Fresca di stampa, ecco “La bambina impazzita” (Arkadia editore) della scrittrice ferrarese: una gioiosa silloge divisa in nove sezioni
Almeno un pregio va subito riconosciuto ai libri della narratrice e poetessa ferrarese Viviana Viviani: il fascino e l’originalità dei suoi titoli. Dopo il surreale romanzo Il canto dell’anatroccolo (vedi la nostra recensione Il sottile fascino della diversità) e la raccolta poetica Se mi ami sopravvalutami, è da poco nelle migliore librerie, in bella veste grafica, una seconda silloge. Il suo titolo è La bambina impazzita (Prefazione di Pasquale Vitagliano, Arkadia editore, Cagliari 2023, pp. 132, € 16,00), comprendente alcune poesie già comparse nella precedente raccolta.
Una poesia gioiosa e piena di vitalità
Ovviamente, il valore dell’opera non consiste solo nel suo accattivante, stravolgente titolo di copertina. Il carattere peculiare degli scritti della Viviani, come era già emerso in precedenza, consiste nella freschezza, nella vitalità, nella trasgressione non volgare, nell’ironia (e nell’autoironia), in una sorta di femminismo che poco ha a che fare con gli attuali isterismi e vittimismi.
Del resto, basta aggiungere che nel 2021 l’autrice ha scritto tre testi per l’album Malcostume di Immanuel Casto, vale a dire il più originale, inafferrabile e intelligente – e quindi censurato – dei musicisti pop italiani.
Le poesie de La bambina impazzita sono divise in nove sezioni, ciascuna preceduta da una citazione. Di diversa lunghezza, trattano delle varie età della vita, ma anche di temi come «La passione», «Il tempo», «La morte», «Il ritorno». Sono tutte caratterizzate dalla semplicità, dalla chiarezza e dalla quasi totale assenza di punteggiatura. Ma anche da molte rime baciate, spesso a fine poesia, che risultano efficacissime nel trasmettere un messaggio forte, perlopiù straniante e anticonformista, a volte aforistico e paradossale. E soprattutto fulminante!
Un po’ di sana perfidia
Raggelante, infatti, è la conclusione in rima baciata de La prima della classe: «Studia solamente per paura / nel cuore la scolara prediletta / coltiva già un futuro di vendetta». D’altra parte, in tempi di buonismo peloso, “petaloso” e ipocrita, quanto sono vivificanti i versi de La cameriera e la signora! La prima pensa della seconda: «La più elegante della festa / la donna forte che si basta / raccogli soldi per i poveri / io ti sorrido e penso fottiti».
Ma la “cattiveria” s’espande anche verso se stessi, nell’umile quotidianità e sui limiti dell’umanità. Infatti, l’autoironia permea tutta la silloge. Ad esempio, la troviamo nella chiusura de L’aspirante orfana: «Poi da grande che fregata / mi ero sopravalutata». O in Cedo il posto sul bus: «Cedo il posto sul bus / sono educata / ma non arriva più / la mia fermata». O in Gennaio: «Gennaio è solo gelo / color del ghiaccio il cielo / è un mese senza Dio / son nata pure io».
E, ancora, nelle Ultime volontà: «E se diranno / “Ormai s’era svanita” / diglielo ch’ero così / da tutta la vita».
Riflessioni verso la metafisica
La Viviani non prende tanto sul serio neppure la poesia e i poeti: «È morto un verso / si era perso / senza la rima / si sentiva diverso / […] / si è suicidato / giù dal foglio / si è buttato / ma era sdrucciolo / forse è scivolato» (Incidente). «Un poeta che legge poesie / pensa sempre “son meglio le mie”» (Il poeta lettore).
Gustoso è il dialogo, di sapore gozzaniano, tra La giovane stampante e il vecchio calamaio. In Non conosco la morte troviamo una raggelante sensazione tra il comico, l’horror da Doppelgänger e la nostra tragica condizione esistenziale: «Ma io sento che m’insegue / il mio corpo per uccidermi».
Così come una – letteralmente – abissale meditazione metafisica si ha in Turritopsis nutricola (la medusa immortale che torna sempre allo stato di polipo dopo aver raggiunto lo stadio adulto): «Il suo mistero a nessuno confessa / l’anima cambia o rimane la stessa?». Oppure, ne Lo specchio: «Lo specchio mostrando al contrario / le lettere sopra il gilè / mi dice ch’è tutto illusorio: / io sono l’opposto di me».
Una scoiattola della penna
La vivacità e la fantasia della Viviani fanno sì che le parole non le bastino mai, per cui ecco che arrivano neologismi come «amorespiffero», «ingrigia», «inrosa», «libertudine»…
La Viviani è un funambola e una scoiattola della penna, tanto da ricordare le “stramberie” di Aldo Palazzeschi.
In conclusione, La bambina impazzita è una silloge che può anche apparire bizzarra, ma che sarà apprezzata pure da chi non ama la poesia. Una silloge senza troppi sentimentalissimi strappalacrime e riflessioni seriose sul mondo e sulla sua sofferenza o ingiustizia, ma che non si prende troppo sul serio e, proprio per questo, risulta paradossalmente più profonda di tante scritte dai «poeti laureati» di montaliana memoria.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XVIII, n. 210, giugno 2023)