La ricerca di un’occupazione è di per sé un lavoro a tempo pieno e prevede quindi consumatori, regole di mercato, spese… un ricchissimo business. I mezzi per farsi conoscere sono infiniti, ma ognuno di questi comporta un dispendio di energie, tempo e finanze. Altrettanti sono i modi in cui si può essere ignorati, presi in giro o, peggio ancora, sfruttati
«Cosa vuoi fare da grande?». Ognuno di noi si è sentito rivolgere, o si è posto, questa domanda. Ma oggi diventa un lusso non solo scegliere un lavoro che soddisfi le proprie passioni, ma anche immaginare un futuro al di là della giornata. I giovani disoccupati sono disposti a essere sottopagati e a mettere da parte gli studi pur di trovare un qualsiasi impiego: un’ulteriore risposta a chi continua a parlare di “bamboccioni” o, scimmiottando un termine in voga, choosy.
Nel cuore della crisi e di un’età frenetica come la nostra, il tempo è una ricchezza che non possiamo permetterci di spendere. Ce lo ricordano gli annunci di lavoro (l’età più richiesta va dai venti ai venticinque anni), le scadenze (dopo un anno non si è più considerati neolaureati, e scompaiono i pochi vantaggi che questa condizione ancora garantisce), il mercato (superati i trenta, si è difficilmente “spendibili”). Ogni passo nella rincorsa del lavoro rappresenta un possibile ritardo, capace di ritorcersi contro chi vi si affida pensando sia un’opportunità. Per stabilire un contatto con l’evanescente mondo del lavoro occorre dotarsi innanzitutto del curriculum vitae (CV). Facciamo il caso più semplice: dopo averlo compilato in italiano e in inglese, secondo il modello europeo, con fototessera e certificati, siamo solo a metà dell’opera. Stampa, fotocopie e raccomandate ne completano il primo ciclo di vita. Una volta inviato, dobbiamo sapere che nella maggior parte dei casi il nostro CV verrà cestinato o rifiutato per motivi di ottusa burocrazia (mancanza di delibera sulla privacy o di foto, firma non autenticata, lunghezza).
Alcune aziende accettano solo candidature telematiche. Stavolta all’incognita della risposta si aggiunge quella della ricezione: una comunicazione automatica assicura che i nostri dati sono stati salvati nell’archivio, pronti a essere “scongelati” nel momento in cui si apriranno nuove posizioni. Le candidature viaggiano non solo per posta, tradizionale o elettronica, ma anche sui siti. LinkedIn, Lavori Creativi, Bacheca e Kijiji offrono la possibilità di caricare CV o di inserire annunci gratis. Ma come fare a renderli visibili nel mare magnum delle inserzioni? Ovviamente pagando, in modo da “mettere in vetrina”, ossia far avanzare nella parte alta della pagina, il proprio annuncio, oppure da indicizzarlo affinché compaia fra i primi risultati di ricerca. Un altro problema è poi rappresentato dall’aggiornamento del curriculum: a ogni nuova esperienza, stage, corso di formazione, si impone la necessità di arricchirlo, cercando di renderlo più attraente per chi, si spera, lo leggerà. E così il ciclo ricomincia.
I CV accompagnano gli aspiranti lavoratori anche ai Career day, manifestazioni organizzate dalle università allo scopo di favorire i contatti tra i neolaureati e le aziende che vi partecipano. Nella pratica tutto ciò si traduce in una perfetta occasione, per i grandi marchi, di autopromuoversi. Usando lo spazio e il tempo delle conferenze a loro disposizione, possono lanciare i nuovi prodotti a un pubblico di giovani consumatori. Una parvenza di offerta lavorativa viene garantita dalla raccolta non dei CV personali, ma di fogli da compilare all’ultimo minuto, in cui contano le competenze linguistiche e informatiche. Se uno di questi tentativi riceve risposta, arriva il momento dei colloqui. La prima selezione avviene per telefono, spesso a carico del destinatario, che viene intrattenuto da centralini e segretarie prima di essere messo in contatto con il responsabile delle selezioni. Se la nostra presentazione vocale ha riscosso simpatia, viene fissato un colloquio, in qualsiasi città o regione il CV sia approdato.
Lo spostamento del candidato è naturalmente più dispendioso: le trasferte possono durare una giornata e il quarto d’ora di colloquio non comporta affatto l’assunzione o il contratto. Quando va bene, viene proposto solo un periodo di prova, detto anche tirocinio, stage o formazione, al termine del quale non è dato sapere cosa accadrà… colpa la crisi, l’instabilità economica, l’Europa, le leggi sul lavoro. Questi sono alibi facilmente smascherabili, ma di sicuro più nascosto resta il controsenso della stessa denominazione di inoccupato o disoccupato per chi si affanna, con un proprio investimento economico e morale, a trovare un’apertura nel sistema.
Le immagini: una scena ideale di colloquio di lavoro (http://blog.altamira.it/) e la locandina del Career day dell’Università di Burleson, in Texas (http://www.burlesonisd.net/).
Antonella Colella
(LucidaMente, anno VIII, n. 89, maggio 2013)
“Se la nostra rappresentazione vocale ha riscosso simpatia..”
“Ogni passo nella rincorsa del lavoro rappresenta un possibile ritardo, capace di ritorcersi contro chi vi si affida pensando sia un’opportunità.”
E’ proprio vero!
“Cosa vuoi fare da grande?” Purtroppo oggi a chi lo chiede è meglio dire: “Mi fa la domanda di riserva?…”
“I giovani disoccupati sono disposti a essere sottopagati e a mettere da parte gli studi pur di trovare un qualsiasi impiego”…a sacrificare la professionalità acquisita in anni di studi e sacrifici accettando di lavorare con inquadramenti inferiori alle mansioni svolte, con stipendi da fame e senza garanzie e tutele (malattia, maternità). Andare all’estero non dovrebbe più essere la soluzione…