La XIV edizione dei Campionati europei di calcio è stata vinta dalla Spagna, all’insegna del “tiqui-taca”. Onorevole il secondo posto degli azzurri di Cesare Prandelli
La Spagna si è aggiudicata meritatamente la XIV edizione dei Campionati europei di calcio, svoltasi in Polonia e in Ucraina, maramaldeggiando in finale (4 a 0) su una stanca nazionale italiana, che nulla ha potuto contro la ragnatela di passaggi e le rapide verticalizzazioni dei virtuosi calciatori iberici. Non è stato, in verità, un torneo particolarmente entusiasmante sul piano del gioco, perché l’eccessivo tatticismo ha reso spesso le partite monotone, sebbene non siano mancate le emozioni, soprattutto nelle gare a eliminazione diretta. L’aspetto più positivo della competizione è stato certamente il fair play che ha contraddistinto la maggior parte degli incontri, con tre sole espulsioni e un numero ridotto di ammonizioni. La correttezza è stata prevalente anche tra i tifosi sugli spalti e fuori: spesso, pur essendo di diversa nazionalità, si è tifato assieme, gli uni a fianco degli altri, senza alcuna tensione, anzi affratellandosi.
La squadra allenata da Cesare Prandelli, a parte la debacle finale, si è nel complesso comportata egregiamente e ha smentito i critici più incalliti che la giudicavano poco competitiva, riuscendo, nelle gare con Irlanda, Inghilterra e Germania, a esprimere un gioco di buona qualità, come non si vedeva da oltre un lustro. Ci auguriamo che Prandelli, dimostratosi competente sul piano tecnico e apprezzabile anche sul lato umano, non venga adesso messo in croce dalla solita stampa sportiva nostrana, notoriamente faziosa e voltagabbana, e che gli si attribuiscano i giusti meriti, senza stare troppo a sottilizzare sugli errori da lui commessi durante la finale. Non è certo facile, del resto, gestire un gruppo dove ci sono calciatori dal rendimento incostante e dal carattere irrequieto, oltre tutto impegnati per otto mesi in estenuanti tornei nazionali e internazionali.
Domenica 1 luglio, al cospetto delle superlative Furie rosse, c’era poco da fare. La compagine iberica, sapientemente allenata da Vicente Del Bosque, ha senza ombra di dubbio dominato il torneo, come stanno a testimoniare anche i dati statistici: la Spagna ha vinto tutte le otto partite di qualificazione, mentre nella fase finale ha realizzato dodici reti, ne ha subita solo una, ha mandato in gol sette giocatori differenti e ha mantenuto il possesso della palla mediamente per il 60% del tempo delle sue gare. L’unico appunto che si può muovere agli spagnoli è che talvolta il loro tiqui-taca è risultato stucchevole, quasi fine a stesso e un po’ sterile in fase conclusiva (si è fatta sentire, almeno in parte, l’assenza di un attaccante di qualità come David Villa, da molti mesi lontano dai campi di gioco in seguito a un grave infortunio patito lo scorso anno).
Non sono, tuttavia, mancate le note negative in margine alle sfide calcistiche. Innanzi tutto, il caso Tymošenko. Poi, sempre in Ucraina, la triste vicenda del vile massacro di cani e gatti randagi, perpetrato dalle autorità locali in previsione dell’arrivo dei tifosi stranieri (in proposito cfr. Dario Lodi, I cani e i gatti ucraini e gli Europei di calcio, in LucidaMente, n. 78). Ancora, la fastidiosa presenza in tribuna d’onore di vari leader politici europei, anche negli incontri meno importanti, con intenti propagandistici e strumentali che con lo sport c’entrano poco o nulla. Infine, le scene di isterismo collettivo che hanno riguardato parte dei tifosi, troppo coinvolti emotivamente dagli eventi agonistici, con un preoccupante aumento degli atti di vandalismo e della xenofobia (vedi i festeggiamenti con spari a Como, gli incidenti di Milano e Roma al termine della finale, ma anche gli insulti rivolti ai giocatori di colore e gli scontri tra sostenitori polacchi e russi).
Da segnalare il comportamento ammirevole mantenuto dai tifosi dell’Eire, i quali hanno sempre festeggiato allegramente, nonostante il disastroso rendimento della squadra allenata da Giovanni Trapattoni, che ha rimediato tre sonore sconfitte. Purtroppo, oggi le competizioni calcistiche sono sempre più investite di significati che travalicano l’autentico spirito sportivo (incarnato, secondo noi, proprio dai supporter irlandesi), anche a causa del martellante tam-tam dei mezzi di informazione. Non servirà certo a temperare gli eccessi la decisione, presa dalla Uefa, di allargare a ventiquattro il numero delle partecipanti alla fase finale del prossimo Campionato europeo, che si terrà in Francia nel 2016, rendendo ancora più intensa e stressante la competizione. Gli interessi delle emittenti televisive e gli intrecci economico-politici condizionano sempre di più il “gioco più bello del mondo”, ampliando a dismisura i tornei, anche a costo di snaturarne la reale valenza sportiva.
Le immagini: il logo degli Europei 2012 e un fotomontaggio che ritrae insieme Mario Balotelli e Andrés Iniesta (fonte: http://www.online-news.it).
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno VII, n. 79, luglio 2012)