Per il noto polemista, si è trattato di “Un quinquennio per nulla” (Enrico Damiani Editore). Un libro che contesta duramente Unione europea, globalizzazione, multiculturalismo, immigrazione…
Petulante, febbrile, appassionato, idealista, provocatorio, reazionario, lucido, violento, querulo, rancoroso, illuminante, acuto, provocatorio, insopportabile, coraggioso, eroico… Ciascuno può definire il noto giornalista francese Éric Zemmour come più gli aggrada. E amarlo o odiarlo. Non sono ammesse mezze misure.
Ebreo di origine algerina, incredibile sosia di Charles Aznavour, di lui abbiamo già recensito i suoi due precedenti saggi tradotti in italiano, Il suicidio francese (Enrico Damiani Editore) e Sii sottomesso (Edizioni Piemme), rispettivamente in Dalla Francia all’Europa, come ci siamo ridotti così e ne La crisi dell’universo maschile secondo Éric Zemmour. Per un suo profilo complessivo, rimandiamo all’articolo Éric Zemmour, nemico pubblico di Giulio Meotti. Da poco, ancora Damiani ha tradotto e pubblicato Un quinquennio per nulla (pp. 528, € 22,00). Un diario quasi quotidiano di commento alle vicende francesi ‒ a volte sconosciute per un lettore medio italiano e, pertanto, difficili da capire ‒ e internazionali. Dall’8 gennaio 2013 al 6 luglio 2016. Più o meno, gli anni della presidenza di François Hollande alla Repubblica francese. Periodo caratterizzato da terrorismo “di matrice islamica” e crisi economica.
Gli avvenimenti di tali anni costituiscono per l’autore l’occasione per analizzare la realtà politica, storica, sociale, culturale d’insieme. Rispetto al precedente lavoro, Il suicidio francese, che copriva il periodo 1970-2007, con l’individuazione delle tappe che hanno destrutturato la vecchia Francia (ed Europa), forse vi è ancora più acrimonia. Non mancano i tentativi di compiere grandi sintesi storiche. La cronaca diviene spunto-pretesto per analisi, considerazioni, riflessioni. E, appunto, è proprio l’originalità e l’acutezza di Zemmour il motivo principale per leggere il libro. L’autore ne ha per tutti. Persino per il Front national di Marine Le Pen, che dovrebbe essere il partito a lui più affine. Enumera una carrellata di personaggi, alcuni noti, altri meno, che demitizza senza pietà (vedi Nelson Mandela).
Anche la realtà internazionale e i conflitti in atto (Algeria, Ciad, Iraq, Repubblica centrafricana, Siria, Turchia, Ucraina, ecc.) sono rivisitati in modo originale e pungente. Ma controcorrente e interessanti sono soprattutto le sue riflessioni su Unione europea, globalizzazione, multiculturalismo, immigrazione… Ne citiamo qualcuna. Sul fenomeno migrazione: «Uno straniero che arriva in un altro Paese su richiesta di quest’ultimo è un immigrato. Uno straniero che arriva illegalmente è un clandestino. Degli stranieri che arrivano […] a milioni sono degli invasori. […] Un rifugiato deve essere accolto. Un invasore deve essere respinto». Gli immigrati che non si integrano o, meglio, che non si assimilano, anzi impongono le loro leggi, sono dei «colonizzatori, […]. Questa colonizzazione islamica è una contro-colonizzazione». E gli operai europei «hanno capito bene che i banchieri e i dirigenti utilizzano gli immigrati come un esercito di riserva del capitalismo, al fine di pesare sui costi salariali e dividere il campo dei lavoratori». Insomma, tra Karl Marx e Diego Fusaro…
La sinistra è in crisi non perché ha perso la battaglia dei valori, come comunemente si afferma, ma «esattamente il contrario. È perché ha vinto la battaglia dei valori che non si è resa conto che aveva perso la battaglia della realtà. È perché ha imposto le sue parole e la sua morale, quella di un’elite progressista e globalizzata, che ha dimenticato i mali e la morale del popolo». Spesso Zemmour fa riferimento all’Italia, con una sorta di sentimento di vicinanza: «Siamo due volte vittime dell’euro: le nostre esportazioni soffrono e diminuiscono perché l’euro è troppo forte; e all’interno dell’Europa non possiamo più svalutare per proteggerci dal rullo compressore dell’industria tedesca. È l’euro la doppia lama. E l’Italia vive lo stesso inferno». In conclusione, Un quinquennio per nulla comprende schegge di pensiero libero e taglienti quanto fulminanti valutazioni che valgono la fatica della lettura di un libro alquanto voluminoso.
Rino Tripodi
(LucidaMente, anno XII, n. 142, ottobre 2017)
Molto interessante! 🙂