David Navacchia, presidente della cantina Tre Monti in Emilia-Romagna, spiega la situazione economica del settore vitivinicolo italiano: la valorizzazione del comparto prevede un’attenta e ragionata programmazione aziendale
È un vivace settore dell’economia italiana, volano indiscutibile per l’immagine del Belpaese: l’enoturismo rappresenta una grande risorsa finanziaria, troppo spesso sottovalutata. Variamente articolata, è differente per la sua originale proposta: un’offerta turistica di settore con le “strade del vino”, particolari tour tra vitigni, rara occasione per apprezzare le bellezze naturali delle località d’Italia. Due gli obiettivi del progetto: far conoscere i percorsi che attraversano le zone a vocazione vitivinicola; rendere più responsabile il consumo del vino, proponendo uno sviluppo turistico, nel rispetto dell’ambiente e del patrimonio culturale. È bene rilevare che questa ricchezza rappresenta una dotazione unica al mondo; un’occasione per promuovere prodotti territoriali; un paradigma di sviluppo locale alternativo per il futuro; un mix di fattori, soggetti e motivazioni molto consonanti con le caratteristiche specifiche più virtuose del dna nazionale; una leva per reagire al declino dei settori tradizionali più colpiti dalla nuova competitività internazionale.A David Navacchia, presidente della cantina Tre Monti in Emilia-Romagna, chiediamo di analizzare la situazione economica italiana del settore vitivinicolo.
Qual è l’importanza dell’enoturismo?«Assume, quotidianamente, un ruolo sempre più importante, quale fonte di reddito per il fitto tessuto di aziende vitivinicole presenti in Italia. Si tratta di una importante risorsa economica, ancora solo in parte sfruttata, ma che, allo stesso tempo, ritengo sia sovrastimata. Credo che una redditizia valorizzazione dell’enoturismo debba prevedere un’attenta e ragionata programmazione aziendale, perché non può essere un fattore da lasciare alla pura improvvisazione. Non serve a nulla attrezzare una saletta con bicchieri e salatini, ma è fondamentale dotarsi di locali idonei e accoglienti e, soprattutto, di un’adeguata preparazione e formazione. È un “servizio”, un plus, che ben poche aziende vitivinicole possono offrire attualmente in Italia».
La risorsa “vino” aiuta il turismo?«Il vino italiano è uno dei fattori del famoso made in Italy. I milioni di bottiglie di grandi vini, che ogni anno lasciano l’Italia per approdare sulle tavole più alla moda del pianeta, sono i primi grandi ambasciatori delle nostre tradizioni, della nostra storia, della nostra terra. Sono loro che, più spesso di quel che crediamo, fanno desiderare la visita nel nostro Paese a migliaia di stranieri».
Quali sono le azioni da mettere in campo per migliorare il made in Italy?«Tutela, tutela, tutela! Se permettiamo che i fattori vincenti siano contraffatti e sfruttati da chi il nostro Paese l’ha visto solo in cartolina, allora significa che siamo masochisti».
La nostra immagine all’estero com’è?«È vincente, ma patisce un’assoluta mancanza di coordinamento. I fondi destinati dallo Stato e dalle Regioni alle attività di promozione si perdono in mille rivoli e in mille marchi, riservati a centinaia di consorzi ed Enti, grandi e piccoli, ciascuno impegnato a comunicare le proprie eccellenze, creando, spesso, solo confusione nella testa dei clienti finali. È indispensabile che gli Enti nazionali (non c’è bisogno di crearne di nuovi, basta far funzionare quelli esistenti) destinati alla promozione esercitino una decisa attività di coordinamento, per parlare “con una sola voce” ai mercati mondiali».
In termini di esportazioni, siamo un Paese che deve migliorare?«Dal punto di vista delle esportazioni si è già fatto molto. Esistono, però, mercati ancora non saturi che vanno “aggrediti” subito. Mi riferisco a realtà importanti, ma difficili, quali Cina, Russia e India».
Le immagini: David Navacchia e i filari di una vigna.
Francesco Fravolini
(LM MAGAZINE n. 21, 15 dicembre 2011, supplemento a LucidaMente, anno VI, n. 72, dicembre 2011)
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