Resoconto minimo di una giornata qualunque… Da piccoli accadimenti si possono dedurre precisi profili della realtà (e dell’Occidente)
A volte minuscoli particolari, sguardi minimi sul mondo odierno, offrono un quadro più ampio di infinite analisi intellettualistiche. Per farla breve, ecco cosa è capitato di vivere nella stessa giornata a chi ha scritto questo modesto bozzetto.
L’incubo spazzatura
Vado a gettare diligentemente, coscienziosamente, “ecologicamente”, negli appositi cassonetti, i rifiuti meticolosamente differenziati: carta da una parte, organico in un’altra, vetro e lattine da un’altra parte, plastica da un’altra ancora (ci sarebbe pure l’indifferenziata, ma stavolta non ne ho). Differenziare è una bella fatica, che richiede tempo (e spazi domestici). Per un italiano di classe media, che dispone di qualche spazio per contenere i vari sacchi e sacchetti, è un problema piccolo. Ma per persone che vivono in piccoli appartamenti e magari si devono arrabattare tra mille impegni per sbarcare il lunario, non è tanto semplice.
Per alcuni cassonetti, in alcuni quartieri, occorrono chiavi, tessere magnetiche (ma spesso i bidoni non si aprono e, se non si vuole gettare la roba fuori di essi, occorre fare centinaia di metri per trovarne un altro) ecc. Eh, sì, perché non complicare ulteriormente la vita dei cittadini, far perder loro tempo e nevrotizzarli? Spesso faccio il finto tonto e chiedo a vicini e passanti a cosa servano tutti questi ostacoli. Anche perché chi non vuole/non può aprire gli infernali cassonetti (per vari motivi: non è residente, ha perso la tessera magnetica, è pigro, se ne sbatte) getta i rifiuti dappertutto, e certo non differenziandoli. In pratica, si puniscono i coscienziosi cittadini residenti, e si lascia l’anarchia agli altri.
Ma torniamo alla domanda: «Perché dobbiamo usare la tessera magnetica (che ci scheda informaticamente) per gettare la spazzatura?». Nessuno sa rispondere. Lo spiego io. Perché, prima o poi, pagherà di più la tassa sui rifiuti urbani chi userà di più la propria tessera magnetica. Tutto per il bene nostro e dell’ambiente. Ma non accadrà che, per non pagare tasse superiori, la gente scaraventerà i propri rifiuti fuori dagli ermetici cassonetti? O ci saranno telecamere e controlli facciali dappertutto?
Bei libri nei cassonetti
Riprendiamo dall’inizio. È mattina ed esco di casa coi miei quattro sacconi. Dopo aver depositato plastica, lattine/vetro e organico, ecco l’involucro più pesante: la carta. L’apertura del cassonetto è una feritoia piccolissima (anche questo, tanto per complicare la vita alla gente). Allora, con fatica e rischio di slogarmi un braccio, apro la parte alta del cassonetto e vedo…
Un mucchio di libri ancora in buono stato e leggibili, opere di grandi autori; da classici del passato a romanzi del Novecento… Sì, è vero, la maggioranza del librume che si pubblica oggidì, magari premiato perché conforme ai dettami del pensiero unico dominante, e per di più scritto malissimo, andrebbe direttamente traslocato nei cassonetti; ma qui parliamo di grandi opere.
La violenza rap e gli schiavi del food delivery
Ritorno a casa, abbastanza disgustato, chiedendomi chi sia l’assassino dei libri. È una giornata di tiepido sole e mi piacerebbe godermela stando sdraiato in balcone, rileggendo un amato classico (La commovente purezza dei personaggi di Franz Kafka). Ma questo è impossibile, perché da qualche finestra vicina, giovinastri di ogni specie ascoltano a tutto volume canzonacce rap o trap o non so che. Non è musica, neanche di bassa qualità: è rumore molesto, nevrotico e nevrotizzante, è alienazione. Per di più i “contenuti” parlano del desiderio di possedere oggetti di lusso in piena reificazione consumistico-capitalista, donne da stuprare, poliziotti da sparare. Il tutto col beneplacito delle sinistre, che cavalcano questa robaccia e, pertanto, non sprecano una parola di critica (anticapitalisti e femministe, dove siete?).
Intanto, per tutto il giorno c’è il via vai dei furgoncini degli spedizionieri “amazonici” e dintorni, con scampanellate e telefonate a imbecilli che ordinano e non si fanno trovare in casa. Ma il peggio deve ancora venire. La sera, ora di cena. Pensate che studenti, famigliole ecc. pensino a curare un po’ la propria alimentazione? Si sappiano fare un piatto di spaghetti al burro o aglio, olio e peperoncino? Abbiano la necessità di risparmiare quelche euro? E la sensibilità di non sfruttare della povera gente, per lo più immigrata? Macché!
È l’ora degli schiavi. Stranieri su precarie bici, con quadrati contenitori sporchi per lo smog cittadino, servono i “padroni” (?) recando ai pigri e viziati committenti pessime pseudopizze, cibi sintetici, panini artificiali, intrugli multicolori, bevande ipercaloriche ecc.. Il tutto con contorno di fumi di scarico del traffico urbano…
Viva l’Occidente!
Che civiltà è questa, che butta i bei libri nei bidoni della nettezza urbana, ascolta musica-spazzatura e si nutre di cibo disgustoso e insano? Come può permettersi l’Occidente di giudicare dall’alto le altre civiltà e scatenare contro loro continue guerre per esportare “libertà, democrazia e pace” (sic!)? [Leggi pure Giuseppe Licandro, Un’insana “hybris” spinge gli occidentali al dominio globale].
Ma non voglio passare per un vecchio passatista apocalittico, perché non lo sono. Asserisco con fermezza che si scrivono ancora bei libri, che esistono validissimi musicisti, notevoli dischi. Ce ne sono, eccome. Tutto travolto dalla sozzura pseudo artistico-culturale. Perché chi dirige i gusti, il Potere, ha deciso di imporre l’immondizia e la bruttezza, mentre vige la conventio ad tacendum, ovvero la censura di tutto ciò che ancora viene creato di bello, valido, curato… Dai libri, alla musica, ai cibi…
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori: Pixabay; SHVETS production; ROMAN ODINTSOV).
Rino Tripodi
(Pensieri divergenti. Libero blog indipendente e non allineato)