Un appello firmato da decine di associazioni e personalità italiane denuncia le violenze e le discriminazioni sui gay nel paese islamico considerato “moderato” e chiede provvedimenti governativi
Sebbene la Tunisia sia considerata uno dei pochi paesi a maggioranza islamica democratico e “moderato”, lì la vita, per la cosiddetta comunità Lgbti (lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali), è tutt’altro che facile. Dieci persone, tra cui anche alcuni giovani sotto i 20 anni, sono state arrestate giovedì scorso a Tunisi sulla base dell’articolo 230 del codice penale tunisino, che condanna la “sodomia” con una pena fino a tre anni di carcere.
Tra gli arrestati, ci sono anche tre ragazzi che erano già stati condannati e poi liberati per lo stesso “reato” passando alcuni mesi in carcere, dove avevano subito grotteschi “test anali” e violenti abusi dalle guardie e dagli altri detenuti. Lo segnala un appello-denuncia italiano redatto e sottoscritto da decine e decine di associazioni e personalità. La preoccupazione è accresciuta anche e soprattutto dalla concreta possibilità che i giovani finiscano nel carcere di Mornaguia, tra i più famigerati di tutta la Tunisia, il che metterebbe a grave rischio anche la loro incolumità fisica. «Non è concepibile – afferma l’appello – che un paese che ha fatto una rivoluzione per liberarsi da una dittatura, perseguiti qualcuno non per quello che fa ma per quello che è: arrestare un gay, condannarlo perché è gay, liberarlo e poi arrestarlo di nuovo perché continua a essere gay è più che paradossale».
«Nessuno nega che il percorso per la democrazia sia difficile e lento, anzi, lo stesso fatto che si venga a conoscenza di ciò che accade è un segnale che le cose stanno cambiando e che nella società tunisina si è aperto un dibattito molto positivo proprio affinché venga abolito l’articolo 230 del codice penale che punisce la “sodomia”», sono le speranze dei firmatari del documento. Purtroppo proprio le forze politiche vicine all’integralismo religioso tendono a perseguitare i gay proprio per ottenere consensi sulla massa meno secolarizzata, mettendo così in difficoltà i laici.
«Come cittadine e cittadini che hanno a cuore i diritti e la libertà di ogni essere umano non possiamo accettarlo né temporeggiare: vogliamo che si arrivi a una soluzione nel più breve tempo possibile. Dobbiamo agire per aiutare i giovani in carcere a difendersi, e perché il messaggio arrivi chiaro anche allo Stato tunisino: una tale concezione dei diritti umani esclude totalmente la Tunisia dai paesi democratici e, come sottolinea anche Human Rights Watch, il governo deve subito prendere provvedimenti affinché non si ripetano abusi sugli omosessuali da parte delle forze dell’ordine e perché venga immediatamente abolito un articolo così discriminatorio e lesivo della dignità delle persone». Come già detto, la richiesta è stata sottoscritta da decine di associazioni e personalità, tra le quali Agedo, Arcigay, Associazione radicale certi diritti, Ivan Cattaneo, Ivan Cotroneo, Luca Formenton, Paolo Hutter, Sergio Lo Giudice, Vladimir Luxuria, Gianfranco Manfredi, Dario Vergassola e Simona Vinci.
(g.b.)
(LucidaMente, anno XI, n. 124, aprile 2016)