Appare sempre più probabile lo scontro militare tra Iran e Israele, dalle conseguenze imponderabili. Per le grandi potenze diventa fondamentale il controllo dei giacimenti di gas e petrolio scoperti nel Mediterraneo orientale
Finite le Olimpiadi di Londra, che hanno catalizzato l’attenzione mediatica mondiale per mezza estate, sono ritornati sotto i riflettori alcune delle guerre ancora in atto nel pianeta: quelle di più vasta portata, ricordiamo, sono ben trentuno (cfr. http://it.peacereporter.net/conflitti/9/1). L’area geopolitica più caotica rimane sempre quella del Medioriente, dove, oltre alla guerra civile in Siria, sono in corso da tempo sei conflitti militari. E qualche nuovo scontro armato si prospetta, sinistramente, all’orizzonte.
La recente scoperta di enormi giacimenti di petrolio e gas nel Mediterraneo orientale – in una zona compresa tra Cipro, Grecia, Israele, Libano, Siria e Turchia – ha acuito ulteriormente gli appetiti delle grandi potenze mondiali, contribuendo a rendere ancora più instabile la già precaria situazione mediorientale. Secondo taluni osservatori, la vera ragione dei conflitti internazionali scatenatisi nell’ultimo decennio (Afghanistan, Iraq e Libia) andrebbe ricercata proprio nella esigenza degli Usa e dei suoi alleati di garantirsi in varie zone del mondo il pieno controllo dell’estrazione degli idrocarburi (ma anche dei relativi gasdotti e oleodotti), le cui riserve, come si sa, non sono illimitate.
Il giornalista francese Thierry Meyssan, dietro le rivoluzioni arabe del 2011 e la guerra civile in atto in Siria, intravede la longa manus della Cia, sostenendo che in Medioriente si stiano definendo i nuovi rapporti di forza che regoleranno in futuro le relazioni internazionali (cfr. La Siria è solo un pretesto, in www.megachip.info). Continua, inoltre, il blocco militare ed economico imposto alla Striscia di Gaza dall’esercito israeliano, con i continui incidenti armati che ne derivano: ai primi di agosto, le truppe egiziane sono entrate in azione nel Sinai per fronteggiareun gruppo di miliziani palestinesi (presumibilmente jihadisti), che, dopo aver sequestrato alcuni blindati in Egitto, hanno varcato la frontiera israeliana, venendo subito ricacciati in territorio egiziano.
In tale contesto, già di per sé colmo di tensioni, si è inserito l’inasprirsi delle relazioni diplomatiche tra Iran e Israele. Venti di guerra soffiano imperiosi ormai da mesi tra i due stati: il premier israeliano Benjamin Netanyahu sembra seriamente intenzionato ad attaccare il regime degli ayatollah, col pretesto che quest’ultimo sta per munirsi di armi atomiche (già in possesso, peraltro, di Israele). Il blogger israeliano Richard Silverstein ha annunciato, a Ferragosto, l’esistenza di piani segreti messi a punto dal governo di Tel Aviv per colpire l’Iran (cfr. Israele, i piani segreti di guerra all’Iran. Un blogger svela e mette tutto online, in www.corriere.it). Non è detto, tuttavia, che la guerra comincerà tra breve, anche se la tensione rimane molto alta e l’opzione militare resta, purtroppo, plausibile.
Lo scontro armato tra Iran e Israele sarebbe pericolosissimo, sia per la forza militare dei contendenti, sia per la reazione a catena che si potrebbe innescare. L’Iran, infatti, è in buoni rapporti economici e diplomatici con la Cina e la Russia, che potrebbero non tollerare un’aggressione contro il governo di Teheran, intervenendo nel conflitto (come hanno fatto, indirettamente, in Siria, impedendo al Consiglio di sicurezza dell’Onu di approvare sanzioni contro il governo di Damasco). L’attacco israeliano potrebbe essere scongiurato, per un po’, dalle imminenti elezioni presidenziali negli Usa: Barack Obama, infatti, non gradirebbe una nuova guerra, almeno in campagna elettorale. Poi, però, la situazione potrebbe precipitare, con lo scoppio di una guerra mediorientale di grosse proporzioni, dagli esiti imprevedibili.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno VII, n. 80, agosto 2012)