Il parlamento ungherese ha approvato una riforma costituzionale antidemocratica, che potrebbe rappresentare un’insidia per il resto dell’Europa
L’11 marzo 2013 il parlamento dell’Ungheria ha attuato un vero e proprio golpe bianco, apportando sostanziali emendamenti alla Costituzione, che hanno ridotto i poteri della Corte costituzionale, annullandone alcuni verdetti emessi in precedenza. Si tratta di una vicenda estremamente grave, che potrebbe ripercuotersi negativamente sul resto dell’Europa.
Tra le modifiche apportate, il parlamento magiaro ha inserito anche varie norme antidemocratiche, che limitano la libertà di espressione, dichiarano fuorilegge il Partito comunista ungherese, negano i diritti civili alle coppie di fatto, proibiscono ai “senzatetto” di dormire per strada e impediscono ai giovani, dopo il conseguimento della laurea, di uscire dall’Ungheria per dieci anni. L’opposizione ha cercato, inutilmente, di frenare la deriva autoritaria: al momento del voto i socialisti dell’Mzsp hanno abbandonato l’aula parlamentare e il 12 marzo alcune migliaia di persone hanno manifestato, davanti al castello di Buda, per chiedere al presidente János Ader di non firmare le riforme costituzionali. Il vento reazionario che soffia sullo stato danubiano, tuttavia, sembra destinato a non placarsi, anche a causa delle blande rimostranze provenienti dalla Ue, i cui aderenti si sono limitati a stigmatizzare verbalmente la svolta autoritaria.
Promotore della brusca “sterzata a destra” è il primo ministro magiaro Viktor Orbán, leader della Fidesz – Unione civica ungherese, una formazione politica cristiano-conservatrice, che alle ultime elezioni politiche ha ottenuto il 53% circa dei consensi. Nata nel 1990, dopo la dissoluzione del regime comunista, la Fidesz era in origine un partito progressista, che Orbán spostò su posizioni di centrodestra nel 1993, vincendo le elezioni del 1998, con un programma che prevedeva riforme di tipo liberista. Nel 2002, la Fidesz è stata sconfitta dall’Mzsp, che, però, è stato successivamente travolto da uno scandalo nel quale è rimasto coinvolto il primo ministro Ferenc Gyurcsány: durante una riunione di partito, Gyurcsány ha confessato pubblicamente di aver vinto le elezioni del 2006 grazie alle menzogne proferite in campagna elettorale, in cui ha sostenuto che l’economia magiara non fosse per niente malata.
Dopo il 2002, la Fidesz si è avvicinata alle posizioni dello Jobbik, un partito nazionalista di estrema destra, riuscendo a vincere le elezioni politiche del 2010. Il 1º gennaio 2012 è entrata in vigore una nuova Costituzione, fondata sui valori della religione cattolica e della famiglia tradizionale, emendata ora in senso ancora più conservatore. Orbán ha promesso di rilanciare l’economia, in recessione da molti anni, impegnandosi a creare un milione di posti di lavoro entro il 2020. Lo stato magiaro, tuttavia, risulta fortemente indebitato con le banche straniere, per oltre 120 miliardi di dollari; il debito pubblico ha raggiunto l’80% del Prodotto interno lordo e il fiorino si è svalutato del 25% rispetto all’euro. Nel 2012 il Pil si è contratto dell’1,2% e sono aumentate sia la disoccupazione, sia l’inflazione. Segnali di ripresa sono previsti per il 2013, ma la situazione economica rimane assai problematica (cfr. “Le preoccupanti note dell’Fmi e dell’Unione” in http://www.presseurop.eu).
L’opinione pubblica magiara ritiene responsabile della crisi il governo precedente, che ha adottato una politica neoliberista e ha sostenuto l’ingresso dell’Ungheria nella Ue, avvenuto il 1° maggio 2004. Tuttavia, è una scelta molto discutibile tentare di uscire dalla recessione facendo leva sulla xenofobia e sul razzismo: il rimedio, infatti, si dimostra peggiore del male. È indubbio che le scelte economiche compiute in passato abbiano prodotto guasti notevoli, ma le riforme economiche – pur legittime – non possono intaccare le libertà fondamentali, i diritti civili e la tolleranza religiosa. L’Ungheria forse avrebbe bisogno di una riedizione del New Deal rooseveltiano, invece Orbán si sta orientando verso il remake del regime fascista che l’ammiraglio Miklós Horthy impose al popolo magiaro tra il 1920 e il 1944. E speriamo che l’esempio ungherese non si estenda anche ad altri paesi europei…
Le immagini: una foto di Viktor Orbán (fonte: http://flickr.com/people/45198836@N04) e il simbolo della Fidesz.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno VIII, n. 87, marzo 2013)
Perché, da noi c’è la libertà?
E’ vietato parlare di questioni razziali, è vietato parlare di olocausto, è vietato criticare Israele, è vietato manifestare contro i campi zingari, i partiti nazionalisti sono perseguitati dalla magistratura e continuamente a rischio di essere dichiarati fuori legge…
Giusto non sottovalutiamo questi rigurgiti di fascismo e di autoritarismo dell’est europeo che possono infettare anche altre aree.Non dimentichiamo Horthy i nefasti nerofrecciati e la persecuzione antisemita degli anni 40.
Vivo in Ungheria da tre anni e devo purtroppo dire che al momento la situazione è molto grave. La cosa sta passando abbastanza in silenzio perché l’Ungheria non è un Paese economicamente importante. Sulla carta siamo in pieno fascismo, anche se per fortuna molta gente è critica verso Orban e il suo partito Fidesz (che paradossalmente significa associazione dei giovani democratici, mentre loro non sono né gli uni né gli altri, e fuori dal Parlamento ci sono i giovani studenti che chiedono democrazia), rimane però il problema di doversi scontrare con una burocrazia fascista; ad es. “per legge” si è definita la famiglia come l’unione di un uomo e una donna con prole e non separati, sempre “per legge” si è limitata la mobilità internazionale dei neolaureati… Inoltre i neonazisti (partito Jobbik), che in tempo di crisi spuntano come funghi con le solite banalità del nomos della terra, del nazionalismo, della xenofobia un po’ in tutta Europa, in questa situazione si sentono le spalle coperte e si permettono, impuniti, cose come quella accaduta pochi giorni fa all’università ELTE di Budapest quando è comparsa la scritta “fuori gli ebrei dalla nostra università” (si riferivano, tra gli altri, ad Agnes Heller). Se la UE non interviene con decisione, pur esponendosi alle critiche di dittatura di chi non conosce la situazione, c’è il rischio che Orban funga da esempio per altri
Gentilissimo prof. Sollazzo, la storia ci insegna che le democrazie occidentali (oggi Unione europea), col loro atteggiamento attendista, pilatesco, bizantino, in sostanza vile, hanno permesso abiezioni che hanno aperto la strada a tragedie (genocidio armeno, Guerra civile spagnola, annessioni naziste pre Seconda guerra mondiale). Anche proprio oggi, la Ue si lava le mani sul caso marò India-Italia…