano i ritratti marmorei dell’imperatore e della sua famiglia, proseguendo per il tempio di Romolo e il criptoportico, dove è in scena la magnificenza e l’ostentazione delle sue dimore, prima fra tutte la famosissima Domus aurea, che fu definita da lui stesso «finalmente degna di un uomo». Al secondo ordine del Colosseo (che ai tempi di Nerone non esisteva, in quanto al suo posto vi era un laghetto artificiale), si illustra l’incendio che devastò Roma nel 64 d.C. e di cui ancora si parla, dopo secoli e secoli di leggende e giudizi storici. Per nove giorni l’Urbe bruciò, facendo sì che una nuova città nascesse dalla cenere: Nerone fu il fautore della rinascita architettonica, prodigandosi nell’edilizia urbana con il gusto e l’ardore artistico che lo contraddistinsero indiscutibilmente.
Nella mostra si possono osservare i resti di quei giorni tragici dell’incendio: materiali rinvenuti alterati nella loro colorazione, dalla grata in ferro di una domus aristocratica alle anfore, ai bacini, agli attrezzi appartenuti a diverse tabernae, tutti riguardanti recenti scoperte, condotte negli scavi della valle del Colosseo e del Palatino. Sono circa duecento i pezzi tra sculture, rilievi, affreschi, dipinti e reperti, che raccontano della sua tirannia, mista a populismo, ma dannatamente intrisa di una perversione egocentrica che lo portava a ritrarsi come il Sole o come Apollo. Lungo il percorso espositivo, oltre allo sfarzo, si profila la personalità dell’ultimo rappresentante della dinastia giulio-claudia: un uomo debole, fragile e solitario, come lo ritroviamo nella tela di Achille Jemoli, che ritrae la sua morte, sfacciatamente umana e comune. Per la prima volta sarà possibile affacciarsi sugli scavi della Domus tiberiana, il palazzo che sorge sopra gli Orti farnesiani, dove Nerone visse con il patrigno Claudio e la madre, dove fu proclamato imperatore.
Altra novità, che si aprirà al pubblico in autunno, è la Domus transitoria, eretta prima della più famosa “Casa d’oro”. Per ora si può ammirare la sua ricostruzione virtuale al Museo Palatino, vicino alle splendide decorazioni parietali, uno degli esempi migliori di pittura neroniana. Una pittura che prediligeva i colori pastosi e i giochi di luce, lontana dal freddo e austero classicismo della prima metà dell’epoca giulio-claudia. E si arriva così al Tempio di Romolo, dove un Nerone cinematografico prende la scena, sotto le vesti di Peter Ustinov in Quo Vadis? o addirittura di Alberto Sordi. Anche Petrolini ne colse il personaggio e i fratelli Lumiére produssero un cortometraggio in suo nome: forse perché l’imperatore romano fu talmente leggendario, discutibile e folle, da meritare un posto speciale nel mondo del cinema.
L’immagine: Ritratto di Nerone, rilavorato come Domiziano, e poi restaurato come Nerone in Età moderna (provenienza ignota, marmo, dalla collezione Giustiniani, poi nella collezione Albani).
Lorella Angeloni
(LucidaMente, anno VI, n. 67, luglio 2011)