Secondo il nostro lettore la violenza va sempre condannata, ma senza generalizzare o criminalizzare alcuna categoria. Perché le nostre femministe fondamentaliste non si recano a manifestare a Ciudad Juárez o in Afghanistan?
Gentilissimo direttore, ho sempre apprezzato la posizione aperta, relativista e anticonformista della rivista che dirige e la prassi di accogliere opinioni a volte differenti e “scomode”: perciò le scrivo queste brevi note. Premetto che ho sempre votato a sinistra, che non ho mai commesso alcuna violenza né su donne, né su uomini, e che ritengo l’omicidio e le brutalità sulle donne (così come su ogni altro essere vivente, compresi gli animali) orribili delitti da punire duramente e da contrastare con una battaglia civile e culturale.
Quello che mi irrita un po’ della campagna sul cosiddetto “femminicidio”, di cui il caso “Don Corsi” è l’ultimo capitolo, è la criminalizzazione strisciante degli uomini. Del pensiero del parroco di Lerici c’è poco o nulla da condividere. Tuttavia, non si può non riflettere su almeno una sua affermazione: «non sopporto quest’ipocrisia, e poi queste campagne recenti sul femminicidio mi sembrano abbiano nel mirino soltanto l’uomo, che vogliano colpirlo». Appartengo a una generazione massacrata dalle ideologie, per le quali “tutti i comunisti mangiano i bambini”, “gli ‘amerikani’ sono tutti guerrafondai”, “tutti i popoli extraeuropei son tutte vittime innocenti”, e via di seguito.
Non vorrei che, a forza di “tutti”, cioè di generalizzazioni criminali e criminogene, si arrivasse ad affermare che “tutti i preti sono pedofili”, “tutti i leghisti sono razzisti” e, infine, “tutti i maschi – ormai usato al posto di ‘uomini’ e con valore insultante – sono potenziali assassini di donne”. Così si arriverebbe a condanne generalizzate, senza alcuna attenzione al contesto e alle singole responsabilità, che spesso vanno almeno in parte condivise, visto che nessuno costringe certe donne a innamorarsi dei “bulli”. Infine, è fin troppo facile, in un paese libero e democratico, prendersela con don Corsi, linciarlo moralmente e farlo “cacciare”.
Invito pertanto le “femministe fondamentaliste” (non trovo altra definizione per tale intollerante categoria) a vedersi il film Bordertown e quindi recarsi a Ciudad Juárez nel Messico, in Afghanistan, in Africa – ma diciamo nel 90% di questo disgraziato pianeta – per manifestare contro “femminicidi”, violenze sulle donne, diritti civili femminili. E, forse, non dovrebbero neanche spostarsi troppo: basterebbe recarsi presso le comunità islamiche residenti in Italia chiedendo loro di finirla di velare le proprie donne. O peggio. Grazie a LucidaMente per l’eventuale ospitalità.
Le immagini: in apertura manifesto femminista; all’interno locandina e fotogramma del film Bordertown (regia di Gregory Nava, 2006, con Jennifer Lopez e Antonio Banderas).
A.M. – Roma
(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)
Confermiamo al lettore di Roma che LucidaMente non censura mai le opinioni: ecco altri testi, della redazione, o provenienti dai lettori, su argomenti simili, sulle problematiche uomo-donna e sulla “discriminazione positiva”: Ma forse state con don Corsi? In difesa (laica) di don Corsi; In difesa (cattolica) di don Corsi; Quelle imbarazzanti mutilazioni genitali femminili…; C’è la libertà di parlare di Maometto?; Toh, c’è pure il “maschicidio”. E tanto…; Quando progressisti e femministe appoggiarono il proibizionismo; Lladdìgnittà ddélleddònne; Forte come un uomo? Il sesso del Potere; Anche voi moralisti sul sesso?; I maschi alla riscossa: «Le vere vittime siamo noi»!; La disfatta del maschio italiano; Ancora sulla cosiddetta sentenza “salvastupratori” ; Le due caste più intoccabili di tutte; Le polemiche sul numero 61 (gennaio 2011), dedicato al “politicamente corretto” ; I tanti, troppi pregiudizi dei “progressisti” bigotti; La violenza è solo degli uomini?; Il caro femminismo iattura per tutte/i?; «Io e la giustizia italiana: dalla condanna per pedofilia all’assoluzione»; Donne che amano (o si odiano?) troppo;“Uomini che odiano le donne”. O viceversa.
(LucidaMente, anno VII, n. 84, dicembre 2012)
Molto condivisibile l’invito a non generalizzare, ma non mi torna il finale: la situazione femminile nel mondo musulmano e’ un problema molto complesso su cui bisogna lavorare a livello di politica internazionale, non certo “mandando la’ le femministe”, inoltre il fatto che ci siano paesi in cui le donne stanno molto peggio che da noi non implica non affrontare i problemi del nostro paese.