La dottoressa Anna Paola Rosaspina, omeopata esperta in Nutrizione, spiega l’importanza di mantenere il pH dell’organismo su livelli neutri e fornisce utili consigli per migliorare il nostro stile di vita
Un’alimentazione quotidiana equilibrata ha un ruolo strategico sul benessere dell’organismo. Se poi è alcalinizzante, oltre che associata a uno stile di vita sano, è in grado di prevenire le malattie infiammatorie. Come? Lo abbiamo chiesto alla omeopata esperta in Nutrizione Anna Paola Rosaspina, che lavora a Bologna.
Benvenuta, dottoressa Rosaspina. Quali malattie trovano terreno fertile in un ambiente acido dell’organismo?«Tutte le patologie infiammatorie possono svilupparsi in un organismo con pH acido. Grande importanza hanno i tessuti, in particolare quello connettivo, sostegno di tutti gli organi: questo costituisce infatti lo spazio intercellulare e al suo interno avvengono gli scambi di sostanza, in presenza di vasi e di nervi. Tornando al pH, l’acidità provoca un ispessimento di tali tessuti, con conseguente irrigidimento dei capillari e relativi ipoossigenazione e accumulo di cataboliti acidi. Se permangono le condizioni che li hanno provocati, i processi infiammatori così innescati sono suscettibili di cronicizzazione. Non va dimenticato che, in linea generale, le malattie si sviluppano quando il corpo vive in uno stato di ipoossigenazione. In carenza di ossigeno, infatti, tutte le reazioni chimiche sviluppatesi all’interno dell’organismo tendono a produrre sostanze acide».
Che cos’è il pH e quali sono i suoi valori ottimali?«Il pH – lettere iniziali di potentiae hydrogeni – è la concentrazione di ioni idrogeno presenti in un liquido biologico o in un tessuto. Il suo valore ottimale coincide con la neutralità, numericamente corrispondente a 7. Infatti, per il nostro organismo, il livello migliore va da 7 a 7,3. Se si esce da questo range si ha acidità (livelli minori) o alcalinità (livelli maggiori)».
Come si testa e qual è il momento della giornata più indicato per la sua misurazione?«La determinazione del pH può essere effettuata in svariati modi, che permettono la sua quantificazione a livello laboratoristico. Il metodo più semplice, utilizzabile in ambiente domestico, è costituito dalle cartine tornasole. Si tratta di piccole strisce di un materiale sensibile alla basicità o all’acidità del materiale che viene testato, come sudore, saliva o urina prodotta in diversi momenti della giornata. In quest’ultimo caso si ha un risultato più preciso: l’urina, infatti, essendo filtrata dai reni, racchiude una maggiore quantità di informazioni sul nostro organismo. Il valore del pH varia – anche sensibilmente – a seconda della condizione vissuta dal corpo nell’arco delle ventiquattro ore: esso risente, per esempio, dell’alimentazione, della sedentarietà e della capacità di ossigenazione. La dottoressa Catherine Kousmine (ideatrice di una dieta atta a combattere malattie come il cancro, ndr) consigliava un calcolo ben preciso: la media dei valori del pH misurato attraverso la seconda urina della giornata, quella prodotta prima di pranzo, e quella prelevata prima di cena».
Quali cibi è bene assumere e quali è opportuno evitare al fine di neutralizzare il pH?«Un’alimentazione quotidiana ben equilibrata dovrebbe comprendere sia nutrimenti acidi che basici, in modo che la somma totale di queste sostanze si avvicini il più possibile a valori prossimi all’alcalinità. In rete sono disponibili tabelle esplicative al riguardo. Non vi sono, pertanto, cibi da eliminare totalmente dalla nostra dieta. Ve ne sono però alcuni da consumare in maggiori quantità e altri che invece andrebbero assunti con minore frequenza. In linea generale, un’alimentazione particolarmente ricca di proteine animali comporta una maggiore acidità dei tessuti, poiché l’acido urico sviluppato viene eliminato dai reni soltanto in misura limitata. Ne consegue che quello non neutralizzato rimane nel sangue, provocando – se presente in grosse quantità – malattie gravi come la gotta. Se poi, nello stesso pasto, al consumo di carne si associa quello del formaggio, si ha un notevole aumento dell’accumulo proteico, con più alta difficoltà di smaltimento».
Che cosa si può dire riguardo alla frutta?«In questo caso si tratta – così come la verdura – di una sostanza più basica: una sua costante assunzione nell’arco della giornata assicura quindi alcalinità all’organismo. Alcuni frutti – come mele e agrumi – sono considerati acidi. Ma è altrettanto vero che gli acidi in essi contenuti sono deboli: pertanto, a contatto con i succhi gastrici, essi si trasformano in basi. Via libera, quindi, a un largo consumo di frutta, anche cotta, purché a basse temperature. Un esempio di gustosissimo dessert invernale, per esempio, è una porzione di mela bollita o al forno con sopra una spolverata di cannella. La cottura permette lo spezzettamento delle fibre dei grandi carboidrati, rendendoli perfettamente digeribili e agevolando così il lavoro dell’intestino».
Sono da preferire le verdure crude o quelle cotte?«Al riguardo esistono differenti scuole di pensiero, tutte piuttosto interessanti. Personalmente consiglio di abbinare – in ogni pasto – entrambe, in modo da unire le loro caratteristiche positive. Riguardo alla preparazione, quella al vapore è forse la più rispettosa dei contenuti vitaminici e dei sali minerali. Tuttavia, anche quella al forno può essere consigliata, soprattutto mantenendo temperature non elevate. I crudisti consigliano cotture, per tutti gli alimenti, non superiori ai 40°, in modo da conservare il più possibile le caratteristiche bromatologiche, ossia la composizione e le proprietà chimiche e fisiche, degli alimenti».
Quale rilevanza hanno, nella dieta alcalinizzante, i legumi e i cereali?«Hanno entrambi un’importanza enorme. Non dimentichiamo, in linea generale, che a un maggiore consumo di alimenti basici dovrebbe corrispondere una diminuzione di apporto di proteine animali, con equivalente aumento delle vegetali. Queste ultime si trovano in tutti i legumi e – in piccola quantità – nei cereali, soprattutto quelli integrali. È importante associare sempre entrambi gli alimenti: la loro integrazione fornisce infatti una valida quota proteica, al pari di quella garantita da un alimento animale. In questo modo, poi, evitiamo di assumere anche i grassi che la carne, per sua natura, contiene».
Quanto è determinante mantenere una buona idratazione per avere un pH neutro?«Moltissimo. Bere spesso – acqua e/o tisane – comporta la diluizione del “mezzo” in cui sono immersi gli ioni idrogeno. Facilita inoltre i meccanismi biochimici, che avvengono tutti in un ambiente semiliquido come il citoplasma cellulare, ma anche come lo spazio intercellulare, nel quale avvengono gli scambi metabolici. Andrebbe assunto quotidianamente 1 litro ogni 25 chilogrammi di peso, per esempio bevendo un bicchiere ogni ora. Via libera anche ai frullati e ai centrifugati, purché a base di acqua. Questi ultimi sono particolarmente indicati nei mesi estivi, in quanto integrano i sali minerali persi con la sudorazione. Un discorso diverso va fatto riguardo alle bibite gassate e ai succhi di frutta industriali: contenendo numerosi acidi – citrico e per la conservazione – e moltissimo zucchero aggiunto, risultano bevande tutt’altro che alcaline».
Gestire lo stress e le reazioni emotive riduce l’acidità del pH?«Assolutamente sì. Tutte le azioni che “spengono” il sistema ortosimpatico e attivano quello parasimpatico innescano effettivamente reazioni chimiche che favoriscono più l’alcalinità che l’acidità. Validi aiuti per ridurre l’acidità del pH sono un buon sonno (almeno sette o otto ore a notte), la meditazione, la preghiera. Insomma, il riposo costruttivo in generale, secondo la regola di san Benedetto da Norcia: un congruo numero di ore di lavoro associato quotidianamente a un determinato tempo dedicato all’arte, alla musica, alla parte ludica dell’esistenza umana. La Kousmine aveva personalmente sperimentato su se stessa questo principio: il valore del proprio pH, misurato dopo una passeggiata di un’ora nei boschi al termine di una giornata di lavoro, tendeva maggiormente all’alcalinità, mentre ciò non accadeva con quello rilevato prima dello svago in mezzo alla natura».
Quali tipi di sport abbassano l’acidità del pH?«Qualunque attività che non comporti un eccessivo stress per il nostro corpo. Il battito cardiaco durante l’esercizio fisico non dovrebbe infatti superare i 100 battiti al minuto o comunque dovrebbe all’incirca corrispondere al doppio del numero di battiti a riposo. Via libera quindi a passeggiate all’aria aperta, ai tragitti casa-lavoro percorsi a piedi e alle biciclettate, purché affrontate senza fretta. Non va dimenticato che l’ossigenazione è importantissima per equilibrare il pH dell’organismo e che, in generale, sono da preferire sport praticati all’esterno. Chi svolge attività agonistica corre invece il rischio che nei muscoli si accumuli l’acido lattico prodotto dallo sforzo fisico. Per questo motivo dovrebbe, più degli altri, porre attenzione alla propria alimentazione».
Le immagini: Annapaola Rosaspina, Catherine Kousmine e immagini relative a una dieta equilibrata e a un corretto stile di vita.
Emanuela Susmel
(LucidaMente, anno IX, n. 103, luglio 2014)
In molte diete si parla di non limitarsi ai classici tre pasti al giorno ma di mangiare più spesso. Ci sono dei vantaggi anche in termini di fluttuazione dei valori del PH durane la giornata legati ad una alimentazione più frequente?
Saluti
Sara
Gentilissima Sara,
grazie per averci scritto.
Gireremo il suo quesito alla dottoressa Rosaspina, che le risponderà.
Il direttore della rivista
Cara Sara, la necessità di non limitarsi ai classici 3 pasti al giorno paradossalmente permette di accelerare il nostro metabolismo. Le nostre cellule sono sempre, costantemente in attiva riproduzione e quindi necessitano di un nutrimento non dico costante ma quasi, dovuto proprio dal ritmo circadiano del nostro organismo. Inframmezzare i pasti principali con due spuntini di frutta non solo permette di mantenere sotto controllo il livello di acidosi a cui il nostro organismo tende costantemente, ma permette di non arrivare mai al pasto successivo con un senso di fame che ci porti poi ad esagerare, non ci sovraccarica di grassi e proteine e fornisce zuccheri non raffinati solo parzialmente utilizzabili dal nostro organismo, fornisce fibre che migliorano il funzionamento dell’intestino, fornisce vitamine, che sono enzimi importantissimi che facilitano le reazioni biochimiche cellulari, infine ci aiutano a mantenere un buon apporto idrico senza però dimenticare l’importanza di un buon apporto di acqua.
“La dottoressa Anna Paola Rosaspina, omeopata esperta in Nutrizione,” non ho capito il titolo di studio della dottoressa, in omeopatia o in Scienze della nutrizione?!?
Egregio Bardhi, il mio titolo di studio è dottore in medicina e chirurgia, ho poi conseguito un diploma in omeopatia, sono iscritta all’associazione FIAMO che è una delle associazioni più importanti in Italia per quanto riguarda l’omeopatia, da 30 anni mi occupo di alimentazione, anche se non ho conseguito la specializzazione in Scienza della nutrizione.
Ho conseguito un master in Nutrizione molecolare e sono iscritta a un secondo master in Alimentazione vegetariana.
Spero di essere stata esauriente.
Cordiali saluti
Tutto chiaro dottoressa. grazie