Al confine fra il puro “thriller” e la ricostruzione storica, ecco “L’occhio di Dio” (Edizioni Nord), nuovo romanzo di Giulio Leoni. Sullo sfondo, il secolare scontro Venezia-Impero ottomano
Una storia di avventure e una riflessione sui limiti della scienza e dei suoi legami con la politica, sulla ferocia dei rapporti umani e di quelli tra le nazioni, sul drammatico confine tra la ricerca della giustizia e la tentazione della vendetta. Tutto questo si trova ne L’occhio di Dio (Edizioni Nord, Milano, pp. 448, € 16,90), nuovo romanzo di Giulio Leoni (intervistato tempo fa da LucidaMente). Un titolo suggestivo, riferito a un oggetto misterioso che infiamma l’immaginazione di uno dei più grandi scienziati di ogni tempo: Galileo Galilei.
Ci troviamo agli inizi del XVII secolo, quando in Europa trionfa la passione per le Wunderkammer, “camere delle meraviglie” in cui si raccolgono oggetti strani, fantastici e inverosimili, che sono la passione di uomini comuni e di sovrani. Ed è appunto in una di queste stanze, gestita da un’affascinante fanciulla che si circonda di una corte di esseri deformi, che nell’estate del 1605 capita Galileo Galilei in compagnia dell’amico Sagredo. Quello che vi scopre darà il via a un’avventura che lo porterà fin dentro la fortezza di Palmanova, allora di recentissima costruzione. Sono gli anni in cui l’astronomo pisano sta studiando i fenomeni magnetici e durante i quali imperversa la guerra sul mare: è soprattutto quest’ultimo scenario a interessare i tanti personaggi che si muovono nell’ombra studiando le mosse dello scienziato.
Presenze oscure e minacciose lo seguono fin dentro la città-fortezza, ciascuna con il suo nascosto interesse, con il suo odio, con il suo dolore segreto. Un coro di fantasmi spia gli spostamenti di Galileo e intanto complotta e si lacera al suo interno, a causa dei personali disegni di ognuno. E tra loro c’è anche la donna bellissima, giunta a Palmanova con la sua corte di mostri.
Palmanova, il prodotto della ragione e della geometria, la città perfetta, ma anche un pozzo oscuro in cui si sono dati convegno ambasciatori e spie, avventurieri e donne affascinanti. Un grande teatro, dove le perfette prospettive delle sue strade divergono tra di loro come divergono le intenzioni e le passioni dei suoi abitanti: guerrieri in attesa di un nemico che forse non arriverà mai, girovaghi trascinati lì dalle vicissitudini della vita, trafficanti, eroi e traditori. Verità e finzione, dramma e commedia, amore e odio si intrecciano sullo sfondo del secolare conflitto tra Venezia e l’Impero ottomano, nell’arco di tempo compreso tra la battaglia di Lepanto (1571) e l’estremo assalto alle mura di Vienna (1683).
Un conflitto totale, che investe una storica rivalità economica e politica, ma prima ancora religiosa e culturale, tra le due sponde del Mediterraneo. Una guerra che ormai nel Seicento non potrà più avere né vinti né vincitori, poiché l’asse del mondo si è spostato definitivamente al di là delle colonne d’Ercole, in quelle terre nuove e misteriose dalle quali proviene la misteriosa reliquia che dà il titolo al romanzo. Eppure pochi sembrano accorgersi di questa nuova realtà, imprigionati tra le mura di una fortezza che si erge in mezzo al nulla, come l’avanzo di un colossale naufragio.
Per un’altra “rivisitazione” di Galileo, vedi: Quando il prete assolve lo scienziato condannato dalla Chiesa. Per la recensione di una mostra dedicata allo scienziato pisano, tenutasi nel 2009 a Firenze, vedi: Galileo Galilei e l’astronomia.
Le immagini: la copertina de L’occhio di Dio e un’antica pianta della fortezza di Palmanova, entro la quale è ambientato il libro.
Flavio Pierri
(LM EXTRA n. 33, 16 novembre 2015, Speciale stragi Parigi, supplemento a LucidaMente, anno X, n. 119, novembre 2015)