Damiano Palano, nel proprio volume “Bubble democracy” edito da Morcelliana-Scholé, riflette sul senso della sfera pubblica ai tempi di internet e social. Sembra di essere pervenuti a una collettività anticomunitaria, costituita da individui isolati e autoreferenziali
Da fine Ottocento una tematica attraversa costantemente le scienze sociali: il rapporto tra l’individuo e la sfera politica. Le modalità con cui i singoli si relazionano alla sfera pubblica costituiscono infatti la grande questione all’origine delle Scienze sociali e della Filosofia politica. L’arrivo di Donald Trump alla Casa Bianca e il referendum sulla Brexit nel 2016 sono stati due eventi cardine che hanno riportato in auge queste riflessioni.
Si è trattato di fatti davvero inaspettati, e alcuni studiosi li hanno attribuiti all’incapacità dei cittadini di distinguere tra le proprie percezioni personali e i dati fattuali, facendo prevalere il proprio sentire: in nuce, il significato di post-verità. Il docente universitario di Filosofia politica Damiano Palano affronta la questione nel suo libro Bubble democracy. La fine del pubblico e la nuova polarizzazione (Editrice Morcelliana-Scholé, pp. 224, € 16,00). Al giorno d’oggi il pubblico tende sempre più a frammentarsi in piccolissime nicchie, che assomigliano a bolle così piccole che rischiano di contenere solo un singolo individuo. Tutto ciò che è in conflitto con i principi condivisi dentro una piccola bolla non solo non viene discusso, ma non riesce neppure a entrarci. Ed è così che nasce l’immagine evocativa della bubble democracy, una democrazia di bolle autoreferenziali, non comunicanti tra loro. Introdotti per la prima volta da Google nel 2009, i filtri di ricerca sono stati pensati seguendo le logiche di mercato delle inserzioni pubblicitarie. Tuttavia, ciò ha avuto ripercussioni anche sul mondo dell’informazione e della politica: quella macchina era stata pensata con l’obiettivo di rendere più efficaci le promozioni pubblicitarie, ma ha rivelato enormi potenzialità anche sotto il profilo della «campagna permanente», trasferendo sul terreno dello scontro politico le logiche proprie dell’intrattenimento.
Secondo Palano la polarizzazione di cui tanto si parla avviene proprio all’interno delle singole bolle, che tendono a esasperare le proprie posizioni: tuttavia oggi i leader e i partiti non sono capaci di tradurre queste contrapposizioni in grandi identità; anzi, sono costretti a rincorrere tali sciami emotivi che si manifestano soprattutto sui social. È proprio qui che risiede la differenza fondamentale tra la polarizzazione dei giorni nostri e di ieri. Le “filter bubble” sono un meccanismo che viene messo in atto automaticamente da parte degli algoritmi, i quali filtrano le comunicazioni che ci raggiungono. Le peculiarità delle filter bubble sono tre. Uno. All’interno della bolla siamo soli: la bolla dei filtri è una forza centrifuga che ci divide e ci isola. Due. Inoltre, essa è invisibile: non sono gli utenti che stabiliscono i criteri con cui vengono filtrate le informazioni ed è per questo che si crede erroneamente che le notizie ricevute siano obiettive e neutrali. Tre. Infine, non scegliamo noi di entrarvi. Ciascun utente è di fatto solo all’interno di una bolla: pur senza che ne sia consapevole, il mondo che vede è diverso dal mondo che vede qualsiasi altro utente, perché predeterminato dalle ricerche di consumo precedente. Che cosa resta dunque della democrazia, se abbiamo perso l’elemento del collettivo?
Le immagini: la copertina del libro Bubble Democracy.
Isabella Parutto
(LucidaMente 3000, anno XVI, n. 188, agosto 2021)