Le contestazioni durante i cortei dello scorso 25 aprile testimoniano il permanere di una visione riduttiva e semplicistica della Resistenza: in realtà, essa appartiene a ogni italiano. Ed ebrei e arabo-palestinesi durante la guerra…
Il 72° anniversario della Liberazione è stato contrassegnato dalle contestazioni esplose durante le manifestazioni di Genova e di Milano, dove alcuni militanti dei centri sociali hanno fischiato e inveito – rispettivamente − contro il governatore della Regione Liguria, Giovanni Toti, e i membri delle Brigate ebraiche.
C’è qualcuno che purtroppo non ha ancora compreso il significato più autentico della guerra di Liberazione, ritenendo semplicisticamente che la memoria della Resistenza appartenga solo alle componenti più radicali della sinistra. Come ha ben chiarito il recentemente scomparso storico e partigiano Claudio Pavone nel libro Una guerra civile. Saggio storico sulla moralità nella Resistenza (Bollati Boringhieri), la lotta per liberare l’Italia dai nazisti interessò invece una molteplicità di soggetti politici e fu contrassegnata da tre distinte tipologie di guerra: patriottica, civile e di classe. La più rilevante sul piano etico-politico fu certamente la prima, che coinvolse gruppi partigiani di diverso orientamento ideologico (azionisti, cattolici, comunisti, liberali, monarchici, socialisti), accomunati dalla resistenza all’occupazione tedesca e dal desiderio di libertà. Durante la Prima Repubblica, ai cortei del 25 aprile partecipavano tutti i partiti antifascisti che contribuirono alla nascita della democrazia italiana e, pertanto, oggi hanno diritto di farlo anche quelli che ne hanno ereditato gli orientamenti politici.
È bene ricordare inoltre che, all’inizio della Seconda guerra mondiale, l’esercito britannico inglobò al proprio interno 15 battaglioni di ebrei provenienti dalla Palestina, all’epoca appunto mandato del Regno unito. Essi combatterono al fianco anche di un battaglione di arabo-palestinesi (i quali, invece, come popolo, militarono per lo più con l’esercito nazifascista). Nel settembre del 1944 circa 5.000 volontari costituirono le Brigate ebraiche che, nella primavera del 1945, diedero il loro significativo contributo alla liberazione della penisola italiana. Circa 30.000 ebrei palestinesi furono complessivamente impegnati nelle operazioni militari in Italia, 700 dei quali persero la vita in combattimento (vedi Jewish Brigade Group, in www.ushmm.org).
L’attuale presidente dell’Associazione nazionale partigiani d’Italia (Anpi), Carlo Smuraglia, ha stigmatizzato gli incidenti avvenuti e, durante il comizio che ha concluso la manifestazione di Genova, si è espresso chiaramente contro le contestazioni: «Fischi e commenti negativi sono sbagliati. […] Oggi dobbiamo esigere che tutti partecipino liberamente a questa festa della Liberazione» (vedi 25 aprile, a Roma manifestazioni divise di Anpi e Brigata Ebraica. Raggi a entrambe, il Pd diserta quell[a] dei partigiani, in www.ilfattoquotidiano.it). Il presidente dell’Anpi ha reiterato il suo invito alla condivisione della memoria partigiana nel corso del programma #cartabianca, trasmesso su Rai Tre nella serata del 25 aprile, auspicando che simili episodi non si ripetano più e si ricomponga lo spirito unitario che dovrebbe essere alla base della cultura democratica e antifascista. In un recente articolo, riguardo alla multiformità della guerra di Liberazione, lo storico Enzo Collotti ha scritto: «Tenere insieme la dimensione di queste diversità è il prezzo e l’onere cui si deve fare fronte per salvare il consenso al 25 aprile, alla Liberazione, e non relegarlo come un episodio del passato che non ha più nulla da dire al presente» (L’eredità di quella Liberazione, in www.ilmanifesto.it).
I fischi e le contestazioni dei cortei di Genova e Milano sono apparsi decisamente fuori luogo. Fermo restando il diritto di ciascuno di partecipare alla festa della Liberazione con i propri simboli e i propri slogan, non bisogna però mai scadere nel settarismo e nella provocazione fine a se stessa. Chi non gradisce la presenza di taluni gruppi politici o di qualche associazione partigiana durante le commemorazioni ufficiali, è libero di non partecipare o di festeggiare separatamente il 25 aprile, come del resto hanno deciso di fare a Roma la comunità ebraica e il Pd capitolino.
Le immagini: in apertura, corteo di partigiani a Milano il 28 aprile 1945; la copertina di Una guerra civile; il presidente dell’Anpi Carlo Smuraglia (fonte: https://it.wikipedia.org; autore: HartemLijn).
Giuseppe Licandro
(LucidaMente, anno XII, n. 137, maggio 2017)
Avete eliminato “quel maledetto crucco di Moebius?”
Complimenti per la censura…
Gentilissimo lettore:
1) cosa c’entra Moebius con l’articolo sulla Liberazione?
2) L’articolo è sempre on line: noi non conosciamo censura, né interna, né esterna.
Ecco il link:
https://www.lucidamente.com/1802-quel-maledetto-crucco-di-moebius/
I “compagni che sbagliano” sono una deprimente costante della sinistra italiana; vedere le solite reprimende a posteriori sull’omicidio Calabresi e sulle B.R., per chi ha memoria e vissuto quegli anni. Impostazione comunque avallata sempre da giornalisti e intellettuali d’area pronti a firmare manifesti, e questo, assieme agli atteggiamenti di tanti pseudorivoluzionari, dei centri sociali mi fa affermare che i decenni, tra poco i secoli, sono passati inutilmente a fronte della mancanza di revisione ideologica dell’armamentario della sinistra storica, ex PCI e derivati.