A cominciare dalle proprie azioni individuali e soprattutto evitando l’insano sfruttamento della Terra. Nel mondo attuale, se non si introiettano nuovamente gli antichi concetti classici di hybris, limes, nemesis, sia a livello individuale sia a livello sociale e antropologico, come abitanti del pianeta, saremo destinati alla catastrofe globale
Il pensiero oggi dominante, almeno in Occidente e, quindi, data la sua egemonia culturale-mass mediatica, su tutto il mondo, è quello della libertà sfrenata estesa a ogni campo umano. Tutto ciò che è possibile (soprattutto tecnicamente e tecnologicamente, ma anche economicamente) si può fare. Vige una fiducia illimitata nella scienza, nella medicina, nella tecnologia, nell’informatica e nella telematica, negli “esperti”.
A tal punto che le elite economiche e tecnocratiche predominano sul potere politico designato dal popolo degli elettori. A pagare per tale mentalità arrogante è il nostro pianeta nel suo complesso, sconvolto da cambiamenti climatici, inquinamento e catastrofi ambientali. La più recente sciagura di una serie infinita e inarrestabile, visto il modello di sviluppo, è avvenuta agli inizi di agosto (Disastro ambientale a Mauritius, tonnellate di carburante in mare da nave-cisterna arenata). Ma a venire colpiti dalla cultura postumana dominante sono anche gli esseri più deboli, come gli animali (vedi qui), i bambini e i poveri, che son sempre di più. E, alla fine, sarà tutta l’umanità a esserne annientata. A individuare e a ben definire quest’atteggiamento tracotante, privo di rispetto per il sacro, la Natura e gli altri esseri umani, sono stati gli antichi classici. Dunque la cultura greca, latina, cristiana, che non a caso oggi si vuole eliminare dall’Occidente. Il primo concetto è quello di hybris. Significa superbia, sfrenatezza, dismisura, il superamento di ogni senso del sacro, del limite, del confine, quindi, in ultima analisi, abbandonarsi alle egoistiche e individualistiche pulsioni distruttive.
Oggi questo avviene non per un titanismo prometeico, ma per la cieca legge dell’infinita ricerca predatoria del profitto capitalistico e per il soddisfacimento del proprio edonismo e del desiderio senza freni (vedi Il sesso sporco del neocapitalismo), entrambi favoriti dalla globalizzazione e dal suo versante ideologico, il globalismo. Senza limiti né territoriali, né tecnologici, né morali, né interiori, arriviamo da un lato alla catastrofe delle epidemie virali, quasi certamente provocate dalla distruzione degli ecosistemi e dal conseguente spillover [vedi Perché il coronavirus (e perché in futuro ce ne saranno altri)], dall’altro agli orrori del turismo sessuale pedofilo e del sadismo on demand sul deep web. Ecco che ci viene in prezioso aiuto un altro concetto della cultura classica, quello del limes. Contrariamente alla vulgata attuale, diffusa persino dal papa cattolico Francesco I, i confini – fisici e materiali, così come quelli interiori – non sono dei muri ostili, ma delle difese, delle modalità di ri-conoscersi e di rispettare l’altro, attraverso la distinzione delle differenze e il successivo contatto reciproco.
Però solo dopo aver ben fissate le proprie identità e cultura, dopo aver compreso e accettato lo straniero e dopo che anche questi abbia dimostrato di voler colloquiare con gli altri e di apprezzarli. Confini e muri, barriere e steccati, possono anche essere porte apribili o sliding doors, purché chi vi vive all’interno e da secoli vi ha costruito una civiltà intenda schiuderli; per quanto tempo e a chi, tocca a chi vi sta dentro deciderlo, non a chi viene da fuori o a una terza parte. Si trasferisca la stessa idea all’ospitalità di parenti, amici o estranei nella nostra abitazione, e tutto sarà chiaro, a meno che non si sia accecati da ideologie autodistruttive. Solo dal rispetto e della conoscenza reciproci può nascere qualcosa di costruttivo. Analogo discorso va fatto per il limes interiore. La libertà non consiste nel triste, infantile e nefasto sessantottesco “vietato vietare / proibito proibire”. Certo, entro i limiti dei codici civili e penali, non devono dircelo gli altri ciò che possiamo fare o meno. Ma la libertà non è spaccare tutto, mangiare quando e come ci pare, fare sesso senza rispetto dell’altro/a, stare ore a chattare, non prendersi impegni e non assumersi limiti e responsabilità, doveri verso gli altri, né, tanto peggio, sfruttarli (vedi Consumo etico, come cambiare mentalità può salvare il mondo), sporcare, inquinare, violentare Natura e animali, figliare in modo irresponsabile. Paradossalmente, la vera libertà consiste proprio nell’autoregolarsi. E quante più regole ci diamo liberamente, più ci sentiamo forti ed esseri attivi e positivi.
Chi invece si allontana alla Natura, sia nel senso di ambiente ed ecosistema regolato, sia nel suo aspetto interiore (psicologia, armonia psichica, sessualità), va incontro, sempre per la cultura classica, alla nemesis. Ovvero alla giustizia riparatrice, alla vendetta, alla compensazione del male compiuto, alla rovina. Non si tratta, beninteso della banalità di massa ripetuta tante volte secondo cui “la Natura e la Terra si ribellano e si vendicano”. Magari fossero creature coscienti e raziocinanti! Semplicemente, se l’umanità inibisce i propri processi vitali naturali, esterni e interni, si ammala nel corpo e nell’anima. Ed è questo che sta avvenendo. Basti pensare all’aumento di patologie, di allergie, di intolleranze alimentari di ogni tipo e, al contempo, alle nevrosi e psicosi che nessun strizzacervelli è ormai in grado di curare. Ma, forse sapendo che i nostri giorni su una Terra ospitale sono contati, si vuole andare a colonizzare Marte… Ed è significativo che, per la prima volta nella storia delle esplorazioni e dei progetti spaziali, nel programma pianeta rosso siano entrati in modo predominante i capitali privati!
Mentre stavamo scrivendo queste note, siamo venuti a conoscenza che degli stessi argomenti tratta il recente volume di Francesco Borgonovo La malattia del mondo. In cerca della cura per il nostro tempo (Utet, Milano 2020, pp. 208, € 15,00). Lo leggeremo (e invitiamo i lettori a farlo anch’essi).
Le immagini: a uso gratuito da pixabay.com e da pickpic.com.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XV, n. 177, settembre 2020)