“Vita selvatica” (Lindau) è un dialogo tra Claudio Risé e Francesco Borgonovo sui principali nodi della società attuale, condannata a un’irreparabile decadenza
Un anziano psicologo-analista junghiano e un giovane giornalista, entrambi amorevolmente e tenacemente tesi alla difesa della tradizione, s’incontrano e discorrono sulla “Terra desolata”, archetipo del grande poeta angloamericano del XX secolo Thomas Stearns Eliot (1888-1965), che ben definisce la nostra attuale condizione.
L’esito è un saggio a quattro mani sotto forma di dialogo in grado di ricapitolare in sintesi i vari disastri che stanno annullando più di duemilacinquecento anni di civiltà. Il titolo del libro è Vita selvaggia. Manuale di sopravvivenza alla modernità (Lindau, pp. 304, € 18,00). Gli autori sono Claudio Risé, autore di parecchi celebri libri (vedi alcune copertine in questo articolo), e Francesco Borgonovo, attualmente tra le firme più prestigiose del quotidiano La Verità (vedi Islamofobia, il bavaglio alla libertà). Un libro agile, ma farcito di decine e decine di citazioni e che ricapitola i nodi scorsoi che stanno strangolando la civiltà occidentale, lanciata verso l’autodistruzione.
A cominciare dal calo demografico, causato sia dalla disintegrazione della famiglia tradizionale, sia dallo stravolgimento dell’Eros, che, secondo Risé, oggi «viene vissuto e goduto immediatamente, e altrettanto immediatamente si perde in una dimensione di godimento rapido, completamente separata dalle grandi fonti del piacere che sono anche quelle della bellezza, della vita, dell’amore e della fecondità». Negli ultimi decenni il padre e il maschile sono stati ridicolizzati (vedi La crisi dell’universo maschile secondo Éric Zemmour). Con loro, ciò che si collegava al maschile: il confine, il limite, la norma.
Afferma Borgonovo che vi è stato un accoppiamento contronatura tra capitalismo finanziario e ideologia progressista, che pur avrebbe dovuto opporsi al primo. Ne è derivata una nuova cultura di massa, basata sulla soddisfazione immediata di ogni pulsione, senza alcuna sua sublimazione e trasformazione in visione o progetto. L’individuo medio odierno è infantilizzato e svirilizzato: affetto da narcisismo, eternamente gaio e teso al divertimento superficiale, poco interessato all’altro, incapace di affrontare i grandi temi come la lotta, il dolore, la morte. Secondo Borgonovo, gli esseri del futuro rischiano di essere «indifferenziati, completamente sradicati, strappati alla natura, ma pure alla cultura di appartenenza. […] Individui che possono essere sfruttati nello stesso, identico modo. Individui fluidi, dunque malleabili».
La scomparsa dei riti di passaggio e di iniziazione, il rifiuto di distinguere e valorizzare le reali diversità (uomo-donna, tra le diverse culture, tra i diversi popoli) in nome di una cultura dell’indifferenziato; la scristianizzazione e, più in generale, la totale secolarizzazione ed eclisse del sacro e della sacralità, delle energie dei miti e delle memorie nazionali; la folle inettitudine o, peggio ancora, cecità nel riconoscere i conflitti; la maternità surrogata, le teorie gender, persino la perdita delle tradizioni alimentari e il conseguente cibo-spazzatura, sono tutti aspetti del “nuovo che avanza”.
Insieme alla figura paterna, la moda ha falcidiato anche la famiglia, in quanto – argomenta Risé – la sua base, contrariamente ai canoni attuali, «non è la ricerca del piacere e della gratificazione personale, ma piuttosto il dono di sé, agli altri e alla comunità per la loro crescita e il loro sviluppo». A opporsi a tali brutture restano in pochi, anche perché, sempre secondo lo psicologo, Internet rende, soprattutto i giovani, «progressivamente incapaci di leggere un libro e di ricordarsi di cosa si tratta. […] I nuovi media nati dalla rete stanno provocando […] una rivoluzione anche nel modo di sentire e di essere delle persone. […] l’uso continuo della rete probabilmente indebolisce la memoria […]. Non si tratta di diventare stupidi, ma di non pensare più, mai». In uno scenario così disorientante, sconsolato, apocalittico, quali (labili) speranze restano in vita?
Per Risé la risposta individuale alla disumanizzazione, alla massificazione globale, al pensiero unico, risiede nella riscoperta della natura, della sua energia primigenia: «Un intenso rapporto con la natura lega più profondamente alla libertà, ed è istintivamente allergico all’autoritarismo burocratico degli Stati». Sull’altro versante, quello più politico-sociale, secondo Borgonovo l’odierno populismo e la sua ascesa sono una reazione a politiche e imposizioni culturali di poteri spietati e disumani. Pertanto, in esso vi è una forte vena libertaria. In conclusione, non ogni speranza è perduta.
Le immagini: la foto di Francesco Borgonovo è tratta dal sito ufficiale della Lindau.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XIII, n. 151, luglio 2018)