La trasformazione degli investimenti si avvicina e sta per cambiare la vita degli italiani
Non si tratta di uno scenario “apocalittico” delineato da qualche regista postmoderno, ma della realtà dei fatti. Nel 2018 le norme che rientrano nel cosiddetto MiFid II rivoluzioneranno i prodotti finanziari all’insegna della trasparenza e della riduzione dei costi.
Sono proprio questi due dei fattori che hanno condizionato ‒ senza dubbio in negativo ‒ l’evoluzione sfavorevole di prodotti che hanno riscosso grande successo negli scorsi anni, come gli stessi conti deposito. Si tratta di soluzioni che sono state sottoscritte da migliaia di italiani in considerazione delle prospettive di rendimento sulle somme depositate, secondo una formula che partiva dai classici conti correnti ed emulava i libretti postali. I tassi attuali consentono di ottenere rendimenti variabili tra l’1 e il 2,5%, con una cifra che varia a seconda della tipologia di conto deposito e dell’arco temporale in cui non si intacca il patrimonio. Il conto deposito libero permette infatti al risparmiatore di ritirare il proprio investimento in qualsiasi momento, mentre quello vincolato “blocca” fino a una scadenza preimpostata ‒ che varia da 30 giorni fino a 60 mesi ‒ eliminabile solo previo pagamento di una penale e di un ovvio azzeramento del rendimento.
Come è facilmente immaginabile, il rendimento dei conti deposito vincolati è più alto di quello dei conti liberi, ma è proprio questa caratteristica ad aver determinato il parziale insuccesso dei conti deposito. Nonostante siano diversi gli istituti bancari che propongono l’apertura di conti deposito anche senza spese di apertura e di gestione (e talvolta è possibile che il cliente sia anche dispensato dal pagamento dell’imposta di bollo pari, secondo quanto imposto per legge, al 2 per 1000 di quanto depositato), queste soluzioni non attirano più gli investitori italiani come in passato. La motivazione è legata ai temi scottanti della sicurezza, della diversificazione e della libertà di investimento (vedi anche Il conto deposito non conviene più, tra rendimenti a picco e svantaggi).
Per quanto riguarda il primo punto, è l’attualità a sottolineare la perdita di appeal dei conti deposito. Ogni banca italiana aderisce al Fondo interbancario, e può depositarvi fino ad un massimo di 100.000 euro. È evidente, dunque, che solo una parte molto esigua degli investimenti sia “al sicuro” da eventuali oscillazioni o da crisi bancarie, e molti investitori italiani si sono ritrovati nel giro di pochi mesi con i conti azzerati a causa di crac. Contrariamente a quanto accade con altri strumenti finanziari, poi, il conto deposito non consente una diversificazione dell’investimento, conditio sine qua non per evitare eventuali scossoni di mercato e per non dipendere da un rendimento singolo.
Inoltre, le persone giuridiche sono frenate da una soglia massima d’investimento che si ferma a 14.000 euro, mentre le persone fisiche hanno libertà di deposito senza tetti massimi. Questa situazione ha spinto diversi investitori a preferire altre soluzioni. Rivolgendosi ai consulenti finanziari indipendenti, infatti, gli italiani hanno trovato quel giusto mix di esperienza, tecnologia e innovazione. Attraverso una customizzazione del prodotto decisamente più confacente, è possibile adattare l’investimento ai rischi e all’attitudine dell’investitore, mentre il lato tecnologico consente un monitoraggio più attento dell’evoluzione del mercato e una valutazione più scientifica dell’andamento dei titoli.
sara spimpolo
(LucidaMente, anno XII, n. 141, settembre 2017)