Covid-19: nel Mezzogiorno pochissimi contagiati e morti rispetto a Lombardia ed Emilia-Romagna, Sanità che ha retto, cittadini disciplinati e persino qualche successo calcistico con annessi festeggiamenti senza freni. Che i soliti luoghi comuni vadano sovvertiti?
Pochi giorni fa, il 30 giugno scorso, ha suscitato roventi polemiche uno spot pubblicitario ideato dal massmediologo italo-svizzero Klaus Davi per promuovere il turismo in Calabria, in particolare nella Locride e nella Riviera dei Gelsomini, in provincia di Reggio. Peraltro, nel 2019 Davi è stato eletto provocatoriamente consigliere comunale a San Luca, in Aspromonte, luogo nativo del celebre narratore Corrado Alvaro (1895-1956), ma anche tra i paesi a più alta concentrazione ’ndranghetista.
Fin qui nulla di strano. Ciò che ha fatto arrabbiare il Nord e le concorrenti riviere adriatiche è stata l’esplicita comparazione tra le spiagge e la regione calabra, belle, pulite, non inquinate e senza rischi di contagio da coronavirus, e il Settentrione contaminato, con una cattiva Sanità, sovraffollato e, soprattutto, a rischio infezione (vedi Ma è vero che per Covid-19 si muore più in Italia che altrove?). Non stiamo esagerando. Lo spot inizia con alcune foto delle spiagge del Nord Italia come Jesolo, Rapallo o Rimini, «affollatissime – si afferma – anche in queste ore e dove il distanziamento sociale è una chimera». Ecco alcuni altri provocatori brani dello spot, che compaiono in sovrimpressione su splendide immagini di mare, arte, natura, cultura della Locride: «Politiche ambientali e sanitarie suicide, orientate al business, hanno distrutto la sanità e consentito all’inquinamento di esplodere e causare migliaia di morti». Invece «in Calabria il distanziamento sociale si pratica da tremila anni. Una forma di civiltà e di rispetto che ha preservato queste terre da un contagio di massa come è avvenuto altrove».
Altro messaggio positivo: «Spiagge sterminate e mozzafiato della Locride, di Africo, di Bianco, di Caraffa del Bianco, di Locri, di Siderno, per non parlare dell’Aspromonte, incontaminato e selvaggio, dove primeggia San Luca, borgo che ha dato i natali a Corrado Alvaro». Associamo questa pubblicità alle prese di posizione di questi mesi dei vari presidenti delle Regioni Campania, Puglia, Sardegna, Sicilia, nonché della stessa Calabria, coi messaggi di non viaggiare dalle zone più colpite dalla Covid-19 verso il Sud. E, soprattutto, guardiamo alla realtà dei fatti: le regioni meridionali hanno avuto infinitamente meno contagi e deceduti rispetto alle zone del Nord (da settimane molti territori hanno zero tamponi positivi); i cittadini si sono generalmente comportati bene, in modo disciplinato, seguendo le direttive governative atte ad arginare il contagio; nei casi di emergenza la sanità pubblica del Meridione ha dimostrato di essere all’altezza del problema.
Ecco, allora, che lo spot di Davi può essere visto sotto una luce meno indisponente. Inoltre, per uno strano caso, le squadre meridionali di calcio – unico sport che ha stabilito di portare a termine o comunque definire la sorte di propri campionati – hanno conseguito dei successi straordinari. Si pensi al Benevento, promosso in serie A con ben sette giornate d’anticipo e con vari record all time; oppure alla Reggina, tornata in serie B dopo un campionato dominato; o al Palermo, risalito subito in C dopo il fallimento societario. E, intanto, Crotone e Salernitana sono in lizza per il salto in A, e Bari, Catania, Catanzaro, Potenza partecipano ai playoff per essere promossi in serie B. I folli festeggiamenti dei tifosi sanniti e reggini per i successi delle loro rispettive squadre sono stati gli unici episodi di mancato rispetto delle regole di distanziamento fisico e di assembramento. Ma che volete farci? L’entusiasmo era irrefrenabile e, vista l’assenza da giorni di tamponi positivi, il rischio di contagio minimo.
Molto peggiori i comportamenti tenuti in alcune città lombarde anche in prossimità del lockdown. Insomma, nella temperie dell’orribile 2020, sono tanti i motivi dei quali il Sud può andare abbastanza fiero. Certo, si tratta di piccole rivincite, scatti di orgoglio, persino criticabili dal punto di vista razionale, rinnovando il conflitto regionale, localista, campanilista. Tuttavia, dopo centinaia di anni di umiliazioni, soprusi, violenze, falsità e soprattutto depauperamento postunitario delle risorse meridionali (vedi anche Perché i meridionali divennero Terroni), possiamo, una volta tanto, chiudere un occhio… Tuttavia, sarà vitale analizzare i dati e studiare perché vi sia stata così tanta differenza nell’incidenza dell’epidemia tra le regioni italiane più colpite e quelle meno. Inquinamento? Qualità dell’aria? Clima? Densità demografica? Cibi? Tipi di dieta? Costumi? Solidarietà sociale? Se ci sarà, la risposta potrà aiutarci nel combattere questa e altre patologie.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XV, n. 175, luglio 2020)