Il movimento a difesa della famiglia tradizionale e delle unioni eterosessuali da punitore dei costumi vorrebbe presentarsi come divulgatore di cultura, promuovendo però una reinterpretazione “ad hoc” dei classici moderni
Le manifestazioni contro i diritti altrui hanno sempre qualcosa di triste, oltre che di fastidioso. Chi sostiene che la lettura silenziosa sia uno strumento di lotta pacifica non sbaglia, ma pur sempre esagera. Mentre si è impegnati a reggere in mano – e possibilmente a comprendere – un libro, è difficile causare dei danni concreti, ma ciò non toglie che il messaggio veicolato dalla particolare scelta di un testo, il lessico selezionato per autodefinirsi e il linguaggio usato dai membri di un qualsiasi gruppo siano un riflesso del pensiero e della bontà delle sue idee.
Quello che viene contestato alle Sentinelle in piedi, cioè al movimento in difesa della famiglia tradizionale, che si definisce di “resistenza” non è il diritto alla protesta, ma sono i contenuti su cui essa poggia e gli accenti esasperati, tra misticismo e inquisizione in tono minore, con i quali il dissenso viene esercitato. Dando una semplice occhiata al sito ufficiale del gruppo (www.sentinelleinpiedi.it) si avverte subito una sensazione di straniamento e anacronismo. Gli appuntamenti per i ritrovi nelle piazze diventano “veglie”; l’associazione si identifica in un “metodo” e in uno “stile”, rigettando ogni altra e più concreta definizione; il diritto di esprimere la propria opinione si trasforma in vigilanza «su quanto accade nella società e sulle azioni di chi legifera» per denunciare «ogni occasione in cui si cerca di distruggere l’uomo e la civiltà». Ma verso quale tentativo di discriminazione ci staremmo dirigendo, dal momento che i diritti contro cui gli attivisti combattono non esistono ancora?
«La prima libertà consiste nella libertà di dire che due più due fa quattro. Se è concessa questa libertà, ne seguono tutte le altre». La citazione che campeggia sulla home page del movimento è ripresa dal romanzo 1984 dello scrittore britannico George Orwell (1903-1950) – lo stesso autore che nelle sue opere più famose, come La fattoria degli animali, denunciò la cecità e i danni provocati dal pensiero dispotico – ed è un chiaro esempio di quanto possa essere pericoloso e ridicolo piegare un pensiero ai propri scopi. La situazione cui Orwell si riferisce è quella di un mondo paradossale, nel quale sono negate le verità più elementari in nome di un terribile potere totalitario. Le sue parole possono suonare sia a favore sia contro le unioni omosessuali, a seconda delle orecchie e della sensibilità di chi le ascolta.
Se due persone che si uniscono formano una coppia e se questa è una verità, essa è valida a prescindere dalla questione dell’identità sessuale. E allora, di nuovo, quale libertà sarebbe minacciata? Anche il filosofo e scrittore francese Albert Camus (1913-1960), che compare con la frase a effetto «meglio morire in piedi che vivere in ginocchio», e il bolognese Pier Paolo Pasolini (1922-1975), peraltro egli stesso omosessuale, non sfuggono al revisionismo delle Sentinelle. Soprattutto il secondo viene citato senza sosta come asso nella manica a riprova della bontà delle tesi delle Sentinelle, ignorandone la problematicità inquieta e la figura gigantesca. Ma che cosa leggono, all’atto pratico, questi difensori della dignità umana? Oltre ad Antonio Socci, giornalista tanto conservatore da essersi scagliato contro papa Bergoglio, e don Luigi Giussani, punto di riferimento delle comunità di Comunione e Liberazione, ha fatto il giro su Internet la foto di un “vegliante” con in mano il libro dall’eloquente titolo Sposati e sii sottomessa. Pratica estrema per donne senza paura, di Costanza Miriano… opera che sicuramente tutelerà al tempo stesso la famiglia e la libertà d’espressione.
Forse tutto questo perbenismo è involontario e la fissità di idee dalla quale i custodi del buon costume sono colpiti non è ricercata ma inscritta quasi fatalmente nel loro stesso nome. Le sentinelle, nelle antiche navi romane, erano uomini addetti al controllo costante della parte più bassa nello scafo dell’imbarcazione (la sentina) e dovevano prosciugare le infiltrazioni d’acqua. Un compito ingrato, quindi, dal quale in seguito si è sviluppato, per estensione, il significato di soldato posto a guardia di una zona sorvegliata o mandato a spiare le mosse del nemico. In ogni caso, poco o nulla tutto ciò ha a che fare con la libertà.
Le immagini: foto di una “veglia” in piazza e diuna “sentinella” che legge.
Antonella Colella
(LucidaMente, anno IX, n. 107, novembre 2014)
Dove avete imparato che Pasolini era bolognese? Antonella, guarda un sito qualsiasi su Pasolini…
Gentilissimo lettore, grazie per averci scritto.. ma Pasolini è nato a Bologna!
Premetto di non essere né favorevole né contrario al movimento “Sentinelle in piedi”. Meno che mai sono favorevole alla “famiglia cristiana” in quanto sede di inculturazione del papismo, della forma più violenta di governo della società civile che la cultura occidentale abbia conosciuto.
Ciò premesso, rilevo che la famiglia è “il piccolo Stato” (“familia parva respublica”), è il “seminario dello Stato”, essa è la cellula dell’organismo sociale poiché “solo le virtù private possono garantire le virtù pubbliche”, poiché “sono i buoni padri, le buone madri, i buoni figli che formano i buoni cittadini”.
Così come si configura la famiglia, parimenti, lo Stato e viceversa. La famiglia ordinata è prodromica dello Stato ordinato; non può darsi uno Stato ordinato sulla base di una famiglia disordinata. Nessuna società si è mai potuta fondare su un istituto famigliare debole. Crisi della famiglia e crisi dello Stato sono termini correlativi.
L’attuale distruzione della famiglia è il portato del sistema capitalistico della produzione, della incompatibilità tra gli impegni famigliari e la massimizzazione dello sfruttamento della persona umana, tra l’individualismo che esso promuove e la solidarietà imposta da quegli stessi impegni. L’immoralità, infatti, è lo strumento di governo della lobby capitalistica.
Come rimediare? Non facendo appello alla morale, come ipocritamente sostenuto dalla chiesa cattolica, ma promuovendo un movimento politico diretto ad invertire l’attuale tendenza, vale a dire, volto a dimensionare i rapporti di produzione in funzione della persona umana, a realizzare “un livello sempre più elevato di moralità, di conoscenza e di benessere”.
D’accordissimo.
La ringrazio.
L’invenzione dell’omofobia – Gli inganni della neolingua gay di Giovanni Lazzaretti
pubblicato qui: http://www.tulliomarra.it/dblogmysql/articolo.asp?articolo=463
La proposta di legge sulla cosiddetta omofobia era prevista nel programma elettorale di PD + IdV e non era prevista nel programma di PdL + Lega. PdL e Lega però non l’hanno voluta fermare in sede di Commissione, e così il 12 ottobre la proposta di legge (relatrice la PD Anna Paola Concia) è andata in discussione in Parlamento. Stoppata grazie alla pregiudiziale di incostituzionalità proposta dall’UdC e approvata a maggioranza, la proposta di legge tornerà, stavolta con un disegno di legge presentato dal Governo.
Tutto questo “volerla approvare a tutti i costi” è già una prima vittoria per la lobby gay, che ha inventato l’omofobia per zittire il dissenso.
Mia moglie e io nel 1980 formammo una famiglia, società naturale fondata sul matrimonio, i cui diritti sono riconosciuti dalla Costituzione. Desideravamo dei figli, e questo veniva incontro alle necessità della società, che ha bisogno di 2,1 figli per donna per sussistere. I figli nacquero attraverso rapporti sessuali matrimoniali. Vedete qualcosa di anormale in questo percorso? Niente di anormale, è un percorso normale.
Eppure la lobby gay ci ribattezzò “eterosessuali”, e nessuno ha reagito. Io rifiuto la neolingua gay e riaffermo che il mio percorso non è “eterosessuale”, è semplicemente un percorso “normale”, non avendo in sé niente di anormale.
La distinzione da fare è tra rapporti sessuali e rapporti omosessuali: questi ultimi sono scelte personali (sottolineo “scelte”: una persona può avere tendenze omosessuali e scegliere di NON avere rapporti), sono infecondi e privi di rilevanza sociale. Ma la neolingua gay parlò di rapporti “eterosessuali e omosessuali”, come se fossero due opzioni sullo stesso piano. Io rifiuto la neolingua gay e continuo ad affermare la distinzione tra rapporti sessuali, potenzialmente fecondi e rilevanti per la società, e rapporti omosessuali, scelte personali infeconde e irrilevanti per la società.
Poi qualcuno cominciò a sostituire la parola “omosessuale” con la parola “gay”. Più spiccio, dicevano. Spiccio e falso: omosessuale e gay non sono sinonimi. Gli omosessuali non gay sono la maggioranza: sono persone riservate, che non amano il chiasso, che non vanno in TV e non sfilano in piazza, che non rivendicano diritti particolari. Ognuno di noi ne conosce qualcuno.
Nelle nostre menti però tutti gli omosessuali si sono trasformati in militanti gay, e questo falsa completamente il dibattito. Io rifiuto la neolingua gay e riaffermo che la maggioranza degli omosessuali sono “omosessuali non gay”.
Poi la lobby gay inventò il “genere”. Solo una parola elegante da usare al posto di “sesso”? No, un’invenzione ideologica che sostituisce i due sessi, reali e constatabili alla nascita di ognuno, con 5 o 7 opzioni di “genere”, di carattere culturale. Io rifiuto la neolingua gay e continuo ad affermare che i sessi sono due e sono un dato genetico constatabile da chiunque in natura; il resto sono opzioni personali, irrilevanti per la società.
Poi la lobby gay inventò l’omofobia. Ha un “suono” simile a una malattia (claustrofobia, aracnofobia,…), ma è una malattia inesistente, inventata dall’ideologia gay per i suoi scopi. Conoscete casi di persone rifiutate sul lavoro perché omosessuali? Conosco invece casi di ragazze rifiutate perché giovani spose a rischio di maternità.
Persone omosessuali siedono in Parlamento, sono ai vertici di diverse regioni, sono presenti nel mondo dell’arte, del teatro, della TV, del cinema, della letteratura, della moda, nelle università e nelle scuole di ogni ordine e grado, hanno una disponibilità di reddito ben superiore alla media, hanno organizzazioni nazionali a loro disposizione: la discriminazione non esiste, anzi qualche illustre personaggio afferma che l’essere gay l’ha aiutato nella carriera.
La finta malattia detta “omofobia” serve solo a zittire coloro che contestano l’ideologia gay (si dà dell’omofobo un po’ come un tempo si dava del fascista). Io rifiuto la neolingua gay e affermo che non esiste discriminazione basata “sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere” (che sono libere opzioni personali modificabili nel tempo), mentre c’è una chiara discriminazione per la famiglia “costituzionale”, società naturale fondata sul matrimonio.
“Ma ci sono le aggressioni ai gay!”, dirà qualcuno. A parte che la fumosità delle statistiche su queste aggressioni è totale (ad esempio: nessuno ci comunica quante aggressioni a gay sono fatte da altri gay; nessuno fa una statistica sull’ambientazione di queste aggressioni), le aggressioni ai gay vanno perseguite e punite come ogni altra aggressione. Col passaggio di questa legge, accadrà che un’aggressione a me o a voi verrà punita con meno rigore rispetto all’aggressione a un gay. Io rifiuto l’ideologia gay e sostengo che un’aggressione alla mia persona debba essere punita con lo stesso rigore dell’aggressione a un gay.
Viene già usata la parola “omocrazia”? Prima o poi bisognerà usarla. In un’Italia in cui si può satireggiare chiunque fino all’insulto, con l’approvazione di questa proposta di legge un militante gay non potrà nemmeno essere contraddetto. Se passa la legge in Parlamento, nasce una nuova “casta” intoccabile.
Grazie, Tullio,
per l’intervento.
Che si può condividere o meno (viva Voltaire!).
Una sola precisazione: “eterosessuale” non è un termine inventato dai gay, ma è termine scientifico per indicare in natura il comportamento sessuale degli animali.
Anch’io sono preoccupato dal fatto che la natalità degli italiani sia ben sotto il fatidico 2,1 per coppia. Ma, più che essere soppiantati dai gay, mi angoscia un futuro (2100?) in sui si sarà essere soppiantati dagli immigrati, in specie islamici. Del resto, come si fa a chiedere a coppie disoccupate o precarie a vita di mettere al mondo dei figli?
Alla prossima
rt
La omofobia è un termine dispregiativo introdotto dalla cultura omosessuale. L’atteggiamento di rifiuto della omosessualità che caratterizza l’eterosessualità nelle sue manifestazioni più elevate, non è il prodotto di pregiudizi, ma di legittima difesa. Sono gli omosessuali che, per primi, non rispettano l’alterità eterosessuale sia maschile che femminile, ma soprattutto quella maschile. Tutti devono essere, non solo favorevoli, ma praticanti l’omosessualità, devono soddisfare le loro esigenze sessuali. Ciò che il maschio pretende dalla femmina, l’omosessuale lo esige dall’eterosessuale.
Una legge che preveda la protezione della omosessualità deve, in pari tempo, assicurare ovunque – ma, in particolare, in ogni situazione in cui l’omosessuale possa beneficiare una posizione sociale anche di lieve preminenza sull’eterosessuale – la libertà, la dignità, dell’eterosessuale, diversamente, si farebbe luogo alla “omocrazia”, in palese contrasto con i più elementari principi del vivere civile, con conseguenze reattive di legittima difesa, di pari rilevanza.
Ancora una volta sono in buona parte d’accordo col suo intervento. Grazie
Ringrazio a mia volta.