Disagio giovanile (e non solo), disgregazione del tessuto sociale, violenza, delitti in famiglia, maleducazione diffusa, ignoranza e analfabetismo di massa… non servono altre leggi e provvedimenti, ma il ritorno a una scuola di livello e una sensibilità culturale di massa
È di pochi giorni fa la notizia che a inizio del nuovo anno scolastico (quale?) una docente di una scuola media di Treviso ha chiesto il permesso alle famiglie di far leggere brani de la Divina commedia in classe. Ricevuti due dinieghi da genitori immigrati islamici, ha deciso di far sostituire ai due alunni Dante con Giovanni Boccaccio. La condanna della singolare scelta è stata bipartisan, con conseguente ispezione ministeriale.
Se la letteratura diventa un problema di contenuti
L’insegnante in questione sembra mostrarsi completamente prono/a all’idiozia del politically correct, sfiorando persino la dhimmitudine. Ma non è questo l’aspetto più grave. È veramente inaccettabile – ma comune nei docenti – non aver capito dopo magari decenni di insegnamento che il valore di un’opera non consiste nei suoi contenuti (la Divina commedia è cristiana), ma nel suo valore estetico. Vale a dire la Bellezza, che la rende universale e potenzialmente eterna. Questo vale per ogni opera d’arte, che sia architettonica, pittorica, musicale, letteraria. E non c’è nient’altro da capire. E neppure da “studiare”. Bensì ascoltare, leggere, vedere.
Purtroppo è proprio la bellezza, il gusto estetico, che stiamo perdendo, sottoposti come siamo a una deriva ideologica, che privilegia solo i contenuti, per di più di parte. Così un’orrenda poesia “antirazzista” o “femminista” o “ambientalista” diventa un capolavoro da leggere; Dante, invece, è “inappropriato”.
Certo, la bellezza non salverà il mondo, ma è l’unica potenza che (forse) lo può salvare. Non è un caso che le attuali élite siano del tutto prive di cultura umanistica e che stiano distruggendo le culture del pianeta, oltre che scatenare guerre tra le nazioni e conflitti interni nelle società.
Cosa insegnano davvero i classici
Una valida scuola pubblica e non l’attuale, quasi totale, parodia, l’amore per lo studio, la cultura, l’arte, la lettura di libri sono indirettamente e trasversalmente un antidoto alla violenza (anche sulle donne), all’intolleranza, al vuoto che conduce alle droghe e al degrado.
Facendo un rapidissimo excursus e limitandoci solo ai grandi classici della Letteratura italiana, cosa impariamo da loro? Da Dante lo sforzo di elevarsi all’Assoluto e a una dimensione superiore, l’innalzamento dell’anima, la condanna del Male e della malvagità umana, il rispetto e la sublimazione della donna. A tal proposito Beatrice, Laura, Angelica, Clorinda, Silvia, Lucia, le donne di Montale, la Lina di Saba, insegnano a ogni maschio la valorizzazione e il rispetto della donna nelle sue varie tipologie.
Ariosto e Tasso ci trasmettono l’identità ma anche il fascino, l’attrazione, il rispetto dell’altro e delle differenze culturali e religiose. Foscolo l’amore della Patria. Leopardi lo straziante, contraddittorio, splendore di vita e Natura. Manzoni la pacatezza e il buonsenso. D’Annunzio l’eroismo. E via di questo passo.
Il disastro scolastico, educativo e culturale dei nostri giorni
Ma nella scuola odierna si perde tempo, oltre che in burocrazia, in una serie di attività, che, oltre che a inseguire ogni moda e modello consumistico, sono orientate a plasmare gli allievi secondo un modello ideologico precostituito non solo inefficace, ma inutile e dannoso.
Secondo questa logica autoritaria e totalitaria, gli studenti devono essere “educati” a tutto: all’ambiente, alla sessualità, alla tolleranza, al genderismo, alla salute, all’affettività, al multiculturalismo, e cento altri slogan ancora.
Sono attività, spesso delegate a figure esterne alle scuole, che fanno solo perdere tempo e che il mio vecchio docente di Letteratura di Liceo, poi divenuto egli stesso preside, definiva «stupidaggini». Sicché non si insegna, anzi non si fanno leggere e non si fanno amare i classici, non si fanno sbalordire gli studenti di fronte alla grande musica e all’arte.
Inoltre, c’è la mania dell’informatica e della telematica. Eppure – è provato – più computer significa meno lettura, quindi più analfabetismo… Il rimedio di lorsignori? Ancora più computer, quindi, secondo le teorie della controproduttività specifica e dell’esternalità negativa di Ivan Illich, il problema si aggrava con la reiterazione di quello che ne dovrebbe essere la soluzione. Una spirale dalla quale, al momento, non si vede via d’uscita…
Le immagini: a uso gratuito da Pexels (autori Genaro Servín e Philipp Brügger) e Pixabay.
Rino Tripodi
(LucidaMente 3000, anno XIX, n. 222, giugno 2024)