Visioni, dispercezioni e autoinganni del nostro cervello: casi clinici di pazienti con danni e malfunzionamenti di alcune aree cerebrali. Proviamo a indagare i meccanismi neurofisiologici che provocano tali sintomi
Il recente libro del neurologo Oliver Sacks, Allucinazioni (Adelphi, pp. 320, € 19,00), affronta in modo divulgativo ma completo l’argomento scientifico degli stati immaginatori, corredato da un’esauriente bibliografia medica sugli studi compiuti e sulle pubblicazioni specialistiche apparse in prestigiose riviste scientifiche. La parola “allucinazione” iniziò a comparire nel Cinquecento, indicando il vaneggiare di una “mente errante”. Fu, però, soltanto negli anni Trenta dell’Ottocento che lo psichiatra francese Jean-Étienne Esquirol diede al termine il significato attuale, ossia di alterazione del normale stato della psiche; negli ultimi decenni, poi, la comprensione scientifica di questi fenomeni e dei meccanismi neurofisiologici che ne stanno alla base è enormemente aumentata.
Le nuove conoscenze provengono soprattutto dalla possibilità di ottenere neuroimmagini e di monitorarne l’attività elettrica e metabolica durante il manifestarsi delle allucinazioni. Tali tecniche – insieme a studi che prevedono l’applicazione di elettrodi in pazienti con epilessia non trattabile e che debbono essere operati – hanno permesso di individuare le zone del cervello responsabili delle diverse tipologie allucinatorie. Le prime interessano un’area della corteccia inferotemporale destra, normalmente implicata nella percezione delle facce che, se attivata in modo anomalo, può far immaginare volti umani. Le seconde si collocano nell’emisfero sinistro, nel giro fusiforme, dove una zona deputata alla lettura può generare visioni di lettere o parole, se stimolata anch’essa in maniera atipica.
Le allucinazioni hanno sempre avuto un ruolo preponderante nella nostra vita mentale, psicologica e culturale. In quale misura l’arte, il folclore e le religioni di ogni tempo e luogo hanno proliferato grazie a forme più o meno indotte di percezione alterata? Le cosiddette allucinazioni “lillipuziane” sono forse all’origine di elfi, fate, folletti e gnomi delle tradizioni popolari? Gli strani fenomeni che possono sopraggiungere durante gli incubi e le fasi del sonno ipnagogico e ipnopompico − quando, seppure immobili, percepiamo inquietanti presenze fisiche o abbiamo l’impressione di vedere figure inesistenti − sono forse all’origine delle credenze (poi differenziate dal tipo di cultura e di aspettativa) in demoni, spiriti, streghe o esseri alieni e malefici? Le crisi epilettiche estatiche, come quelle famose dello scrittore russo Fëdor Michajlovič Dostoevskij, sono alla base del nostro senso del divino? La qualità immateriale delle visioni incoraggia a credere nei fantasmi e negli spiriti? Per quale motivo ogni popolazione a noi nota − sia del passato, sia del presente − ha cercato e utilizzato essenze stupefacenti per procurarsi estasi, possessioni e contatti con esseri soprannaturali?
Non poche culture considerano le allucinazioni, al pari dei sogni, uno status di coscienza speciale e privilegiato, perseguito mediante pratiche meditative e spirituali oppure attraverso l’uso di sostanze psicoattive ed estenuanti cerimonie psicofisiche (isolamento, deprivazione, ipercinesi, ipoventilazione). Nella cultura occidentale, invece, esse sono considerate indice di follia oppure sintomo di qualcosa di grave che sta accadendo nel cervello, tanto che spesso i pazienti sono riluttanti ad ammettere di aver vissuto stati allucinatori. Molte volte capita di non riuscire a distinguere il reale dall’immaginazione vera e propria: la cultura, la religione, le aspettative e la suggestione di ognuno completano il quadro, contribuendo a confondere ancora di più il paziente, che si convince di aver vissuto esperienze reali.
Non tutte le forme di allucinazione, tuttavia, sono di origine patologica o traumatica. Chiunque, in particolari condizioni psicologiche, ambientali, culturali ed emotive, può essere vittima di visioni, mispercezioni o illusioni, le cui differenze sono spiegate in modo semplice nel libro di cui parliamo. Chi perde la vista, a causa di una degenerazione maculare dovuta al malfunzionamento delle cellule fotosensibili della retina, può vedere figure e persone che in realtà non ci sono? Si possono avere percezioni acustiche e olfattive e sentire musiche, rumori, voci e odori inesistenti? Una parte del saggio di Sacks è dedicata proprio al disturbo allucinatorio chiamato “sindrome di Charles Bonnet”, dal nome del naturalista e biologo ginevrino vissuto nel Settecento che, per primo, la individuò e ne intraprese la descrizione. Tutto ebbe inizio quando il padre dello studioso, Charles Lullin, un anziano signore di 89 anni, sperimentò visioni di persone, animali, edifici, carrozze e altri oggetti che gli si presentavano davanti in maniera vivida, molto più nitida e chiara di quel piccolo angolo di realtà distorta che, nonostante una malattia agli occhi, egli riusciva ancora a vedere.
Per gli individui colpiti da questa sindrome, il mondo appare adornato in modo irreale. A seconda dei casi, qualcuno può vedere le superfici degli oggetti coperte da motivi inesistenti, mentre persone cieche da anni possono cogliere, seppure senza interagire con l’ambiente, sequenze di azioni, figure e situazioni di ogni genere come fossero reali. La patologia può colpire individui con problemi oculari, tipo glaucoma o cataratta, ma talvolta essa è stata diagnosticata anche a normovedenti. Molti neurologi sostengono che la causa della malattia sia da ricercare nella deprivazione della vista e nei suoi disturbi: il cervello tenta, in questo modo, di compensare lo stimolo ridotto e il gruppo di neuroni della corteccia visiva che è disattivato. Con la capacità narrativa di un grande scrittore, Sacks affronta i casi clinici dei pazienti che ha incontrato e curato nella sua lunga carriera di neurologo. Come si spiegano le allucinazioni del parkinsonismo e quelle delle emicranie visive? Quali alterazioni psichiche caratterizzano il male “sacro”? Cosa può accadere sulla soglia del sonno e al risveglio? Come fa il cervello a cadere, molto più spesso di quanto si creda, in autoinganno? La realtà che elaboriamo in alcune zone del cervello è dunque una costruzione, più che una registrazione degli eventi?
Un incidente occorso a un chirurgo, collega di Sacks, gli procurò delle Oobe, ossia delle “esperienze fuori dal corpo”: un fulmine lo colpì in pieno e lo gettò a terra. «Ricordo un lampo di luce» disse successivamente il paziente «mi prese in pieno viso. La prima cosa che ricordo, subito dopo, è che stavo volando all’indietro. Poi stavo volando in avanti. Vidi il mio corpo per terra. Dissi a me stesso: “Cazzo, sono morto”. Vidi della gente radunarsi, convergendo intorno al corpo. E vidi una donna mettersi sopra al corpo e praticargli una manovra di rianimazione. […] Mi ritrovai circondato da una luce bianco-azzurra… una sensazione di enorme benessere e di pace». A questo punto, Sacks spiega che tali traumi portano a un abbassamento brusco della pressione ematica, il cervello riceve poco sangue e avviene una dissociazione della coscienza con dispercezioni e allucinazioni.
Si parla poi del “tunnel scuro”, correlato alla compromissione del flusso ematico nella retina (con anossia), e della “luce intensa”, come eccitazione neuronale che, da una regione del tronco cerebrale (il ponte) attraverso le stazioni di relay sottocorticali appartenenti al sistema visivo, giunge alla corteccia occipitale. Il libro compie un viaggio straordinario nell’universo dell’autoinganno dei sensi e nelle zone cerebrali deputate alle percezioni, per scoprire cosa siano e come funzionino le esperienze allucinatorie che il nostro cervello sperimenta durante il malfunzionamento di queste sue sedi.
Per altre informazioni, cfr.: Dan Ferrisi, Review of The Spiritual Doorway in the Brain (2011), in www.infidels.org; Shahar Arzy-Olaf Blanke-Stephanie Ortigue-Laurent Spinelli-Margitta Seeck, Induction of an illusory shadow person, in www.nature.com; Marco Cappadonia Mastrolorenzi, Il mistero Oobe, viaggi fuori dal corpo, in www.lucidamente.com.
Leimmagini: foto di Oliver Sacks; la copertina del libro Allucinazioni; un disegno che ricostruisce i disturbi allucinatori.
Marco Cappadonia Mastrolorenzi
(LucidaMente, anno VIII, n. 96, dicembre 2013)