Due libri di Michail Gorbačëv e di Tichon Ševkunov rappresentano le distinte anime dell’ex Stato sovietico, tornato nuovamente sul palcoscenico mondiale
L’abbattimento dell’Airbus 321 russo nel Sinai e i gravi attentati di Beirut e Parigi rappresentano una scomposta reazione dell’Isis di fronte alle crescenti difficoltà militari incontrate in Medioriente. Da alcuni mesi, infatti, dopo i massicci attacchi dell’aviazione e della marina della Russia e le offensive dell’esercito di Bashar al-Assad, dei curdi e degli yazidi, gli jihadisti hanno iniziato a ritirarsi.
La politica estera adottata da Vladimir Putin si è rivelata per il momento efficace, ma gli Usa – e alcuni suoi alleati come la Turchia – non hanno gradito il ritorno dei russi sul palcoscenico mondiale, avversandone apertamente le scelte compiute in Crimea e nel Donbass, nonché l’impegno militare in Siria. La Russia putiniana non costituisce una minaccia per l’Europa, alla quale anzi fornisce petrolio, gas, materie prime e capitali da investire. I russi, tuttavia, fin dai tempi di Pietro I il Grande, hanno mantenuto sempre un rapporto ambivalente con l’Occidente, condividendone solo in parte i valori fondamentali. Il dibattito che, nell’Ottocento, contrappose gli “slavofili” agli “occidentalisti” fu la testimonianza più evidente della duplice anima della Russia, la quale ancora oggi rappresenta un ponte sospeso tra Oriente e Occidente.
Nel 2015 sono stati tradotti in italiano i libri di due noti intellettuali russi, Michail Gorbačëv e Tichon Ševkunov, che incarnano le due differenti “essenze” della loro nazione. L’ex presidente sovietico – fondatore dell’organizzazione ambientalista Green cross international e del Partito socialdemocratico unito della Russia – ha pubblicato Il nuovo muro. Un protagonista del Novecento racconta il mondo di oggi e il sistema Putin (Sperling & Kupfler, pp. 408, € 22,00); il secondo, vescovo ausiliario di Mosca, ha dato alle stampe Santi di tutti i giorni (Rubbettino, pp. 506, € 19,50).
Gorbačëv ha espresso sentimenti filoccidentali fin da quando era alla guida dell’Urss. Nel saggio Il nuovo muro, egli esamina criticamente le vicende della storia russa dell’ultimo ventennio, dai disastrosi governi di Boris El’cin – che impose una devastante «terapia d’urto» neoliberista alla già fiacca economia sovietica – all’avvento di Putin, il quale ha saputo migliorare le condizioni di vita della popolazione e restituire alla sua nazione il ruolo di potenza mondiale, pur ricorrendo a metodi talvolta discutibili. Gorbačëv è fermamente convinto che si debba «edificare in Russia una società nuova, libera e democratica» e critica Russia unita, il partito putiniano al governo, che gli appare «una fotocopia sbiadita del Pcus» poiché ha limitato il ruolo delle opposizioni e ha rafforzato il potere esecutivo a discapito della Duma. Il padre della perestrojka, tuttavia, apprezza le capacità politiche di Putin e del “delfino” Dmitrij Medvedev e ne approva la strategia militare a tutela degli interessi russi (riguardo, per esempio, alla difesa dell’Ossezia del Sud, all’annessione della Crimea e all’intervento militare in Siria).
Il vescovo Tichon, invece, nutre sentimenti “slavofili” ed è diventato famoso, nel 2008, dopo aver girato il documentario La distruzione dell’impero: una lezione bizantina, cortometraggio, una sorta di manifesto del nazionalismo e tradizionalismo propri di Russia unita. In un’intervista rilasciata al quotidiano la Repubblica, Ševkunov – che pare rivesta ancheil delicato incarico di confessore spirituale di Putin– ha enfatizzato il vincolo esistente tra la patria attuale e la storia bizantina, sostenendo in proposito quanto segue: «La Russia ha preso molto da Bisanzio. La fede, la scrittura e in gran parte anche la cultura e la struttura sociale. La Russia e Bisanzio sono legate tra loro come madre e figlia» (vedi Silvia Ronchey, Il confessore dello Zar: «Dio, patria e Santa Rus’», in www.repubblica.it).
Il libro Santi di tutti i giorni, pubblicato in russo nel 2012, ha venduto oltre un milione di copie ed è stato tradotto in varie lingue. Nel volume si narrano le storie di laici e chierici ortodossi che hanno conseguito la “santità” tramite un laborioso percorso di ricerca interiore o in virtù di una grande forza spirituale. Emblematico è il caso delle suore del monastero della Santissima Trinità Serafimo-Diveevskij di Diveevo, un villaggio dell’oblast’ di Nižnij Novgorod, le quali mantennero salda la propria fede durante il lungo regime sovietico. La Russia odierna, dunque, si dibatte tra istanze moderniste e religiosità atavica, alla ricerca di un’identità ben definita che le consenta di risolvere le contraddizioni nelle quali è tuttora invischiata. L’auspicio è che essa rimanga sempre un’interlocutrice affidabile dell’Unione europea, a tutela di quella “casa comune” minacciata dall’integralismo sunnita e sottoposta anche alle pressioni delle multinazionali per la ratifica dell’infido trattato economico denominato Ttip (vedi Un nuovo liberismo selvaggio imposto dagli Usa; Ttip: la gente che ne sa?).
Le immagini: foto di Obama e Putin al G8 del 2013, tenutosi in Irlanda del Nord e le copertine dei libri di Gorbačëv e Ševkunov.
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno X, n. 120, dicembre 2015)
Sto leggendo “Tempo di seconda mano” di Svetlana Aleksievic: premio Nobel Letteratura 201,5 è una voce diversa nell’analisi della Russia di Gorbaciev e di Eltsin… mi farebbe piacere un vostro parere in merito. Io non ho ancora superato le 100 pagine e non posso darlo, se non come pugno allo stomaco fra l’immaginario nostro e dei giovani russi e la realtà da vivere tutti i giorni. La Russia non è lontana dall’Italia per quanto riguarda la distanza tra chi esercita il potere e chi ne subisce le conseguenze… a presto mt
mariateresa martini
Le analisi di Svetlana Aleksievič non si discostano molto da quelle di Gorbačëv, perché entrambi criticano la politica economica sia di El’cin, sia di Putin. La scrittrice bielorussa incarna pienamente la componente democratica e occidentalista presente nell'”intelligencija” sovietica, che prima ha appoggiato la “perestrojka” e poi le riforme neoliberiste, salvo poi prendere atto dei disastri sociali provocati dal “capitalismo selvaggio” ancora oggi prevalente in Russia.
Cordiali saluti
Giuseppe Licandro